Capitolo 1

1.3K 53 51
                                    

La luce entrò nella stanza poco prima della cameriera. 
<<Buongiorno signorina, suo padre avrebbe urgenza di vederla>> Hanji aprì di poco un occhio, solo per controllare di chi fosse la voce che le aveva appena parlato. C'erano così tante persone in quella villa, e se Hanji avesse provato a ricordarle tutte sarebbe impazzita. <<Va bene, digli che sto arrivando>> si sforzò di rispondere la ragazza, nonostante non volesse sentire quello che suo padre aveva da dirle. Era raro che lui chiedesse di vederla, erano praticamente estranei, anche se entrambi pensavano di conoscersi come nessun altro faceva. Erano padre e figlia, certo, ma solo sulla carta. Hanji non aveva preso niente da Tatsumi, e Tatsumi non la considerava sua figlia. Vivevano nella stessa casa, mangiavano alla stessa tavola, ma davano l'impressione di essere sempre ognuno per conto proprio, assorti nei loro pensieri aveva un minimo di femminilità e, nonostante la quantità impressionante di vestiti, scarpe e trucchi che sua sorella le comprava, lei si ostinava a indossare sempre la vestito per i poveri. Non si truccava nemmeno e passava gran parte delle sue giornate chiusa nel suo laboratorio a fare chissà che tipo di esperimenti. Non aveva mai avuto una relazione seria con ragazzo, tanto che suo padre cominciò a credere che fosse attratta dalle donne, ma non era assolutamente vero. Lei non aveva relazioni perché non c'era nessun ragazzo alla sua altezza, nessun ragazzo che potesse riuscire a sopportarla e che apprezzasse la sua pazzia. A tutti gli uomini che Hanji aveva conosciuto importava solo l'aspetto fisico e la taglia del reggiseno, di quello che lei era veramente se ne fregavano, e siccome Hanji non era quella che si sarebbe potuta definire una perfetta modella per bikini, non aveva molti pretendenti. Non ne aveva nessuno in realtà, se non un certo Moblit, il figlio di un'altra ricca famiglia della città, che però Hanji aveva friendzonato già da anni.

Sua sorella Aiko invece era tutto il contrario. A lei il suo aspetto importava eccome, per questo perdeva ore e ore nel suo bagno privato per truccarsi, vestirsi e pettinarsi. Lei di relazioni ne aveva avute parecchie ed erano moltissimi i pretendenti che più o meno ogni mese si dichiaravano, venendo a volte respinti e a volte no.

Aiko era quella che si sarebbe potuta definire la figlia perfetta per un conte, Hanji invece era la figlia perfetta per uno scienziato. Peccato che gli Zoe fossero conti.

Hanji si alzò dalla sedia sulla quale aveva preso sonno, si sistemò il vestito e uscì dal laboratorio per raggiungere il padre che l'aspettava nel salone principale. Appena mise piede nella grande stanza un fascio di luce proveniente da una vetrata la investì, facendole chiudere gli occhi. Era così ogni volta che andava nel salone. <<Cosa volevi papà?>> gli chiese quando si fu avvicinata alla poltrona sulla quale era seduto il padre. <<Padre, Hanji, devi chiamarmi PADRE. Ad ogni modo... ti ho fatto chiamare perché devo parlarti di una cosa importante. Siediti>> <<Papà, cioè, Padre io avrei da fare>> in realtà non era vero, ma se le aveva chiesto di sedersi voleva dire che era il momento di uno dei suoi monologhi. <<Non importa, siediti ho detto>> e Hanji si sedette. <<Dicevo, ti ho fatto chiamare perché non può andare avanti così>> <<Così come? non capisco>> il padre abbassò la testa, sconsolato. <<Hai vent'anni Hanji. È ora che tu cominci a pensare ad altro oltre che ai tuoi esperimenti>> <<E a cosa dovrei pensare?!>> aveva sentito quel discorso troppe, ma davvero troppe volte, quindi non si trattenne e urlò. <<Al matrimonio, ad avere una famiglia, a mantenere la tua posizione sociale e a essere più... femminile>> <<No papà, tu non puoi cambiare chi sono! Non mi interessa sposarmi, tutti gli uomini guardano solo le tette e mi pare evidente che io in questo campo sono un po'... svantaggiata!>> <<Ma perché non sei come tua sorella?!>> probabilmente ad una persona normale questa frase avrebbe fatto male, ma ad Hanji tutto quello che riguardava il morale non la toccava minimamente. Ma sapeva riconoscere quando una persona stesse dicendo sul serio, e in quel momento suo padre era serissimo. "Perché Aiko è come tutte, io sono diversa" pensò. Non aveva mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce, ma era quello che aveva sempre pensato. Tutte le ragazze ricche erano vestite uguali, avevano lo stesso taglio di capelli, praticavano gli stessi sport e avevano gli stessi interessi. Erano tutte delle fotocopie di un modello inventato da qualcuno che credeva che quella fosse la perfezione. Secondo Hanji invece la perfezione era in altre cose, anzi, secondo Hanji la perfezione non esisteva. Nessuno era perfetto, anche le fotocopie avevano qualcosa, qualcosa di microscopico, di diverso da tutti gli altri. Suo padre voleva che questo qualcosa venisse nascosto, lei invece lo esaltava. Lei non aveva mai nascosto chi era la vera Hanji, disordinata, pazza per la scienza e a volte parecchio stramba. A lei piaceva così, ma il problema era la società che non lo voleva.
<<Questa sera il conte di Trost, Pixis, ci ha invitati ad una festa che terrà nella sua villa. Ci saranno tutti i più importanti personaggi della politica è indubbiamente porteranno anche i loro figli. Magari sarà la volta buona per trovarti un fidanzato>> "magnifico" <<Papà, io non ci voglio venire>> <<mi spiace, ho ordinato alle cameriere di prepararti come si deve. Ci vediamo stasera>> prima che la figlia potesse ribattere in qualsiasi modo il padre si alzò e, seguito da un maggiordomo, lasciò la stanza.

Hanji all'inizio pensava che suo padre facesse tutto quello per il suo bene, ma poi si accorse che era solo perché non voleva che si dicesse in giro che Tatsumi Zoe avesse una figlia... una figlia... beh, una figlia come lei.

Si alzò dalla poltrona e uscì, infuriata, dal salone. Andò in camera sua ma prima che potesse cominciare a lanciare oggetti a caso per smaltire la rabbia una cameriera bussò alla porta. <<Suo padre mi ha detto che devo aiutarla a prepararsi per la festa di questa sera, quindi prego, metta giù quel comodino e si sieda, grazie>> alla fine Hanji si arrese a posò il comodino. Si sedette sulla sedia posta davanti ad un grande specchio che Hanji aveva ricoperto quasi interamente con fogli riportanti le soluzioni di alcune equazioni, fogli che la cameriera non esitò a staccare.

Prese la cipria bianca e gliela mise sul viso. La sua pelle perennemente abbronzata spariva sotto la polvere bianca che rendeva tutto uguale. Poi toccò ai capelli che vennero acconciati da un parrucchiere professionista visto che Hanji minacciò di chiamare l'esercito se la povera cameriera avesse provato a metterle la tipica parrucca bianca cotonata. Fu il turno del rossetto e del vestito: il corpetto troppo stretto le stringeva la vita e la gonna ampissima le rendeva difficile muoversi.

Quella era la moda e lei doveva adattarsi, o almeno così credeva Tatsumi Zoe.

Ciaooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
Dovete sapere che questa sarebbe dovuta essere una rivamika, poi a metà ho pensato che la Levihan è la mia otp e che quindi non potevo non farci una fanfiction, così eccomi qui. Nel caso non aveste letto la descrizione vi dico un po' di robette sul periodo storico della storia. Siamo nel periodo Barocco, quel periodo in cui c'erano:

Questi e questi:

La gente usava ancora le carrozze e Vabbe insomma, credo che più o meno abbiate capito. Se non avete capito allora capirete andando avanti con la storia.

La Scienza dell'Amore -LevihanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora