Capitolo 15: Just a drink

99 8 2
                                    


Capitolo 15: Just a drink

Non credeva di aver mai desiderato uccidere qualcuno con una simile intensità. Forse i suoi torturatori in Afghanistan, forse Vanko, forse quello stupido di Hammer quando si era reso conto di come la sua assurda smania di rivalsa avesse messo in pericolo Pepper. Ma adesso sentiva il bisogno viscerale di liberarsi dalle catene che gli segnavano i polsi per affondare le dita nella carne pulsante del dio e strapparne brandello dopo brandello, fino lasciarlo senza vita sul pavimento di quella casa sospesa nel nulla. Fino a cancellare nel sangue le immagini che quella violazione aveva risvegliato nella sua mente.

Perfino la mano troppo salda sulla propria gola era una percezione irrilevante dinanzi al rancore che gli bruciava il petto.

Mentre i polmoni cominciavano ad ardere per il bisogno di aria e il suo campo visivo diveniva una macchia sfocata sempre più scura, sfidò ancora la presa delle catene, dimenandosi per poter partecipare a una lotta in cui risultava già sconfitto in partenza; ma non importava, gli sarebbe bastato colpire Loki una volta, in pieno viso, ferirlo, restituirgli un minimo di quel dolore che il dio aveva risvegliato in lui riuscendo a straziarlo senza nemmeno lacerargli la pelle. Con uno scatto più istintivo che ragionato, caricò una ginocchiata, ma Loki la parò con una coscia dura quanto il marmo e un attimo più tardi delle nuove restrizioni si avvilupparono attorno alle sue caviglie, inchiodandolo alla parete.

Si dimenò ancora, nell'unica, insensata ribellione che gli rimaneva, animato da quella collera così gelida e soffocante da non pensare nemmeno più alle proprie colpe né ai propri imperdonabili errori; solo Loki esisteva nel suo campo visivo, nella sua mente, nelle sue percezioni, e il dio risultava unicamente un bersaglio, al punto che perfino le dita crudeli affondate nella propria gola con il potere di sfondarla perdevano qualsiasi minaccia.

Doveva ucciderlo, distruggerlo, straziarlo.

Ma senza armatura non aveva la forza necessaria a spezzare le catene che lo intrappolavano contro il muro, in un ammasso scomposto e ringhiante di rabbia impotente e guscio vuoto di ciò che un tempo era un uomo; poi la morsa che gli aveva occluso la trachea divenne un ostacolo insormontabile per il suo desiderio di rimanere cosciente per ribellarsi ancora, e tutto si spense in un velo nero.

§

Stark non si era mai ribellato così da quando lo aveva preso prigioniero.

Lo vide accasciarsi al muro, scivolando lentamente al suolo quando allentò le catene fino a permettergli di raggiungere il pavimento; ma respirava ancora, seppur incosciente.

Si sforzò di riprendere il controllo, sopendo quella rabbia folle e violenta che gli divorava il petto e sussurrava tentatrice alla sua mente parole di morte e sangue. Desiderava ancora ucciderlo per quei terribili istanti in cui era annegato nella sua coscienza, subendo gli sprazzi peggiori della sua vita come fosse lui stesso l'uomo con il petto squarciato e la bocca invasa dalla sabbia; e poco importava che fosse stato lui l'artefice di questa condivisione forzata di ricordi, il bisogno di annientare Stark risuonava ancora in ogni fibra del suo essere, facendogli fremere le dita, perché non poteva accettare l'esistenza di un misero mortale con le sue stesse ferite – un mortale che aveva visto gli orrori del vuoto e della vita e che forse ne era uscito più integro di lui.

Trasse un respiro profondo, ricacciando giù la bile che minacciava di invadergli la bocca con l'aspro sapore della propria debolezza. Non avrebbe dovuto perdere il controllo così.

Si soffermò sul volto del proprio prigioniero, teso anche mentre era incosciente, abbassando gli occhi poi sull'impronta delle proprie dita sul marchio non ancora sbiadito del collare.

Like a Mirror - THE AVENGERSWhere stories live. Discover now