•6•

2.8K 147 11
                                    

4 anni fa...

RYAN

Un rumore assordante mi fa aprire gli occhi di scatto. Sono in camera mia, i libri sparsi a terra, lo zaino aperto sotto la scrivania e la maggiorparte dei vestiti fuori dall'armadio. Oggi è domenica e avrei preferito di granlunga fosse lunedì.

Una serie di urla raggiungono camera mia e sono costretto ad andarmi a chiudere in bagno. Mi spoglio velocemente ed entro in doccia con la musica a palla.
Lascio che l'acqua percorra tutta la mia pelle e che la musica entri nella mia mente per cancellare tutto quello che sta succedendo. Tutto quello che succede ormai da anni.

Appoggio la schiena alla parete e scivolo giù lentamente. Mi prendo la testa tra le mani e sento il mio corpo iniziare a tremare. Non riesco a capire se ciò che mi sta bagnando la faccia sono le lacrime o l'acqua. Ormai è tutto confuso.
Il mio corpo scosso dai singhiozzi. La mia mante ormai piena di urla.

E ora non riesco nemmeno a distinguere se le urla che sono nella mia testa sono quelle che sento tutti i giorni, o se sono le mie. Le mie urla soffocate che chiedono aiuto.
È come vivere un incubo.
Come essere in una stanza buia, senza le finestre e senza luce. E questa stanza è piena di occhi che ti fissano, mani che ti toccano e unghie che ti graffiano. Tu urli ma non senti la tua voce, nessuno ti sente.
Apri la bocca e urli a pieni polmoni ma non senti niente. Nessuno si tira indietro e nessuno viene ad aiutarti. Urli ancora alla ricerca disperata di un aiuto, ma la tua voce non esce e ti senti soffocare, come se avessi una mano alla gola che stringe lentamente. La mente è come questa stanza, buia e piena di cose oscure che nascondiamo a noi stessi. Non è facile entrarci, ma è anche impossibile uscirci.

Esco dalla doccia e mi metto un asciugamano in vita. Mi guardo allo specchio e al posto di dimostrare tredici anni ne dimostro venti. Di statura sono alto. Ma i capelli mi ricadono sul viso coprendomi la fronte e metà faccia. Le occhiaie lunghe fino agli angoli della bocca. Le labbra screpolate.
Il mio sguardo scivola lentamente sulle mie spalle. Sono abbastanza esile e a momenti mi si vedono le costole. Non mangio da giorni se non qualche pezzetto di pane.
Il mio sguardo cade poi sul mio braccio, sul bicipite sinistro e la vedo. Quella fottutissima cicatrice.

Scuoto la testa, come se questo gesto potesse aiutarmi a cancellare ciò che sto vivendo o ciò che ho vissuto. Prendo il phon e spengo la musica, a volte è troppo assordante. Chiudo gli occhi e sento l'aria calda abbattersi sulla mia nuca. I rumori al piano di sotto sono attutiti da questo suono. Il profumo dello shampoo che ho usato prima mi invade le narici e mi immagino di essere in un giardino. In un giardino fiorito con il sole che si abbatte sulla mia pelle. Il vento che mi scompiglia i capelli, il suono del canto degli uccellini.
Poi però, riapro gli occhi e mi ricordo della realtà.

Spengo il phon ed esco dal bagno che fortunatamente è in camera mia. In casa un silenzio tombale, meglio così. Raccolgo qualche vestito da terra e li butto a caso nell'armadio.
Apro il cassetto e prendo un paio di boxer puliti e dei pantaloni della tuta. Rimango così, a petto nudo e apro la finestra per poi affacciarmi.

Un enorme palazzo si innalza davanti ai miei occhi e dietro a questo un enorme distesa verde. Guardo in basso e c'è il vuoto. Magari quel vuoto è più accogliente rispetto a questa casa. Magari quel vuoto mi aspetta li, a braccia aperte a dirmi "passa a miglior vita, non te la meriti questa"

Stringo leggermente gli occhi in due fessure a causa della luce del sole e torno a guardare avanti a me. L'aria estiva mi scompiglia leggermente i capelli ma non ci faccio caso.
Con due dita traccio il contorno della mia cicatrice e mi ritornano in mente un sacco di cose. La coprirò, in futuro.

Rimango così, con le braccia a penzoloni giù dalla finestra, a fissare davanti a me senza una ragione, senza un pensiero a cui aggrapparmi pur di scappare da questa realtà. Da questo mondo di merda.

Poi sento un botto, alle mie spalle. Mi giro di scatto con gli occhi spalancati. Il respiro si fa sempre più pesante e frequente. La porta di camera mia è chiusa ma dietro quella ci potrebbe essere l'inferno. Dopo, silenzio.
Un passo dopo l'altro, lentamente raggiungo la porta. Prendo la maniglia in mano e la tiro giù cercando di non fare rumore.
Esco e raggiungo le scale in punta di piedi. Ma mi fermo sul posto.

Il cuore accellera, le lacrime si fanno spazio sul mio volto. I singhiozzi sono soffocati e il mio petto si alza e abbassa freneticamente.
Una bottiglia di Vodka è a terra in mille pezzi e, affianco a questa, c'è lei.
Una ciocca dei suoi capelli neri le ricade sul volto. Una piccola scia di sangue si fa spazio a terra. Il suo sguardo è fisso su di me e mi sorride.

Mi sta sorridendo nonostante quello che sta succedendo. Una lacrima le riga il volto e dopo avermi dato l'ultimo sorriso sussurra "ti voglio bene"
Poi i suoi occhi si chiudono e le sue labbra si serrano.
Io rimango in piedi, a fissarla dall'alto. Le gambe si fanno deboli e io mi accascio a terra lentamente, cercando di non farmi sentire dal mostro.
Stringo gli occhi e lascio cadere le ultime lacrime. Un altro urlo soffocato si fa spazio nella mia mente.
Me la pagherà.

Spazio autrice

Ho deciso di farvi capire un pochettino ciò che ha Ryan nel suo passato e qui aveva tredici anni.

Bye people
Anita🐝🌵

Don't Let Me Go // 𝐆𝐚𝐲 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐲 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora