23.Everybody Hurts

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~When the day is long and the night is yours alone
When you're sure you've had enough of this life, well hang on
Don't let yourself go, 'cause everybody cries and everybody hurts sometimes~

"Sono a casa"

Mike prese un lungo respiro, appoggiando le valigie su quel marciapiede tanto familiare e tanto sconosciuto, sistemandosi con gesto della mano gli occhiali dalla montatura sottile: non gli sembrava ancora vero di essere di nuovo lì, 6 anni dopo, nel piccolo quartiere di una cittadina di periferia semplice e tranquilla, così diversa dalla chiassosa e luminosa metropoli parigina.
Riconosceva ogni luogo, ogni centimetro: avrebbe potuto dipingere tutto ad occhi chiusi con i colori più belli di quelle scatole di pastelli che Joyce regalava a Will quando era bambino e che il suo migliore amico mostrava sempre orgoglioso il giorno dopo a scuola.

La strada era ancora larga e spaziosa, curva a sinistra da punto dove si trovava la sua cassetta delle lettere, i giardini verdi e perfettamente curati, nonostante l'arsura di quel luglio di fuoco, le auto parcheggiate in linea davanti alle stesse case, ma con proprietari diversi.
Il cielo era sempre lo stesso sulla sua testa: libero da grattacieli ed alti ed austeri palazzi, si apriva alla sua vista mostrandosi in tutto il suo splendore, facendo sentire Mike piccolo come quando da bambino prima di rientrare a casa per cena si fermava ad osservare il tramonto alzando all'insù il nasino coperto di lentiggini.
Mike aveva sempre amato guardare il cielo, che fosse un'alba illuminata di rosa, il più rosso dei tramonti o l'oscurità trapunta di stelle.
Ma i colori più belli Mike li aveva visti riflessi negli occhi di lei, spalancati ed illuminati di fronte a tutta quella meravigliosa.
Mike aveva sempre amato guardare il cielo riflesso negli occhi di El.

Scosse la testa con piccolo sorriso, lasciando i ricci neri e più lunghi ed incasinati che mai solleticargli la pelle pallida e liscia della fronte, sbattendo dolcemente sulle lenti tonde.
Tutto era al suo posto, nulla era cambiato: l'unico che era davvero cambiato era lui.

"Sei pronto?" gli chiese Jonathan, affiancandolo e raccogliendo una delle valigie ai suoi piedi, tirandogli una pacca amichevole sulla spalla per dargli coraggio.
Mike annuì con un grande sorriso, ammirando i suoi occhi verdi e gentili, gli stessi del suo migliore amico, gli stessi della sua nipotina.
Ogni cosa era al suo posto, ogni cosa era sopravvissuta alla sua assenza, il mondo era continuato a girare, anche senza di lui.

Mike non avrebbe mai potuto immaginare di passare così tanto tempo lontano dalla sua casa, dalla strada che lo aveva visto crescere e diventare grande. Credeva in una piccola ed illogica parte della sua mente che quei luoghi si sarebbero cancellati alla sua partenza, come una gomma bianca e pulita su un disegno a carboncino, come se fosse la sua stessa presenza a rendere quei luoghi veri, reali.
Aveva sempre amato la sua città, non aveva mai pensato di andare via neanche per un secondo, eppure, tutto aveva seguito il suo corso naturale, una scelta seguita da un'altra, una conseguenza dopo l'altra, come un domino inarrestabile che lo aveva portato oltre oceano e realizzare i sogni che gli avevano fatto battere il cuore per la prima volta sotto quello stesso cielo.

Mike era cresciuto, non era più un bambino dagli occhioni grandi e pieni di fantasia, non era più un ragazzo romantico ed insoddisfatto: Mike era ora un uomo sicuro del suo potenziale, fiero di quello che aveva creato, orgoglioso delle responsabilità che aveva saputo assumersi e che lo avevano portato lontano, dove aveva sempre voluto arrivare.
Ma Mike sapeva che più difficile che lasciare tutto ed andare, la vera sfida ora era fermarsi, voltarsi indietro e tornare.

Never enough||MilevenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora