Il cuore pesante

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Stiamo seduti da qualche minuto in macchina e nessuno dei due ha ancora parlato. E successa una cosa strana cioe ci siamo baciati e di botto abbiamo iniziato a raccontarci le nostre vite. Senza entrare nei particolari sono riuscita a capire tantissime cose su di lui.

'Cazzo questo silenzio mi fa paura.'

Siamo arrivati a casa. Non voglio scendere vorrei stare tutta la notte con lui ma non per fare l'amore solo per sentirlo vicino, sentire il suo profumo, il suo respiro regolare.

"Scusa non dovevo."

Di scatto mi girai verso di lui.

Vidi lui guardare avanti anche se credo se ne sia accorto che lo sto fissando. Senti il cuore pesante, come una scatola troppo pesante che rischia di buttarmi a terra ma se dovrebbe cadere si romperebbe in mille pezzi.

"Perché mi dici queste cose? Non mi sembra di essermi tirata indietro o peggio averti tirato uno schiaffo o qualcosa del genere." Sono arrabbiata, per lui tutto questo non ha significato niente.

Scesi dalla macchina e prima che sbatessi lo sportello lui cerco di fermarmi con un "Aspetta" ma non me ne fregò niente non avevo voglia di sentire scuse.

"Va al diavolo", gli gridai contro e sbatti lo sportello di quella carinissima Fiat 500 color crema.

Sono ormai due giorni che non lo sento, non lo vedo e non ho sue notizie.

Oggi niente universita da una parte sono contenta perche così riesco a rilassarmi, invece dal l'altra parte preferì andare al universita cosi non pensavo a niente e a nessuno, ma sopra tutto non a lui.

Sono distrutta. C'era un casino in centro. Neanche al supermercato potevi fare tranquillamente la spesa. Vecchietti che ti chiedevano di prenderti i prodotti di qui avevano bisogno. Mamme isteriche che cercavano i figli e gridavano per tutto il negozio, commesse svogliate che quando ti dicono 'Buongiorno' sembra quasi una maledizione invece di un Buongiorno.

Misi a posto la spesa, feci una doccia veloce, mi vestì e corsi al lavoro.

Io lavoro in un semplice Bar frequentato piu che altro da studenti visto che e un po' stile starbucks per i poveri.

Iniziai il turno con Violetta menomale almeno gli potrò finalmente raccontare tutto. E se devo essere sincera mi e mancata un po' in questi giorni non ci siamo neanche beccate al università.

"Buongiorno" urlai io entrando nel negozio.

Arrivai dietro al bancone e trovai Francy un ragazzo moro e occhi azzurri. Vive Miami ma sta a Roma per studiare lingue e conoscere il paese di suo padre come dice lui.
E poco ma sicuro ma come lui studia lingue non lo fa nessuno. Ormai lui con il suo accento americano mi racconta tutte le sue avventure. Ha le origini italiane e suo padre a 5 anni se ne dovuto andare dall italia.

"Hei Francy ma come mai ci stai tu oggi?"

Sempre con il suo accento americano mi rispose:" Violetta... ha preso una settimana di ferie. Because i think lei ha un boyfriend. Oh darling lo so che volevi la tua amica ma questa volta ti tocca il tuo amico gay."

Ebbene si Francy e gay.

Un po' dispiaciuta dal fatto che Violetta non fosse al lavoro e che neanche mi avesse avvertito, ma divertita dal modo di parlare del mio collega, andai a posare la borsa e mi misi al lavoro.

Che giornata faticosa. Non ricordavo come fosse il bar pieno. Da un paio di mesi a questa parte il bar non andava molto bene infatti noi dipendenti temevamo di essere licenziati. Poi dopo un pò di pubblicità e un cambiamento di look ha ripreso di nuovo un giusto ritmo.

Sentì suonare la campanella della porta. Sono le 20.00 e mi sono dimenticata di chiudere la porta d'ingresso. "Siamo chiusi", gridai io senza voltarmi e rimettendo a posto gli ultimi bicchieri.

Non rispondendomi mi girai preoccupata a guardare chi era entrato.

Quando lo vidi le mie gambe diventarono morbide e mi venne una paralisi facciale.

"Ciao", mi salutò lui timido, senza fare piu un passo ma rimanendo davanti alla porta.

"Dopo tutto quello che mi hai fatto ti presenti qui?!" La mia voce fece trasparire rabbia e un po' di ammarezza nei suoi confronti.

Detto questo andai avanti con i miei lavori.

"Scusa", parlò così abbassa voce che se non fosse per l'eco che ha questa stanza forse non lo sentirei neanche.

Si incamminò verso di me. "Senti lo so che. Scusa ti puoi almeno girare quando parlo?"

Mi girai e lo guardai fisso negli occhi.

Stava li seduto sullo sgabello davanti a me bello come il sole.

"Parla", lo incitai io passando lo straccio sul bancone.

"Lo so che ho sbagliato e... mi dispiace. Ma ho avuto paura. Ho paura di legarmi ad una persona, ho paura a fidarmi, ho paura di innamorarmi anche se credo che..." Si fermò di botto anche se credo di aver capito cosa intendesse dirmi. "Ti prego perdonami per i miei sbagli, per le mie scenate, per le mie parole non dette o magari dette troppo tardi."

Prima che lui mi possa dire qualunque altra cosa o magari scusarsi per cose che non capisco bene, sono io questa volta a fare il primo passo.

Uscì dal bancone, presi la sua faccia tra le mie mani e iniziai a baciarlo.

Lui si staccò per un attimo ma poi iniziò a baciarmi con piu passione lasciando scivolare le sue mani su i miei fianchi.

Occhi dentro occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora