Levi fu il primo, come sempre, a svegliarsi. Non si ricordava di essere andato a dormire, probabilmente l'aveva fatto senza rendersene conto.
Erano passati cinque giorni da quando erano arrivati nella nuova città, e non avevano ancora combinato niente.
Non che fossero lì per un motivo, ma le storie che gli raccontava Hanji gli avevano insegnato che quando si viene minacciati non c'è luogo dove si possa andare per evitare la morte, o almeno il rapimento.
Certo, le storie che Hanji gli raccontava erano tratte da libri gialli, ma un fondo di verità doveva pur esserci, no?
Levi era deluso.
Certo, non voleva che lui o Hanji venissero rapiti, ma il fatto che continuasse a non succedere nulla gli metteva ancora più ansia di quella che già aveva.
Se il rapitore (o il killer) avrebbe deciso di svolgere il suo lavoro con un approccio puramente fisico, non avrebbe avuto la minima possibilità di battere Levi, e questo lo rassicurava un po', ma era vero anche che tutti sapevano della sua forza, quindi quale pazzo avrebbe provato a fare a botte con lui?
Era improbabile, quasi impossibile che un rapitore avrebbe rischiato così tanto.
C'era da dire anche che nella lettera le minacce erano rivolte solo a Hanji, e nessuno sapeva quanto brava fosse diventata a maneggiare un coltello.
Hanji era forte, non doveva preoccuparsi per lei: era totalmente in grado di piantare un coltello nel petto di qualcuno, se avesse voluto.
Questo era il problema, nessuno gli assicurava che lei sarebbe stata abbastanza convinta da farlo.
Hanji, da quanto ne sapeva Levi, non aveva mai ucciso nessuno.
Ci vuole convinzione per prendere la vita di un'altra persona, per decidere che la tua vale di più, che il sangue che ora è sulle tue mani apparteneva a qualcuno che si è meritato di finie così.
Levi era stato abbastanza convinto da uccidere il padre e la sorella della donna con cui adesso viveva, ma Hanji avrebbe saputo fare lo stesso?
Si mise a sedere sul letto, i piedi nudi sul pavimento di marmo.
Un brivido gli corse lungo la schiena: la finestra era aperta, e un fastidioso venticello freddo entrava nella stanza, gli saliva lungo le ossa e si aggrappava al suo collo, rifiutandosi di lasciarlo andare.
Avrebbe avuto il torcicollo per il resto del giorno.
Si alzò controvoglia e chiuse la finestra, passando vicino al letto matrimoniale che Hanji e Erwin condividevano.
Normalmente nessuno si sarebbe mai permesso di dormire con una Contessa, ma era evidente che tra loro fosse diverso.
Si era chiesto spesso cosa avesse Hanji davanti agli occhi che le impedisse di vedere quanto Erwin la amasse.
Perfino Levi se ne era accorto: come era possibile che tutte le volte che lui le dava la mano per aiutarla a scendere dalla carrozza, che ogni volta che insisteva per portarle l'ombrello quando faceva caldo e quando le sorrideva in situazioni casuali lei non si chiedesse cosa provasse l'uomo?
Lei era l'unica con cui Erwin si comportava così, non c'era modo di fraintendere le sue azioni.
Nonostante la sua stazza da gigante, la sua espressione talvolta burbera e il fatto che si fosse innamorato di una cavernicola, Erwin era un uomo per bene, educato e gentile.
Il contrario di Levi, in poche parole.
Si avvicinò al letto dove i due amici dormivano, incerto su quale fosse la cosa giusta da fare: se lasciarli dormire e continuare a riflettere, o se svegliarli e prendere i peggiori insulti da Hanji.
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La Scienza dell'Amore -Levihan
FanfictionAmbientata nella seconda metà del settecento, questa è la prima levihan che scrivo (Cioè, in realtà no, ma è la prima che pubblico). Comunque... Hanji è la figlia di un ricco conte viennese con cui però non ha un bel rapporto. Levi invece non c'en...