You're beautiful.

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Mio padre, quello biologico ovviamente, mi stava cercando.

Si era messo in contatto con qualcuno che a quanto pare sapeva che scuola frequentassi.

Ci volle una buona mezz'ora per assimilare la notizia che il preside aveva annunciato ad Hannah nel suo ufficio.

Erano passate circa tre settimane dall'ultima volta che vidi Liam.

Erano passate tre settimane dall'incontro in presidenza.

Hannah era molto impegnata con il lavoro, e lei e il preside  Irwin si erano messi d'accorso per incontrarsi in un giorno stabilito.

Più volte la data concordata era saltata, e io stavo impazzendo dalla curiosità e dall'ansia.

Ma quando venni a conoscenza di ciò che il preside fremeva di raccontare alla mia tutrice, il mondo mi crollò addosso, senza aspettare che io mi scansassi in tempo.

Lui mi aveva cercata. Perchè? 

Era venuto a sapere della morte della mamma e adesso voleva tornarsene con me?

No, le cose non funzionavano così. Non avrei mai permesso che lui di punto in bianco si catapultasse nella mia vita, continuandola a distruggere, come se non lo fosse abbastanza.

Tutto stava andando per il verso giusto, ero felice.

Ma come al solito, la felicità non era adatta a me.

Quindi, mi ero ripromessa una cosa: quando la felicità sarebbe tornata, avrei fatto finta di nulla.

Avrei fatto finta di non accorgermene, come uno che ne può fare senza, che ha imparato e adesso si accontenta.

Quando la felicità sarebbe tornata non le avrei detto niente.

Avrei fatto finta di non vederla, e basta. 

Ricordavo quando, mentre studiavo, sentivo mia madre muoversi nella sua stanza.

Sentivo la radio diffondere la sua musica piano, e non ci badavo, perchè credevo che fosse una cosa da niente.

Quella era la mia felicità, e io non lo sapevo.

A volte, immersa nel silenzio della casa di Hannah, mi sembrava di sentire qualcosa dall'altra parte del muro della mia stanza e mi mettevo ad ascoltare.

Accostavo l'orecchio alla parete e attendevo.

Cosa? Non lo sapevo neanch'io.

Perchè d'improssivo lasciavo che il vuoto, la sua assenza vincessero sempre, annientandomi con il potere delle cose invisibili.

Quindi, la felicità avrebbe anche potuto mettersi a gridare, tanto adesso avevo capito, e non mi sarei fatta ingannare.

Ricordavo che da piccola mia madre mi metteva a letto e chiudeva la porta.

A quel tempo la felicità non era un grido, era appena un sussurro che io non riuscivo a sentire.

Hannah mi aveva ripromesso di informarmi non appena avrebbe saputo di George Crawford.

Quello era il suo nome. Quello era il nome di mio padre.

Over againDove le storie prendono vita. Scoprilo ora