Capitolo 26

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Fortunatamente per strada non c'era nessuno: sarebbe stato strano vedere una donna con addosso una camicia da notte e un mantello da uomo andare in giro con qualcuno che sarebbe dovuto essere morto da mesi, molti mesi.

Li avrebbero scambiati per dei mendicanti, ma anche questo sarebbe stato strano: a Salisburgo non c'erano poveri.

O meglio, sicuramente c'erano, ma la nobiltà faceva di tutto per evitare di trovarseli tra i piedi mentre passegiavano per il centro.

Li confinavano nelle periferie, in modo che non rovinassero l'immagine dello sfarzoso centro della città, in modo che nessuno straniero avrebbe mai chiamato Salisburgo una "città di poveri", e che tutti sarebbero rimasti abbagliati da quella magnificenza che poco si sposava con lo squallore di qualche mendicante.

Levi condusse Hanji in un punto appartato della città, in un vicolo cieco dove probabilmente gli unici esseri viventi a passare erano i gatti randagi.

<<Levi?>> Hanji era confusa, l'uomo non si era mai comportato così con lei, non aveva mai preso iniziative che comprendessero più di una persona, e quello per lei era un grande passo avanti.

Levi si guardò attorno sospettoso, e quando fu sicuro che non ci fosse veramente nessuno ad ascoltare la loro conversazione, se non qualche felino mezzo addormentato, iniziò a parlare.

<<Hanji...>> già, cosa le avrebbe detto?

Lui voleva solo che qualcuno lo distraesse, che gli facesse dimenticare anche solo per un giorno, o qualche ora almeno, la sua Petra, ma cosa avrebbe potuto dire?

Non voleva che Hanji conoscesse il suo passato, non voleva che lei cominciasse a guardarlo come un cucciolo ferito o un maniaco suicida e, anche se non sapeva che tipo di reazione avrebbe avuto la donna, non voleva sentire nessun altro monologo filosofico.

<<Di cosa volevi parlarmi?>> Hanji andò a sedersi su una cesta di vimini abbandonata su un lato della strada, e Levi evitò di pensare a tutti i germi che avrebbe potuto contenere.

<<Ti ricordi quello che hai detto l'altra volta?>> era chiaro che non fosse abituato a conversare, ma Hanji non lo interruppe e lo lasciò fare.

<<Quando volevo suicidarmi intendo... hai detto che avrei dovuto trovare la felicità, ti ricordi?>>

Come avrebbe potuto dimenticarlo? Lo aveva salvato dalla morte e gli aveva permesso di vivere a casa sua per sapere cosa nascondesse su suo padre, ma da quel primo mistero ne erano nati tanti altri.

A volte sembrava che Levi stesso fosse un mistero, che la sua eistenza fosse solo qualcosa di impreciso e che prendesse una forma solo grazie all'interpretazione che ognuno le dava.

Hanji annuì.

<<Io mi sono accorto di averla già trovata>> la donna sorrise senza rendersene conto.

Davvero era felice?

Beh, non se lo sarebbe mai aspettato: Levi non lo sembrava per niente.

Certo, le persone hanno modi diversi per manifestare i propri stati d'animo, ma lui dava continuamente l'impressione di essere tormentato da qualcosa, non di essere felice.

<<Ah...beh, bene! E a cosa devi questa tua felicità?>>

Levi abbassò la testa: forse a lei avrebbe potuto dirlo, in fondo era sua amica e... no.

Sapeva che non era la scelta giusta e che se ne sarebbe pentito presto, ma dall'altra parte sarebbe stato bene per qualche minuto, avrebbe potuto godersi qualche minuto di riposo senza pensare al suicidio.

La Scienza dell'Amore -LevihanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora