| Game over? |

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Consiglio: se vi va, leggete il capitolo mettendo a ripetizione continua "River flows in you" di Yiruma.
Non so perchè, mi piace.
•••••

Sono stesa supina sul letto, le mie mani giunte sul ventre.
Immobile.
Agli occhi di chiunque mi vedesse in questo istante potrei sembrare una morta.

E forse lo sono davvero.

Respiro.

Non è ancora arrivato il momento.

Avvolta nel silenzio più totale ascolto indisturbata il ticchettio delle lancette della sveglia, posta forse troppo vicino a me, sul comodino accanto al letto.

Osservo con gli occhi sbarrati il soffitto, di tanto in tanto illuminato dal tremolio di una luce fioca proveniente dalla scrivania, sulla quale mi trovavo scomodamente seduta fino a mezz'ora fa.

Mi sono completamente dimenticata della luce proveniente dalla pliche che scopro ancora accesa, ma sto decisamente troppo bene in questa posizione per trovare la forza di volontà per alzarmi e andare a spegnerla.

I miei occhi tornano a scrutare senza particolare interesse il soffitto della mia stanza: troppo bianco rispetto al mio abbigliamento, troppo luminoso rispetto al mio viso, immacolato se confrontato alla mia anima.

Ascolto ogni più piccolo cambio di direzione del vento leggero che proviene al di fuori dalla finestra, spalancata alle mie spalle.

Sono le ventidue e cinquanta.

Sospiro. Ancora dieci minuti.

Non ho bisogno di farmi trovare pronta fuori dalla porta di casa, voglio farmi trovare qui, sdraiata a fissare il soffitto senza un particolare motivo. Voglio lasciare la mia ultima impronta, il mio ultimo respiro proprio in questa stanza, all'interno di queste mura bianche che sento farsi sempre più strette e soffocanti attorno a me ogni minuto che passa.

Improvvisamente un altro suono rimbomba prepotente all'interno dei miei timpani. E come un direttore ascolterebbe la sua orchestra di violini e flauti, io ascolto il battito del mio cuore pulsante aumentare sempre più le sue frequenze, ad ogni ticchettio, ad ogni alito di vento.

Lo scoccare delle undici, indicatomi da un fastidioso e prolungato 'bip' della sveglia, viene immediatamente seguito dal rumore leggero dei passi di Luke avvicinarsi pian piano dall'esterno della finestra fino all'interno della camera.

Il mio corpo rimane pressoché fermo nonostante io non riesca a nascondere il leggero tremolio delle mani; decido di voltare la mia testa solo quel che basta per potermi riflettere nello sguardo e nei lineamenti del viso del mio angelo.

-Hai deciso di trascorrere così il pomeriggio?-

-Lo chiedi come se non mi avessi spiato per tutto il tempo- rispondo senza troppa enfasi alla sua domanda, chiaramente provocatoria.

Ora come ora voglio solo andarmene. L'attesa comincia a farsi snervante, l'aria è carica di tensione che riesco ad avvertire anche senza muovere un muscolo.

Tensione che però non sembra essere altrettanto percepita da Luke, vista la calma con cui prende posto sull'orlo del letto, anche se potrebbe osare molto di più.

-Abigal- il mio nome è l'ottava parola che sento pronunciare dalle sue labbra.

Provo una piacevole sensazione nel sentirmi chiamare, quando è lui a pronunciare le lettere che formano il mio nome.

-Mmh?-

-Hai paura?- domanda, forse riuscendo a leggere la mia anima in modo più profondo di quanto io stessa riesca a fare.

Death's game » l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora