Capitolo 11 - Essere normali è un potere magico

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In seguito a quella mattina di dicembre, la piccola Eveline cominciò a cercare informazioni su come liberare lo spettro dal luogo alla quale era incatenato. 

Trovò la risposta il pomeriggio successivo, frugando nelle classi della Nocturne, approfittando di quei giorni di festa in cui in giro per l'edificio, oltre a lei, non ci sarebbe stato nessuno. Dal cassetto di una cattedra tirò fuori un grosso manuale, scritto nella lingua delle streghe, riguardante vari incantesimi da fare sugli spettri, tra cui quello di liberazione. 

«Ho trovato la formula, guarda» disse la bimba a Hiroshi, portandogli il libro ed indicando una pagina, «Non è difficile, ma bisogna comunque fare attenzione: prende molto potere magico alla strega che la esegue.»

«Sei sicura di volerlo fare?» provò il ragazzo, un po' preoccupato.
L'altra non sembrò dargli troppo peso: «Beh sì, ti ho detto che non è difficile. Però c'è una condizione per te.»
«Quale sarebbe?»
«Un patto: dopo la rottura delle catene, lo spettro resta legato alla strega che lo libera per cinque anni. Vedi? È scritto qui: cinque anni. Significa che non potrai "riposare in pace", ma dovrai restare con me, in questa dimensione, per tutto il periodo del patto. Quindi sei tu che devi essere sicuro di volerlo fare. È dura essere uno spettro una volta lasciato il luogo di morte, non sarà semplice.»

Lui per poco non si mise a ridere: «Figurati, darei qualunque cosa pur di non restare qui dentro un minuto di più.»
La bimba gli sorrise: «Va bene, allora se vuoi cominciamo. Mettiti lì» gli disse, indicando un punto centrale della biblioteca, in cui c'era un po' più spazio, e lui obbedì.

La strega posò il libro a terra, davanti al giovane, poi gli prese le mani: «Ecco, tieni i polsi in su, così» fece, nel sistemarglieli. Le catene attaccate ai bracciali di lui tintinnarono sul pavimento rovinato. 

Eveline si sporse più volte sul libro, allontanandosi e riavvicinandosi, per capire se ricordava a memoria le parole da dire. Quando si sentì pronta, si mise davanti allo spettro, cercando la concentrazione. Puntò le mani in avanti, verso di lui, e chiuse gli occhi. Le sue dita si tinsero di nero quando parlò nella sua lingua, il pavimento cominciò a tremare.

Hiroshi sentì il potere magico della bimba strisciargli dentro l'anima: aveva una forza assurda, era densissimo, non aveva mai sentito nulla del genere e in quel frangente fu quasi grato di non essere vivo. 

I tagli sul suo petto cominciarono a sanguinare copiosamente, gocciolando a terra e bruciandogli come mai prima, tanto che lui non riuscì più a reggersi in piedi: nel momento in cui cadde in ginocchio, i bracciali d'acciaio intorno ai suoi polsi si ruppero, con uno schiocco sordo, spaccandosi sul pavimento in mille schegge roventi.

Si strinse le braccia intorno al busto, lamentandosi a quel dolore, intanto che la piccola strega finiva di pronunciare le ultime frasi: era diventata pallidissima, le gocciolava del sangue dal naso, i denti stretti nello sforzo. 

Ancora qualche secondo, poi l'incantesimo s'interruppe bruscamente, nella sua breve potenza, scintillando sulle unghie della bimba, che cadde a terra a sua volta, esausta. 

Le grosse catene nere, appese al soffitto della biblioteca, cominciarono a frantumarsi a terra, buttando giù gli scaffali col loro peso, crepando le mattonelle e alzando polvere e fogli di carta dappertutto.

Lo spettro fu veloce: afferrò al volo la ragazzina, portandola fuori dall'edificio.
Le scale all'ingresso si spaccarono in più punti: dal tetto si staccarono le ultime catene rimaste, che andarono a schiantarsi al suolo, facendo un gran baccano, sulla ghiaia e sull'erba. 

Poi, il silenzio.

Hiroshi teneva Eveline in braccio, in ginocchio sulla neve, stringendola in un gesto protettivo, nel giardino ghiacciato di quel che era rimasto della piccola biblioteca, circondato dalle catene cadute, dal legno e dai libri distrutti, da pagine strappate sparse ovunque. 

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