Capitolo 17 -Smeraldi-

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Non era la prima volta che mi addormentavo piangendo, ma era la prima volta che al mio risveglio non c'era Draco a farmi compagnia. Per quante fossero state le occasioni in cui io e lui avessimo discusso o litigato nel corsi di quegli anni, non c'era mai stata una volta in cui la situazione non si risolveva nell'arco di due ore. Questo anche alla luce dei miei ultimi ricordi. Anche quando eravamo piccoli, al Manor, io e lui non avevamo mai passato un giorno l'uno senza l'altro. Quella mattina mi svegliai e Draco già non c'era. Avevo la netta sensazione che non sarebbe spuntato dal bagno, come l'ultima volta che avevo temuto fossi solo. Questa volta lui non ci sarebbe stato davvero.
E per quanto io avessi voluto posticipare l'inevitabile, sapevo che il Malfoy avrebbe confermato le parole della notte precedente. Tra me e lui le cose non potevano funzionare.
Mi vestii con calma e scesi a fare colazione. Era domenica e molti degli studenti stavano ancora dormendo. Al tavolo dei Serpeverde c'erano soltanto una decina di ragazzi, ma nessuno di questi era Draco. Probabilmente quel cretino era andato al campo di Quidditch a smaltire la sua sbornia, fregandosene del freddo che faceva. Tipico di lui. Addentai la mia fetta di pane e marmellata e sorseggiai il mio caffè. Forse avrei potuto usufruire del tempo libero per tornare a casa. Quella vera.
Non mi fidavo di scrivere delle lettere ai miei genitori, i gufi erano facili da intercettare, ed io volevo avere notizie sulle ultime idee del gruppo. Avevo promesso di essere un alleato, in fin dei conti.
Finii di fare colazione e mi avviai verso la stanza delle necessità. Avrei usato l'armadio che c'era lì per andare al quartier generale, anche se non sapevo chi ci avrei trovato. Forse avrei ricevuto anche un richiamo per essermi presentato lì senza preavviso, eppure non mi importava minimamente.
Mi guardai intorno prima di attraversare ogni corridoio, attento a non farmi seguire o destare sospetti.
La stanza era come la ricordavo, piena di roba inutile e priva di vita, e l'armadio era al centro di tutto.
Lo accarezzai come se mi fosse amico, prima di entrarci dentro  con sicurezza. La sensazione di vuoto mi colpì lo stomaco, e prima che me ne accorgessi, ero a Grimmauld Place. Tutto era buio e silenzioso. Disabitato. Accennai qualche passo in avanti e mi bloccai. Mi sentivo un ladro ad entrare lì senza che nessuno lo sapesse, ma allo stesso tempo fremevo dalla curiosità di sapere che cosa nascondeva quel luogo.
Quella casa apparteneva a Sirius, e per un periodo era appartenuta anche ai miei genitori. Magari avevano lasciato qualcosa... Il cuore mi si strinse nel petto. Avevo una voglia matta di abbracciare Sirius, rassicurarlo che il nostro rapporto non era cambiato, al contrario di quello che aveva potuto suggerire il nostro ultimo incontro. Quando avevo visto tutti loro, riuniti insieme... il non riconoscerli mi aveva fatto sentire fuori luogo, e avevo pensato che nulla avrebbe potuto riportare le cose alla normalità. Adesso, invece, sapevo che non era cambiato nulla. Era come se io avessi passato gli ultimi anni lontano da casa, mantenendo i legami con ognuno di loro. Ero di nuovo il loro Harry, e volevo dimostrarlo in ogni modo possibile.

''Fermo dove sei!'' Sobbalzai spaventato finendo per sbattere con violenza il piede contro la gamba del tavolo di legno, cadendo rovinosamente a terra. ''Sono Harry!'' Sbottai, preso dal dolore. Chiunque fosse, mi doveva un piede sano. Gemetti mantenendomi la parte lesa, senza ottenere grandi risultati. ''Che cazzo ci fai qui, Harry?'' Alzai la testa. Capelli scuri, occhi nocciola pieni di preoccupazione e sorpresa, labbra sottili...
''Adhane...'' Mormorai. Lo avevo davanti agli occhi, ma era come vedere un miraggio in lontananza.
''Potrei farti la stessa identica domanda. Ora che ci penso, anche l'altro giorno eri qui... Come mai non sei a scuola?'' Chiesi bruscamente. Il ragazzo parve riprendersi dal suo shock iniziale e mi prese in  braccio. Cercai di rallentare i battiti nel mio cuore, mentre sentivo le guance andare a fuoco per la troppa vicinanza. ''Ce la faccio, non ho mica bisogno di tutto questo.'' Sbottai, più per imbarazzo che per altro. Adhane fece finta di non sentirmi, portandomi in cucina e mettendomi a sedere sul piano accanto al frigorifero. ''Ti prendo del ghiaccio.'' Spiegò allontanandosi da me. Sì, il ghiaccio poteva essere utile anche a calmare i miei bollenti spiriti. In effetti, non avevo considerato l'ipotesi che Lui si potesse trovare al quartier generale. Anche quando lo avevo chiamato, lo avevo fatto con la convinzione che fosse a Durmstrang. Non che la sua posizione geografica cambiasse quello che gli avevo detto, ma di certo non mi sarei aspettato di incontrarlo il giorno dopo le mie vaghe e confuse dichiarazioni. Adhane tornò con uno sacchetto di stoffa riempito di ghiaccio e io fui costretto a spegnere il mio cervello prima che andasse in tilt, cercando di incamerare soltanto informazioni utili ed essenziali.
Adhane era senza maglietta.
Quello che aveva in mano non era un sacchetto.
Aveva preso il ghiaccio con la sua maglietta.
La sua fottutissima maglietta.
Tolta.
Per del ghiaccio.
Ma dove ero finito? In un video musicale di una popstar adolescente in preda agli ormoni? "Tieni, mettilo sulla caviglia." Disse semplicemente. Rabbrividii. Chissà perché lui sembrava totalmente a suo agio mezzo nudo davanti a me. Che lo stesse facendo per provocarmi? No, Adhane non era così subdolo.
"Grazie." Borbottai facendo quello che mi aveva detto. Lui incrociò le braccia al petto e si appoggiò sul bancone al mio fianco, in silenzio. Aveva una faccia così seria, non lo avevo mai visto così spento, con quella faccia triste...
Il ricordo di lui che mi salutava in lacrime prima che ci togliessero i ricordi riaffiorò alla mente come un flash, durò un attimo, ma bastò a farmi scivolare la maglietta con il ghiaccio dalle mani.
Un rumore sordo echeggiò nella stanza mentre mille pezzi si spargevano sul pavimento. Saltai giù dal bancone, mortificato. Cinque minuti che ero lì e non avevo creato altro che danni, ero davvero un caso disperato.
"Lascia, faccio io." Adhane continuava a mantenere la calma, come se non avesse saputo cosa volesse dire perderla. Il suo comportamento era l'esatto opposto del mio.
"Lo sapevo." Mormorai. Lui si bloccò dal pulire il pavimento, ma non mi guardò. "Non avrei dovuto dirti quelle cose al telefono. Sono stato un egoista. Volevo togliermi un peso, ma non ho pensato che avrei potuto causare un danno a te."
Continuai. Lui scosse la testa.
"Tu e Dray avete litigato per colpa mia, vero?" Chiese. Avrei voluto guardarlo negli occhi, ma lui continuava a tenere la testa bassa. Forse era meglio così, era più facile parlare se non mi guardava. I suoi occhi marroni erano così espressivi, da farmi perdere il filo del discorso. "Le cose non vanno sempre come vorremmo." Mi limitai a dire. Finalmente Adhane alzò il viso. Stava piangendo. Come quando ci eravamo separati la prima volta.
Mi si stinse il cuore.
"Mi dispiace." Mi scusai. Non sapevo che altro dire, ma sapevo cosa fare.
Mi abbassai e buttai le braccia al collo del ragazzo, abbracciandolo con forza, mentre singhiozzava sulla mia spalla.
"Non serve scusarsi. Tu non hai fatto niente, Harry. Sono io che non riesco a vivere senza di te." Ammise stringendomi più forte, pensando forse che quella rivelazione mi avrebbe fatto allontanare da lui, io invece, rimasi dov'ero. Mi ero sfogato con lui, adesso era il momento di ricambiare. E anche se dopo ce ne saremmo sicuramente pentiti, quello era il momento di mettere a nudo i nostri pensieri. "È per questo che non sei a scuola. Sei rimasto per me, non è così?" Il mio fu un sussurro, ma sapevo che il ragazzo era talmente vicino da poterlo cogliere.
Non ci fu bisogno di avere una conferma verbale da parte sua, lo conoscevo abbastanza da sapere che quella era la verità. Era una sensazione strana, conoscere così tanto una persona, che fino a qualche tempo prima avevo considerato una figura estranea.
"Se fossi partito ora non saremmo qui." Mormorò. Lo allontanai.
"Adhane, io..." Provai a dire, ma lui mi bloccò. "Non dire niente. Non mi sto approfittando del fatto che hai litigato con Draco. So che tornerai da lui. Penso solo che sia meglio essere sinceri l'uno con l'altro." Mi spiegò, e il suo capirmi mi rese ancor più confuso.
"Il fatto è che ero convinto di aver preso una decisione. E ora sto mettendo di nuovo tutto in discussione." Ammisi. Lui annuì. "Lo so, Harry. È normale. È come se questi ultimi cinque anni fossero stati una pausa dalla nostra vera vita. Sono stati come un sogno che ci ha allontanati dalla realtà. Ed è legittimo adesso essere confusi tra le due parti... è come se fossimo in un costante stato di dormiveglia, a metà tra i due mondi."
Per l'ennesima volta, quel ragazzo ci aveva preso in pieno. Possibile che avesse sempre la parola giusta per il momento giusto?
"Oh, Harry? A proposito, sei venuto qui per vedere i tuoi genitori?" Chiese, alzandosi in piedi e sorridendo rassicurante. Era il segnale che mi avvisava che il momento delle confessioni era finito. Mi alzai anche io e annuii. "In realtà mi andava di vedere anche Sirius..." Ammisi.
"Oh, beh, credo che ti prenderai una bella ramanzina per essere andato via da Hogwarts in questo modo, ma sono sicuro che anche loro saranno felici di rivederti. Vieni, prendiamo la metropolvere." Adhane si asciugò le lacrime rimaste sul viso, tirò sù con il naso e mi prese per mano, dirigendosi verso il camino.
"Adhane." Lo fermai.
"Non mi hai ancora detto perché sei qui al quartier generale." Feci indeciso, lui sorrise.
"Oh bhe, diciamo che é la mia punizione per aver abbandonato la scuola. Mio padre cerca di farmi rinsavire, facendomi fare la guardia a questo posto..." Spiegò spensierato. Mi venne da ridere. "Proprio come quella volta che rompesti una finestra del Manor mentre giocavamo in giardino. Ricordo che tuo padre ti chiuse in camera fino a che non chiedesti scusa. Ci vollero dei giorni prima che potessimo ritornare a giocare insieme." Ricordai con tenerezza, arrossendo per il ricordo immediatamente successivo. Adhane aveva chiesto scusa due giorni dopo, soltanto perché voleva vedere me...
"Certe cose non cambiano mai." Disse, chiaramente alludendo a ben altro.
Prendere la metropolvere con lui mi fece venire in mente il nostro pomeriggio a caccia di regali. Quando ancora non sapevo nulla. Sembrava passata un'eternità...
"Chissà dove saranno." Riflesse Adhane ad alta voce, quando fummo al Manor. Il sole illuminava i corridoi di pietra, rendendoli caldi e accoglienti, o era solo la sensazione di essere in un ambiente famigliare?
Seguii Adhane verso il salone principale, ma anche lì non trovammo nessuno. "Zia Cissy?" Chiamò il ragazzo. Nessuna risposta.
"Vieni, andiamo a casa dei tuoi..." Anche questa volta il ragazzo mi prese per mano, trascinandomi verso l'esterno della casa. Avrei potuto fare a meno della sua stretta, in fondo quello era un posto che conoscevo bene, eppure non opposi resistenza. Passammo accanto all'M&P e continuammo oltre. Non ero mai stato in quella parte della tenuta, ci era sempre stato vietato arrivare fin lì; ora ne capivo il motivo. Tra gli alberi vi erano diverse villette, ognuna diversa dall'altra. Tutte, però, condividevano un immenso giardino, costellato di vegetazione.
"Benvenuto nel quartiere dei Malandrini." Disse Adhane, camminando in direzione della più vicina delle abitazioni.
"Il cosa?" Chiesi confuso. Eravamo ancora nella proprietà dei Malfoy, no?
"Oh, è come lo hanno chiamato i nostri genitori quando zio Lucius lo fece costruire. È qui che abitano le nostre famiglie. Questa è casa Potter, quella in fondo è casa mia, e questa qui di fianco è la villetta di Sirius e Remus." Mi spiegò. Mio Dio, erano sempre stati tutti così vicino a me...
La porta della prima villetta si aprì.
"Allora il mio udito non mi ha ingannato!" Mio padre uscì sulla veranda con gli occhi pieni di gioia. "Papà!" Corsi da lui, abbracciandolo con affetto. "Ehilà Harry, bentornato."
Erano le stesse parole che mi aveva rivolto la prima volta, ma ora acquistavano un nuovo significato, ora sentivo davvero di essere tornato a casa. "Mi chiedo come mai ci sia sempre di mezzo tu, Nene..." Sbottò, poi mio padre, scompigliando i capelli al moro, che ci aveva appena raggiunti.
"Nene..." Bofonchiai. Era così che lo chiamavo quando eravamo piccoli.
"Forza, entrate. Ci sono un po' di cose di cui dobbiamo parlare." Ci esortò l'uomo. Annuii entrando in casa, con Adhane al mio fianco, ma subito mi fermai. "Senti, papà... non è che Sirius..." Cominciai, lui sorrise.
"Andiamo Harry, dovresti sapere che Sirius ha fissa dimora a casa Potter. Vai, è in cucina." Sentii un fremito lungo la schiena e cominciai a correre, ricordavo tutto di quella casa. I colori delle pareti, la disposizione delle stanza, persino dove la mamma nascondeva i biscotti. Era una sensazione così strana e piacevole. Adhane aveva ragione, era come essersi svegliati da un lungo sogno. Entrai in cucina come una furia, e lui era lì. Aveva una tazza tra le mani e lo sguardo assente. I capelli lunghi scendevano spettinati sulle spalle e mi chiesi come mai Remus non lo avesse sgridato per quella sua scelta trasandata. Poi mi accorsi che Sirius era ancora in pigiama. Scoppiai a ridere, attirando la sua attenzione. "Harry?" Chiese. Forse credeva fossi frutto della sua immaginazione? Gli avrei dimostrato il contrario.
Sorrisi. "Sei davvero un vecchietto trasandato." Dissi. Lui posò la tazza sul tavolo, incredulo. Non gli diedi il tempo di rispondere, mi fiondai su di lui, stringendomi forte alla sua maglia. Le sue braccia mi avvolsero protettive. "Mi sei mancato, Harry." Era felice. Lo sentivo dalla sua voce spezzata, dalla sua stretta rassicurante. Era bellissimo poter tornare a provare un affetto simile. Pian piano stavo ritornando a prendere le redini della realtà, lo sentivo. La nebbia del sogno si stava diradando.
"James, cos'è tutto questo baccano?" La voce di mia madre si fece sempre più vicina, mentre lei scendeva le scale e veniva nella nostra direzione. Mi divisi dall'abbraccio con Sirius e mi voltai verso la porta. La mamma entrò visibilmente arrabbiata, ma non appena mi vide, il suo sguardo si addolcì. "Harry, tesoro mio. Cosa ci fai qui?" Chiese venendomi a salutare con un bacio sulla guancia e un abbraccio veloce. Alzai le spalle. "Avevo bisogno di vedervi." Feci sincero. Lei annuì capendo al volo come potessi sentirmi.
"Lil... forse dovresti presentare a Harry qualcuno..." Si intromise Sirius. Adhane e mio padre entrarono in cucina, scambiandosi uno sguardo con mia madre. "Di chi state parlando?" Chiesi curioso, ma anche un po' spaventato. Non prevedevo nulla di buono. Mia madre attese qualche attimo, poi annuì, più a se stessa che a noi, e sparì sulle scale dalle quali era arrivata poco prima, tornando da noi con qualcosa tra le braccia. O meglio, qualcuno...
Un bambino dai capelli neri. Trattenni il fiato mentre si girava verso di me e i suoi occhioni verdi mi fissavano con curiosità. Aveva all'incirca tre o forse quattro anni, non ne ero certo, ma era abbastanza grande da parlare e sorridere con gran parte dei dentini al proprio posto. "Harry, lui è Hektor. Tuo fratello."

Double Trouble || DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora