Capitolo 18 -La biblioteca-

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"Okay, devo sedermi." Le sorprese non finivano mai. Quante cose mi erano state nascoste, quante ne avrei dovute scoprire ancora? Lo sguardo di tutti era su di me, mentre io non accennavo a proferire parola, seduto sul divanetto con la testa tra le mani.
Fratello. Maledizione, questa sì che era una cosa del tutto inaspettata, e dato che quel piccoletto era nato quando io non avevo memoria dei miei genitori, era davvero uno sconosciuto per me. Aveva quattro anni ed era la prima volta che lo vedevo. Probabilmente non sarei mai riuscito a farmi considerare come suo fratello maggiore. Quattro anni sono abbastanza per capire se qualcuno ti è stato accanto o meno. Potevo entrare nella sua vita così, pretendendo che mi volesse bene? Oddio, avevo sempre sognato di avere tutto questo... ma...
"Light!" Il bambino si avvicinò a me, prendendomi la mano. Rideva guardandomi, e indicando con l'altra manina la mia fronte. "Light..." Disse di nuovo. Era evidente che stesse chiamando me, o forse si stava solo divertendo a dire quella parola davanti a me? Cercai una spiegazione negli occhi di mia madre, lucidi per via di quella scenetta. "Ti chiama così da quando ha iniziato a parlare. Ha associato la tua cicatrice alla luce del temporale..." Disse lei. Mio padre la abbracciò, confortandola. "Abbiamo sempre raccontato di quanto ci mancasse il fratellino che non era a casa, non è vero, Hektor?" Continuò. Il bimbo annuì spensierato. "Sei qui per giocare con me?" Chiese saltellandomi intorno. Io non potei fare a meno di sorridere. "Certo, piccolo." Mormorai, lui mi salì in braccio e mi guardò incuriosito. Era davvero dolcissimo. E mentre lui se ne stava ad analizzarmi come fossi una cavia di qualche genere, io mi concentrai sugli altri presenti. "Vi prego, ditemi che non c'è nient'altro che io debba sapere." Cantilenai. Adhane rise, ma mio padre lo fulminò con lo sguardo.
"Harry, tesoro, non possiamo di certo far finta che questi cinque anni non siano passati... Sono successe un sacco di cose e man mano vedrai che tornerai al passo con gli eventi. D'altronde anche noi ci siamo persi molte cose della tua vita... vedrai che riusciremo a raccontarci tutto." Mi confortò mia madre. Annuii. "Dov'è Remus?" Chiesi poi. Hektor nel frattempo aveva preso i miei occhiali e ci stava giocando.
"È ancora a dormire, ma non ti preoccupare, gli dirò che sei passato." Mi sorrise Sirius. Aveva uno sguardo davvero singolare, quasi orgoglioso. Credevo fosse a causa mia, insomma, doveva essere davvero un giorno speciale, dato che io ero lì. Non che io mi sentissi così degno di nota, ma conoscevo l'amore che quelle persone nutrivano per me, erano pur sempre la mia famiglia.
"Mamma, Light può vedere la mia cameretta?" Hektor mi rimise gli occhiali tra le mani ed io li inforcai, guardandolo. Era così solare. Mi chiesi se anche io da bambino fossi stato come lui.
"Va bene, ma soltanto se anche Nene viene con voi." Rispose la mamma. Il bambino alternò lo sguardo vispo tra me e Adhane, poi annuì solenne prendendomi per mano. "Harry! Solo cinque minuti! Non ti farò una ramanzina perché sei qui, ma se non torni ad Hogwarts in tempo saranno davvero guai per te!" Urlò mio padre, mente noi salivamo le scale verso la camera di Hektor. Doveva essere la stessa in cui anche io avevo vissuto, perché a parte i disegni attaccati alle pareti, tutti opera del mio fratellino, la stanza era come la ricordavo. Il letto a destra della finestra, l'armadio accanto alla porta e il tavolino al centro della stanza. Una marea di giocattoli erano disseminati sul pavimento, come mine pronte ad esplodere. "Hai un sacco di giochi, eh?" Chiesi guardandomi intorno. Hektor sorrise. "Se vuoi te ne regalo uno!" Propose. Io scossi la testa.
"No, piccolo. È meglio se ci giochi tu..." Mormorai, lui fece una faccia triste, così lo presi in braccio.
"Vuoi sapere un segreto?" Gli bisbigliai, lui si accertò che Adhane non stesse sentendo ed annuì. In realtà Adhane era fermo sulla porta, attento ad ogni mia mossa, quasi come fosse stato catturato da me e non riuscisse a togliere lo sguardo, quindi dubitavo che non avrebbe sentito ciò che avrei detto.
"Quando ero piccolo giocavo anche io con questi giochi." Ammisi. Il piccolo parve sorpreso. "Quindi sono i tuoi?" Chiese con gli occhi grandi e pieni di curiosità. Come lo invidiavo, sarebbe piaciuto anche a me tornare a quel periodo in cui ogni cosa era entusiasmante, anche la più stupida.
"Non tutti, ma posso assicurarti che quel soldatino sotto il tuo letto era mio, lo chiamavo Jack." Dissi serio.
Adhane scoppiò a ridere.
"Tuo fratello pianse un'intera giornata credendo di averlo perso, ma in realtà lo aveva nascosto sotto il cuscino per non farmici giocare, e poi si era dimenticato di averlo messo lì..." Raccontò avvicinandosi al soldatino e prendendolo. Borbottai qualcosa, offeso. "Grazie Nene. Adesso posso dire addio al piano diventare l'eroe del mio fratellino. Con questa storiella mi crederà una mammoletta!"
Adhane, però, non sembrò affatto turbato dalla mia affermazione, al contrario, i suoi occhi luccicarono come se avesse appena assistito a qualcosa di magnifico. "Mi hai chiamato Nene." Mormorò felice. Arrossii, colto sul fatto. "Beh che c'è di strano, era così che ti chiamavo, no? E poi qui sembra che sia il tuo soprannome ufficiale, quindi..." Provai a giustificarmi. Lui sorrise spontaneo, facendomi scaldare il cuore. Hektor rubò il soldatino dalle mani di Adhane e me lo sventolò fiero davanti alla faccia, facendomi ridacchiare. "Tienilo tu." Disse dandolo a me. Forse mi sarei messo a piangere.
Presi il piccolo giocattolo, e mentre lo afferravo guardai di sfuggita l'orologio. Erano le 12:40. "Cazzo." Bofonchiai. Hektor mi guardò confuso, probabilmente perché non aveva la più pallida idea di che cosa volesse dire la parola che avevo appena pronunciato.
Con ancora lui in braccio, scesi velocemente le scale e tornai in cucina.
Sirius, mia madre e mio padre si voltarono verso di noi. "Io devo andare." Dissi. Loro annuirono. "Mamma che significa cazzo?" Chiese il piccolo mentre io lo mettevo a terra.
"Hektor! È una brutta parola. Non si dice!" Lo sgridò la donna. "Ma Harrie lo dice." Si lamentò il bambino.
"Harry! Due minuti con tuo fratello e gli insegni una parolaccia!" Urlò mio padre. Sirius scosse la testa ridendo.
"Scusa, mi è scappata." Mi grattai la nuca imbarazzato. "Forza, vai! E per favore, evita di andartene in giro fuori da Hogwarts se non ti è richiesto. Non è per niente sicuro." Disse mia madre, venendomi a salutare.
"Light se ne va?" Chiese Hektor, facendo il muso. Andai verso di lui e mi abbassai per poter essere alla sua altezza.
"Ehi, mostriciattolo. Torno presto, e poi ho Jack con me. Così è come se ti portassi con me." Dissi sincero. Lui, però, si mise a piangere. "Sei appena arrivato!" Mormorò tra i singhiozzi. La mamma lo prese in braccio, tentando di calmarlo. Sicuramente in quel momento non sarei voluto andare via, ma dovevo. "Facciamo un patto. Io ti chiamo una volta a settimana e tu smetti di piangere. Ci stai?" Proposi. Hektor mi guardò, di nuovo allegro. Asciugò le lacrime e annuì con vigore. "Bravo il mio ometto." Si congratulò la mamma. Io sorrisi. "Ci vediamo presto!" Gridai avviandomi verso l'uscita. Sentii Adhane salutare tutti e seguirmi, prendendomi per mano una volta che fummo fuori.
"Non starai abusando un po' troppo della mia mano?" Chiesi prendendolo in giro, lui fece per toglierla dalla mia, ma io la tenni con più forza. "Non era una lamentela." Bofonchiai. Lui rise.

Double Trouble || DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora