40. Claudia

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Chi sei?

Questa domanda mi rimbomba nella testa da quando Enea l'ha pronunciata. Qualcosa dentro di me, nell'attimo in cui le sue parole hanno raggiunto il mio cuore, si è incrinato.

Come può non riconoscermi? Ma, soprattutto, cosa dovevo rispondere? Chi sono io per lui?

«Ehi, prendi.»

Elia mi porge una bottiglietta di tè alla pesca che afferro con esitazione, mentre lui mi rivolge un sorriso tirato che non gli appartiene prima di sedersi nella sedia vuota accanto a me. Rimaniamo a fissare la parete anonima della sala d'attesa, immersi in battaglie silenziose che, personalmente, so di non poter vincere.

Svito il tappo e sorseggio la bevanda fresca per lenire la sensazione di secchezza che mi pizzica la gola, per poi costringermi a socchiudere le labbra e colmare il silenzio. Ho così tanta paura di sapere che non riesco a guardarlo negli occhi mentre parlo. «Cosa ha detto il medico?»

«Hanno fatto velocemente una tac per vedere cosa abbia provocato il problema, ma non hanno riscontrato niente. Gli abbiamo sottoposto alcune domande andando a ritroso e abbiamo costatato che non ricorda nulla di quello che è successo negli ultimi due anni» mi spiega, utilizzando un tono stanco e provato.

Faccio un bel respiro profondo e mi volto verso di lui. Il suo viso ha riacquistato un po' di colorito, tuttavia nelle sue iridi limpide posso leggere il groviglio di emozioni che tenta di soffocare.

«È vivo ed è l'unica cosa che conta» gli sussurro, afferrandogli la mano per rasserenarlo.

«Il dottore ha detto di fornirgli le indicazioni basilari, ma non possiamo stressarlo. Dobbiamo assecondarlo e lasciare che i ricordi ritornino da soli» mi spiega e aumenta la stretta sulle mie dita prima di continuare, «Se ritorneranno.»

Pronuncia le ultime parole con un tono più basso, come se avesse paura di farmele udire, e i suoi occhi cercano i miei con una sfumatura di tristezza perché lui è consapevole che, dietro la mia corazza esterna, qualcosa dentro di me ha smesso di muoversi.

Cerco di mostrarmi serena e abbozzo un sorriso di circostanza per eliminare la sua espressione tormentata. Non ha bisogno di preoccuparsi per me in questo momento; io dovrei essere l'ultimo dei suoi pensieri.

Inizio a ruotare il pollice sul dorso della sua mano per conferirgli conforto e capisco di riuscirci quando nel suo sguardo il velo di inquietudine sbiadisce leggermente.

«Carla, chi è stato?» mi domanda con voce dura.

Inconsapevolmente, il mio respiro accelera e inizio a rivedere dei flashback di ciò che è successo poche ore prima; immagini che avevo chiuso nei meandri più scuri della mia mente insieme a tutto ciò che mi impedirebbe di andare avanti. Rivedo i pugni, i calci, il sangue... e i suoi occhi che mi fissano. Li vedo inchiodarmi sul posto per proteggermi mentre lui viene colpito.

«Carla, calmati. Va tutto bene.» Elia mi scruta preoccupato, non più seduto sulla sedia, ma inginocchiato davanti a me. Mi tiene strette entrambe le mani che tremano in modo incontrollato.

«Voglio che tu non abbia niente a che fare con loro» ammetto con le lacrime agli occhi per il terrore.

Non voglio che lui si cacci nei guai. Non voglio perdere anche lui.

«Tranquilla. Non ho intenzione di fare niente di avventato e non voglio sapere neanche i dettagli. Mi basta una descrizione.»

Guardo le sue iridi che brillano vivide e mi mordo l'interno della guancia, dubbiosa se assecondarlo o meno, ma alla fine cedo; se fosse successo a mio fratello, anche io avrei voluto sapere chi fossero i colpevoli. «Erano in gruppo. Il ragazzo pelato e robusto deve essere il capo.»

Divisa a metàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora