Capitolo 14: On the brink of insanity

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Capitolo 14: On the brink of insanity

Era nella sua mente e si sentiva risucchiare.

Riconobbe le stesse fratture che il vuoto tra i Regni aveva lasciato nella propria coscienza, ferite aperte meno ampie e profonde degli squarci che avevano dilaniato il suo io costringendolo a tenerlo assieme con le unghie e con i denti, quando la caduta dal Bifrost lo aveva lasciato alla mercé dei Chitauri; ma in fondo Stark aveva avuto solo un brevissimo accenno degli orrori che strisciavano nel silenzio profondo del nulla assoluto, quanto bastava per riempire i suoi incubi e rimanere una lontana percezione destinata a svanire nel tempo, mentre lui ancora ne portava le cicatrici.

Assistette come protagonista allo scontro tra l'Avenger e il mortale con il potere del Tesseract, alla sua sconfitta e alla successiva cattura, in un susseguirsi di emozioni che non gli appartenevano e fatica sempre più consistente per un incantesimo così dispendioso di cui a stento manteneva il controllo.

Si addentrò ancora più in profondità tra i suoi pensieri, curioso di vedere se fosse stato davvero l'esito di quella battaglia a determinarne la resa, se prima ancora delle torture che gli avevano segnato la pelle Stark avesse deciso di smettere di lottare.

Sotto la sua morsa il mortale si contorse, le labbra piegate in una linea sottilissima quasi stesse subendo un dolore fisico troppo grande per poterlo contenere.

E, poi, tutto esplose.

Come la distruzione di una diga, si ritrovò avvolto da ciò che si celava dietro alla maschera dell'Uomo di Metallo, una serie di immagini confuse e frammentarie che nulla avevano a che fare con l'oggetto della sua ricerca.

"Papà, guarda".

"Non ora, Anthony, sto lavorando".

Da qualche parte il suo corpo fisico si irrigidì, infastidito dalla perdita di controllo del proprio incantesimo, mentre si ritrovava a fissare un bambino con gli stessi occhi di Stark e un sorriso molto più genuino e innocente di quello che era solito rivolgergli sul campo di battaglia.

"Sono riuscito a costruirlo, papà, guarda!".

"Maria, levamelo di torno. Mi sta disturbando".

No, non era quello che voleva, non gli importava vedere quel bambino solo e ignorato da un padre sempre di spalle che non si degnava di ascoltarlo – neanche Odino lo ascoltava mai, ma Odino non era suo padre, non lo era mai stato.

"Lui non era un mio grande fan. Era freddo, era calcolatore, non mi ha mai detto 'ti voglio bene', non mi ha mai detto che mi stimava".

Cercò di sottrarsi alle visioni che subissavano la sua coscienza, che andavano a scavare in ferite mai del tutto rimarginate, che con parole così dolorosamente familiari, pronunciate da uno Stark adulto e ormai disilluso, andavano a risvegliare un rifiuto che bruciava da qualche parte in lui, troppo vicino perché ne potesse sopportare le pallide imitazioni dei mortali; ma la coscienza dell'Avenger lo risucchiava, era come un mare vischioso e opprimente dove gli sembrava di annegare in ricordi non suoi senza possibilità di salvezza.

Ed era lì mentre gli segavano la cassa toracica, con i nervi che urlavano impazziti per il dolore e il panico che si abbatteva in una nube soffocante sul suo petto, rubandogli il respiro.

Era lì mentre lo tenevano sott'acqua, mille aghi ghiacciati che gli bersagliavano la faccia e gli trafiggevano i polmoni.

Era lì mentre strisciava al suolo con un buco nel petto, il cuore che si sforzava allo stremo per posticipare l'ultimo battito e la scia rovente e insopportabile di piccole lame che si facevano strada nella sua carne, lacerando nervi e tessuti.

Like a Mirror - THE AVENGERSWhere stories live. Discover now