37. Bevi che ti passa

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Fisso lo schermo del portatile, tentando di preparare il power point per la seduta di laurea. Dovrebbe essere un periodo entusiasmante della mia vita, dove l'ansia e l'eccitazione si mescolano tra loro per via dell'imminente traguardo, ma, in realtà, tutte le mie energie sono offuscate da altro.

Vorrei risolvere tutte le questioni che sono nate in questi giorni, invece che sintetizzare in poche slide un lavoro elaborato in diversi mesi; tanto la maggior parte delle persone presenti alla seduta di laurea non capirà niente lo stesso.

Controllo il cellulare per la centesima volta, ma non c'è nessun messaggio da parte di Mattia. Se ripenso a ieri, il respiro mi si mozza per l'agitazione; poteva finire davvero male.

Il rumore della porta di ingresso che si apre mi fa scattare dalla sedia e mi precipito verso le scale per vedere se sia lui. Quando lo vedo solcare la soglia, il nodo alla bocca dello stomaco si allenta leggermente ed effettuo il primo respiro profondo della giornata. Scendo i gradini e lo scruto, mentre lui toglie il giubbotto e lo appende. Il lato destro della sua faccia non è così tumefatto come immaginavo, ma l'occhio gonfio e violaceo e il labbro spaccato spiccano sulla sua carnagione olivastra.

Mi mordo il labbro inferiore e cerco di trattenere le lacrime. Vorrei abbracciarlo e dirgli quanto gli voglio bene, ma non lo faccio. Ho bisogno di tempo per assimilare ciò che è successo.

Mattia solleva i suoi occhi castani su di me e riesco a capire tutta la tristezza che ci leggo dentro perché è il riflesso della mia. «Carla...»

Alzo la mano e lo interrompo. «Avremo tempo per parlare, l'importante è che tu stia bene. Andiamo in cucina, devi mettere del ghiaccio sulla palpebra per farla sgonfiare e dovrai inventarti una scusa con mamma e papà per giustificare le tue condizioni.»

Mi segue affranto con le spalle ricurve e io stringo i pugni per non cedere alla tentazione di stringerlo a me. Ho bisogno che capisca che quello che è successo è grave. Apro il congelatore e prendo un sacchetto di ghiaccio, mentre lui estrae una pezza dal cassetto per avvolgerla intorno. Si siede sullo sgabello dell'isola e noto la smorfia che compare sul suo viso.

«Che hai?»

«Niente, sto bene.»

Lo fulmino con lo sguardo e mi piazzo davanti a lui. «Dimmi la verità o ti giuro che non ti parlerò davvero più stavolta.»

Mi guarda titubante, ma alla fine sospira e si alza la felpa per rivelarmi dei lividi scuri sul suo costato che mi fanno spalancare gli occhi. Si affretta a ricoprirsi e sposta lo sguardo ovunque, tranne che su di me. «Passeranno.»

«Hai bisogno di un antidolorifico.» Apro lo sportello della credenza dove mia madre è solita riporre i medicinali, ma non trovo quello che cerco. «Non c'è nulla, vado in farmacia.»

«Non mi fa così male, davvero.»

«Smettila di non voler ammettere le tue debolezze. È la tua testardaggine ad averti ridotto così.» Sento una nuova andata di rabbia salirmi lungo le ossa e, senza dargli l'opportunità di ribattere, esco dalla cucina e prendo il giubbotto e le chiavi della macchina.

Non impiego molto ad arrivare alla farmacia del paese e la farmacista dietro il bancone mi vende un analgesico. Sto per uscire dal negozio, quando una chioma rosa invade la mia visuale.

Osservo Lux comprare diversi medicinali e parlare con la cassiera con l'atteggiamento tipico di chi si conosce da tempo. Sentendosi osservata, si volta verso di me e, quando mi riconosce, le compare un sorriso a trentadue denti. «Carla!»

Sollevo anche io gli angoli della bocca, ricambiando il suo entusiasmo. «Ciao, Lux!»

Saluta sbrigativa la ragazza e mi raggiunge vicino all'uscita. «Che coincidenza vederti qui! In realtà speravo di vederti stasera all'esibizione e scambiare quattro chiacchere. Ci sarai, non è vero?»

Divisa a metàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora