Don't let me go.

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Mi svegliai, chissà dopo quanto.

Tremavo senza alcun motivo, o forse una ragione c'era.

Ero distesa su un letto, da sola, priva di ogni copertura dal mondo esterno.

Di solito in inverno, ma anche in estate, mi addormentavo avvolta dalla soffici coperte che mi riscaldavano e mi proteggevano.

Mi portai le ginocchia al petto, e sentivo i denti battere senza freno.

Quella era la stanza di Harry, l'avevo riconosciuta. Il suo immancabile profumo sparso addirittura sulla coperta inebriava i miei sensi.

Mi alzai lentamente, e un'aria fredda mi gelò il sudore che avevo addosso, un brivido violento mi scosse.

Cercai di raccogliere i pensieri.

Mi guardai intorno, ma non c'era nessuno.

Strano, eppure dopo esser scappata dal Mouse, Harry era lì.

 Perchè mi aveva lasciata da sola? 

Ricordavo vagamente quello che era successo dopo la lunga ed estenuante fuga da Liam.

Mi faceva male ogni parte del corpo.

Appoggiai i palmi delle mani sul muro, tenni gli occhi chiusi, per non cercare di cadere, tormentata dai giramenti di testa post sonno.

Cercai di non pensare a niente, stordita da quella violenza così improvvisa che nella mia mente rimbombava ancora con i suoi rumori sordi, in contrasto con il pesante silenzio in cui era immersa tutta la casa.

Mi avvicinai alla porta, trattenendo il respiro.

La luce al piano di sotto era accesa. Iniziai a scendere le scale, esitante.

Sentii il rumore di stoviglie e pentole contro l'acciaio del piano cottura della cucina.

Sbirciai, e non riuscivo a capire il perchè di quelle azioni a quell'ora della notte.

Harry stava cucinando.

Forse si sentì osservato, la sua testa scattò nella mia direzione, facendo incontrare i nostri occhi.

Smisi di nascondermi dietro la porta di legno, e mi avvicinai alla tavola esitante.

Lui sorrise debolmente, e ricominciò ad osservare la pentola, prima di rivolgermi un ultimo sguardo.

Uno sguardo pieno di pena, di rabbia. 

Mi sedetti, e portai subito una mano sullo stomaco.

Il calcio e il pugno che avevo ricevuto si stavano facendo sentire, continuando a marchiare la mia pelle con un bel livido.

Lo osservai, per cercare di decifrare la sua espressione.

Una mano attraversò i capelli ricci e ribelli.

Era nervoso.

Lo faceva sempre quando si trovava in quello stato.

'Da quanto tempo non mangi?' chiese, serio, la sua mascella si tese.

'Cosa?' chiesi, confusa e preoccupata.

'Da quanto tempo non mangi, Molly?' la sua testa restò sempre bassa, preferì non guardarmi.

'Da martedì' ammisi.

'Da Natale?' sbarrò gli occhi, sorpreso.

Annuii.

Non mi aspettavo una domanda del genere. Non mi aspettavo che scoprisse i miei problemi alimentari.

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