«Molto bene, signorina Amato. Prima ho avuto modo con i colleghi del suo gruppo di visionare il vostro progetto, ne sono soddisfatta» commenta la docente, appuntando qualcosa nel foglio che ha davanti.
Sposta la penna accanto alla casella del voto e io mi entusiasmo, felice che l'esame sia giunto al termine, tuttavia all'ultimo ci ripensa e porta lo sguardo su uno dei libri che ha sul tavolo.
Il mio battito accelera mentre vedo le sue mani curate posarsi sulla copertina marrone.
Mi mordo l'interno della guancia con una pressione eccessiva, tanto che sento il sapore del sangue. Un fischio sordo si propaga nelle mie orecchie e capisco subito il perché: sto entrando nel panico. L'ho letto una sola volta per non sentirmi in colpa, ma non ho approfondito lo studio visto che non aveva mai fatto domande tratte da questo testo.
Quando socchiude le labbra tinte di un rosa cipria, quasi non riesco a udire le sue parole. Rimango in silenzio a fissarla con il cuore che galoppa: non conosco la risposta.
Vedo i suoi occhi assottigliarsi e sfoglia il libro per pormi un altro quesito a cui non riesco a rispondere. Il mio cervello ha smesso di funzionare. Non elabora neanche una risposta logica, improvvisata: è totalmente vuoto.
Quando la docente sbarra la casella del voto, mi alzo come un automa mentre il suono della sua voce mi giunge ovattato. Esco fuori dall'aula senza neanche recuperare i miei libri.
Non ci credo... sono stata rimandata.
«Carla» mi chiama Noa preoccupato.
Volto il capo verso di lui e apro la bocca per dire qualcosa, ma non esce nessun suono. Mi siedo su una delle sedie lontana dall'aula e afferro la testa tra le mani. Questo è un incubo.
«Carla... hai un altro appello a tua disposizione» mormora Mel mentre si siede accanto a me, «Comunque, è stata stronza. Non ha mai chiesto il libro degli approfondimenti.»
Due dita mi afferrano il mento e mi sollevano il viso. I miei occhi azzurri incontrano quelli del mio amico. «Puoi ancora laurearti in tempo per partire. La tesi è pronta, devi solo concentrarti unicamente sulla materia. Ci riuscirai.»
Mi perdo nelle sue iridi risolute e annuisco, anche se non del tutto consapevole.
«Puoi lasciare la tua macchina qui, ti accompagno io a casa.»
Strofino nervosa le mani sul tessuto dei jeans, ma alla fine riesco a ritrovare la voce. «Non preoccuparti. E poi... vorrei rimanere un po' da sola.»
Rimane a guardarmi circospetto, ma alla fine annuisce. Mi scocca un bacio sulla guancia e poggia il mio zaino sul pavimento prima di trascinarsi dietro Mel che mi guarda con aria triste. In altre circostanze mi sarei entusiasmata per il suo gesto affettivo, però al momento non riesco a provare nulla. Mi sento svuotata.
Rimango lì seduta per non so quanto tempo, ma dalla luce mite che entra dalle finestre capisco che è pomeriggio inoltrato. Sento la suoneria del mio telefono, tuttavia non riesco a muovermi pensando che il mittente è probabilmente un componente della mia famiglia.
Una piccola lacrima di frustrazione mi scende sulla guancia: mi sono impegnata davvero tanto. Eppure, lo dovrei sapere che il destino è sempre pronto in agguato a mescolare le carte a tua insaputa, che ciò ti piaccia o meno.
«Stai bene?»
Giro il capo e mi trovo davanti il ragazzo di questa mattina, quello che Melissa mi ha pregato di guardare. Lo fisso impassibile senza rispondere.
«Sei sorda?» mi chiede, facendo comparire sul suo viso un'espressione divertita.
«No» affermo, distogliendo lo sguardo da lui e puntandolo sui rami dell'albero del giardino interno che ondeggiano per via del vento.

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Divisa a metà
ChickLitPrefissarsi degli obiettivi, per qualcuno di noi, è indispensabile per affrontare le giornate e mantenere i nervi saldi. Ciò è quello che pensa Carla Amato, studentessa di ingegneria dell'università di Catania che ha programmato la sua vita da quand...