La grotta era buia, immersa in un caldo soffocante che gli rendeva difficile anche solo respirare. La puzza di sangue gli invadeva le narici, facendogli contrarre la gola per il bisogno di espellere la bile ormai arrivata in cima all'esofago. Il silenzio ovattato, tanto assoluto da annichilire la sua persona, i suoi ricordi, le sue speranze, serviva solo ad amplificare il suo terrore.
La mano gli corse per puro istinto al petto e fu con un grido soffocato che i suoi polpastrelli incontrarono una voragine, anziché il rassicurante Reattore Arc da cui dipendeva la sua vita.
Poi arrivarono le voci, risate roche, odore di morte, di sudore e poca pulizia, dita ruvide sul suo collo come tenaglie, cuore danneggiato che cercava di scappargli dal petto, nervi in fiamme per lo sforzo di liberarsi – e già sapeva che non ce l'avrebbe fatta, che avrebbe solo prolungato la sua agonia e il loro divertimento.
Poi era sotto acqua, a urlare mentre il gelo gli invadeva l'anima senza spegnere l'incendio dei suoi polmoni.
Poi era nel deserto, impegnato nello sforzo di mettere un piede dopo l'altro senza fermarsi, di costringersi a camminare per continuare a vivere.
Poi era dinanzi a Schmidt, gli occhi fissi sui bambini usati come ostaggi, troppo arrogante per fermare l'orrore.
Poi era con Rhodey, durante il suo compleanno quando stava per morire, armatura contro armatura, con l'alcol che gli inebriava i sensi e il dolore senza tamponare davvero la sua disperazione.
Poi era a terra, ai piedi dell'amico, circondato da cadaveri troppo piccoli, la bocca aperta in un urlo muto mentre risentiva mille volte quell'ultimo sparo.
E allora Rhodey lo guardò dritto in faccia, ed era Rhodey, era Loki, era Schmidt, era ognuno dei bambini.
"Non sei il protettore che credevi. Non hai il diritto di indossare l'armatura. Non sei degno di essere Iron Man. Piccolo patetico mortale senza cuore, che costruisce un'armatura per fingersi un eroe e riempire il buco che ha nel petto".
E l'acqua gelida tornò a invadergli i polmoni mentre gridava.
Si alzò a sedere di scatto con il cuore che gli rimbombava nelle orecchie e la bocca tanto secca che gli pareva di avere ingoiato chili di sabbia, come se fosse ancora in Afghanistan, in attesa del miracoloso salvataggio da parte di Rhodey; solo che questa volta non sarebbe arrivato nessuno, questa volta era solo, e poteva solo cadere e cadere ancora, senza possibilità di toccare il fondo.
Batté le palpebre.
Gli furono necessari minuti interi per rendersi conto che non era nel deserto, né in una grotta buia, con un lacerante dolore al torace intrecciato al terrore di sentire il primo, rudimentale Reattore Arc che gli veniva strappato dal petto. Quando riuscì a mettere a fuoco la realtà in cui si trovava – una stanza pulita e un po' spoglia, la luce del sole che trapelava dalle due finestre, il pavimento su cui aveva dormito, privo della minima traccia di polvere – si ritrovò a fissare un paio di familiari occhi verdi.
Trasse un respiro profondo, mentre ancora gli strascichi del sogno si diramavano lungo il suo corpo facendolo tremare. Sapeva di avere incisa sul volto la paura con cui si era risvegliato all'improvviso, di avere i capelli zuppi incollati al capo, di avere i polmoni che risucchiavano l'aria con un'avidità innaturale, mentre il grido che era riuscito a trattenere gli strozzava la gola; tutto nel suo aspetto era una prova di vulnerabilità, che di certo non poteva sfuggire al dio, eppure Loki non disse nulla. Lo stava guardando con un freddo interesse che lo faceva sentire un esperimento in una gabbia di vetro, ma non pareva minaccioso, né intenzionato a rivolgergli la parola.
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Like a Mirror - THE AVENGERS
Fiksi PenggemarIron Man è morto, Tony Stark è spezzato e Loki si ritrova al posto giusto nel momento giusto. Cosa faresti se trovassi il tuo nemico preferito muto e in catene? [FrostIron]