Non avevo trovato il coraggio per presentarmi a casa di Ashton quel pomeriggio.
A dire la verità, non lo avevo fatto nemmeno per i successivi sette giorni. Avevo lasciato inesorabilmente e forse un pò anche volontariamente che trascorresse un'intera settimana da quella specie di 'scontro' alla mensa.
Sette giorni in cui non solo avevo completamente perso ogni traccia di Ashton che non si era più fatto vivo, ma io stessa avevo cercato in tutti i modi possibili di non frequentare i posti che lui era solito frequentare e trattenermi in università non oltre l'orario di lezione.
Sentivo una forte morsa al petto tutte le volte che mettevo piede nell'aula di chimica: quell'enorme stanza che per me era diventata un luogo di sorrisi e dove il tempo sembrava trascorrere più velocemente, ora si era trasformata in una fredda gabbia di metallo vuota ed incolore, una gabbia dalla quale non potevo fuggire se non dopo tre assordanti trilli di campanella. Ashton era sparito e io mi sentivo dannatamente in colpa: non riuscivo a smettere di pensare di essere l'unica e sola causa della sua prolungata assenza dall'ambiente universitario.
L'unico che sembrava gioire di tutta questa situazione era ovviamente Luke che, più felice e sollevato che mai, ora si tratteneva in università anche più del tempo dovuto, quasi divertendosi a prendere appunti e seguire le lezioni con assoluta diligenza. Io, al contrario, non riuscivo più a concentrarmi su niente che non fosse ricollegabile ad Ashton ed ai suoi occhi, che non potesse essere associato a quei ricci spettinati e alle sue inconfondibili bandane colorate.
Ma, se ora mi trovo qui davanti al piccolo cancello in metallo di casa Irwin, un motivo ci deve pur essere.
Mi sento troppo in colpa e quindi sono venuta a chiedere scusa? Oppure ho ritrovato il coraggio di presentarmi qui solo per ricevere ulteriori spiegazioni? E se le mie gambe mi avessero portato sotto casa sua solo per poter ritrovare un contatto con i suoi occhi?
Scuoto velocemente la testa cercando di allontanare qualsiasi tipo di paranoia, portandomi la mano destra tra i capelli liscissimi e il dito indice di quella sinistra a sfiorare un piccolo pulsante nero a lato del muretto, proprio in corrispondenza del citofono. Sto già per pentirmi di questo gesto e ritirare così la mia mano quando un 'Parker, che diavolo ci fai qui?' mi fa sobbalzare all'improvviso, facendomi schiacciare involontariamente quel piccolo pulsante nero. Mi volto immediatamente riconoscendo quel tono caldo ed inconfondibile di quella voce, la sua voce, proveniente alle mie spalle.
-Ashton io..- cerco di blaterare qualcosa che assomigli ad una frase di senso compiuto, invano. Non mi aspettavo di incontrarlo proprio sul cancello di casa, pensavo di avere a disposizione il tempo di percorrenza del vialetto per riuscire a prepararmi un piccolo discorso da fare una volta dopo aver incatenato i miei occhi ai suoi.
E invece, come al solito, i miei piani erano miseramente scemati, falliti ancora una volta davanti a quelle iridi ambrate che mi erano mancate così tanto.
Lui non mi rivolge nemmeno una parola, si limita a proseguire la sua camminata fino ad arrivare di fronte a me e sporgersi lentamente verso il mio viso interrompendo il nostro contatto visivo solo per incastrare la chiave nella serratura ed aprire di scatto il cancelletto. Sorride beffardo forse notando l'espressione imbarazzata sul mio volto prima di farsi largo ed entrare nel cortile di casa.
-Bè, che fai? Vuoi rimanere lì fuori a congelare?- asserisce, in tono scherzoso, osservandomi scuotere il capo prima di superare a mia volta il cancello, seguendolo in totale silenzio fin dentro casa.
Il calore che le pareti emanano anche a luci spente mi fa sentire decisamente sollevata nonostante l'inconveniente di poco prima. Non appena Ashton accende con una certa noncuranza la grande lampada al centro del salotto i miei occhi si spalancano: un camino enorme occupa quasi la metà della stanza, trasmettendo calore che si propaga lento in ogni parte della casa, fino a raggiungere l'interno delle mie ossa. Chiudo gli occhi e assaporo il tipico odore di legna bruciata diffondersi in ogni angolo: ti fa sentire avvolta ed al caldo, ti fa sentire a casa, protetta ed al sicuro.
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Death's game » l.h
Fanfiction- Odiami Abigal, impara ad odiare perchè solo odiando riuscirai a salvare te stessa, - sussurra, compiaciuto delle sue stesse parole, riuscendo così a scorgere il terrore nei miei occhi. Una scommessa, l'inizio di un nuovo gioco. Di un incubo. Un'un...