| Prologo |

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-Enma ti prego, aiutami-

Rivolgo il mio sguardo verso un paio di occhi vitrei che sento percorrere ogni centimetro del mio corpo. La mia pelle brucia al contatto con quello sguardo cosi profondo e, allo stesso tempo, cosi pacato.

Il ragazzo dai capelli biondi come il grano si stringe nelle spalle, portando entrambe le mani all'interno delle tasche dei suoi jeans rigorosamente neri, cosi come la sua t shirt, come il suo piercing.

Cosi come la sua anima dannata.

Chiudo gli occhi e prendo un profondo respiro, prima di avvicinarmi con cautela accanto al lettino di quella donna i cui tratti tipicamente orientali sono l'unico particolare che la mia mente, leggermente offuscata, riesce a mettere a fuoco.

-Enma ti prego, portami via con te- la voce disperata della donna accanto a me torna a farsi largo nella mia mente, mentre la sua mano destra percorre velocemente il letto venendo a contatto con la mia, fredda come il ghiaccio.

-Non è ancora arrivato il tuo momento, Joy Hood- dichiaro, ritraendo in un attimo la mano, ora appoggiata sul mio ginocchio tremolante.

-Ti prego, Enma, ti prego-

Ancora il mio sguardo si muove prima sul volto serio del ragazzo alle mie spalle per poi passare a quello triste e sofferente della donna sul lettino. In questo momento vorrei solo alzarmi dal piccolo sgabello su cui sono seduta e correre via, scappare da quella che da qualche giorno è diventata la mia più grande e terribile responsabilità, ma la mano forte del ragazzo dagli occhi di ghiaccio mi tiene saldamente ancorata al letto di quella signora che, per la terza volta, mi invoca con un nome che non è il mio, che non mi appartiene, pregandomi di portarla via, allontanarla per sempre da tutta quella sofferenza.

Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo, poi un altro e un altro ancora.

Quando li riapro, la donna accanto a me sorride serena.

-Grazie Enma- sono le ultime parole che fuoriescono fiebili dalle sue labbra, prima che i suoi occhi si chiudano, per sempre.

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-Non capisco proprio perchè ti faccia ancora cosi tanti scrupoli quando si tratta di accontentare l'ultimo desiderio di una persona- le parole uscite dalla labbra di quel ragazzo mi danno la nausea, cosi come l'odore di fumo con il quale si mescolano, che impregna l'aria intorno ai nostri corpi.

-Forse perchè la persona di cui stiamo parlando era una madre che aveva una famiglia e dei figli a cui dare la sua vita, Thanatos?- sbotto io, furiosa, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

-Non chiamarmi cosi, sai che odio questo appellativo- ribatte lui severo, prima di sollevare verso di sè il mio viso senza permesso e facendo si che i nostri sguardi si incrocino per l'ennesima volta in questa giornata uggiosa.

-Anche io gradirei essere chiamata con il mio nome di battesimo, ma nessuno qui sembra accontentarmi, Thanatos- ho il coraggio di asserire, sottolineando con nuova forza quel nome, mentre i miei occhi scrutano attentamente e quasi con aria di sfida la mia stessa figura, ora riflessa in quegli occhi di ghiaccio.

-Abigal, devo forse ricordarti cosa sei diventata da almeno tre giorni o te ne sei già dimenticata?-

Già, cosa sono diventata? In che mostro ho lasciato che mi trasformasse?

-Non ho bisogno che tu me lo ripeta ogni volta che accompagno qualcuno dall'altra parte- sbotto, più furiosa che mai, cercando di liberarmi da quella presa salda sotto il mio mento, invano.

-Allora sarà meglio che tu prenda questo lavoro un pò più seriamente, piccola, a meno che tu non voglia finire nei guai- mi comunica il biondo, spostandomi con fare quasi fraterno una ciocca di capelli corvini per poi di aspirare dell'altro fumo grigio a pochi centimetri dal viso, provocando in me una nuova e ancora più violenta sensazione di nausea, prima che le sue labbra si traformino in un ghigno soddisfatto, facendomi rabbrividire.

Mancano trecentosessandue giorni alla fine di questa tortura.

Little writer's corner:

Sinceramente, non so nemmeno da dove mi sia venuta l'idea di scrivere questa 'cosa' che ancora non ha una forma, non ha un perchè, non ha un filo logico.

Però sono qui, ho pubblicato il primo capitolo (o meglio il prologo) e ora mi affido a voi, care lettrici.

Spero mi facciate sapere cosa ne pensate, se vi piace e vi intriga come inizio e se pensate che ne valga la pena continuare.

Ps: le spiegazioni dei vari 'nomi' le avrete alla fine del prossimo capitolo, non temete, il segreto verrà presto svelato :)

Spoiler (dal prossimo capitolo):

"Il colore Nero è la negazione del colore per antonomasia e rappresenta il confine che segna la conclusione della fase vitale."

Il Nero che ricopre quella figura misteriosa da capo a piedi, si scontra inevitabilmente con il bianco che illumina tutto lo spazio circostante. La figura che Abigal ora si ritrova ad osservare totalmente atterrita è sottile e longilinea, alta ed imponente.

E fa paura, molta paura.

Death's game » l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora