| Pride and Prejudice |

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-Pensavo che non saresti più venuta-

-Ma sono qui-

-A cosa dovrei attribuire il tuo ritardo, Abigal?-

Già, il mio ritardo.

Quel ritardo di ben undici minuti e cinquantaquattro secondi.

Perchè ero arrivata in ritardo?

Ah si, forse volevo farmi attendere come succede in quelle commedie romantiche e cosi maledettamente sdolcinate in cui la ragazza protagonista arriva al ballo immancabilmente più tardi rispetto ai 'normali' invitati che, nel momento in cui lei fa capolino all'ingresso del salone, non hanno occhi che per il suo viso, il suo vestito e la sua acconciatura.

Forse avevo deciso di fare tardi perchè mi ero persa per un tempo che ora come ora non riesco a commisurare ad osservare la mia figura riflessa allo specchio.

Probabilmente stavo solo cercando disperatamente qualcosa che non andasse bene, un dettaglio del mio trucco che fosse fuori posto ma, non avendone trovato alcuno, proprio una volta messo piede fuori casa, mi ero sbadatamente accorta di essere ben già tre minuti e dodici secondi in ritardo sull'orario dell'appuntamento e, viste le mie spiccate doti da maratoneta, correndo per le strade deserte alla disperata ricerca di un taxi non avevo fatto altro che accumulare secondi che poi si erano irrimediabilmente trasformati in quegli undici minuti.

La realtà però, era molto più cruda e meno divertente di quelle che avevo appena descritto.

La realtà fa male, è triste e maledettamente tangibile, cosi dannatamente palpabile.

La realtà è che io non avrei mai dovuto uscire dal mio guscio, non avrei mai dovuto accettare l'invito di Ashton, non dovrei essere davanti a lui ora, ascoltando con totale disinteresse i suoi benevoli rimproveri.

E il motivo è cosi lampante da lasciarmi senza fiato ogni volta che la mia mente comincia solo ad accarezzarne i ricordi.

L'ultima volta che l'idea di partecipare ad una serata di festa aveva sfiorato la mia mente ero morta.

Letteralmente.

-Abigal mi stai ascoltando?-

I miei occhi, prima persi ad ammirare distrattamente una riproduzione di un quadro impressionista, una delle meravigliose tele delle ninfee di Claude Monet, rivolgono pian piano la loro attenzione verso quegli occhi color ambra del ragazzo di fronte a me.

E solo adesso mi accorgo che Ashton mi sta tenendo per un braccio, la sua mano stringe forte il mio polso, l'espressione del suo volto cosi preoccupata mi fa quasi sentire in colpa.

-Cosa ti importa? Non ti basta che io sia qui ora e che non abbia intenzione di andarmene tanto presto?- esclamo, portando un bicchiere di vetro che contiene del delizioso champagne alle labbra.

Il contatto del vetro con i denti mi fa tremare leggermente, ma non riuscirebbe mai a destabilizzarmi come sta invece riuscendoci Ashton.

Lui è, senza alcun dubbio, il ragazzo più bello che io abbia mai avuto il piacere di conoscere in tutta la mia vita.

Gli occhi grandi e penetranti, l'espressione del suo viso, i suoi capelli, questa sera nuovamente tenuti 'a bada' da una delle sue bandane preferite, quella color blu notte con alcune greche bianche.

Bandana che si intona perfettamente con il colore del maglione, anch'esso blu, e con quei jeans con un largo strappo all'altezza delle ginocchia.

Respiro, e improvvisamente sento il suo profumo aleggiare nell'aria.

Death's game » l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora