57 - Ricordo

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«Tutto bene, mamma... Sì, stiamo per metterci a tavola.»

Stavo origliando la telefonata di Trey mentre apparecchiavo con il servizio di porcellana buono, quello che la mia famiglia tirava fuori nelle occasioni speciali.

E cosa c'era più speciale del Natale?

Avevo invitato Trey a passare le festività da me, d'altronde non potevo lasciarlo da solo, le cose non si erano ancora sistemate tra lui e i suoi genitori: il padre aveva eretto un muro invalicabile, allontanando ancora di più Trey, nonostante la signora Hanna avesse provato in tutti i modi a farlo ragionare. Persino Gwen era intervenuta a favore del fratello, ma i loro sforzi non erano serviti a niente.

«L'ho messo in conto, ormai...» continuò Trey e dopo qualche altro secondo aggiunse: «Certo che mi dispiace. Vorrei essere lì con voi, ma come potrei?»

Rimasi con un piatto a mezz'aria, le sue parole mi sferzavano l'udito e mi ricordavano quanto Trey fosse stato male i primi giorni, poi aveva capito che le cose stavano così e sarebbe dovuto essere forte per non aggravare ulteriormente la situazione e per non essere un peso per me, Rory e Lottie.

«Kevin, vieni a prendere il vassoio.»

Guardai Trey, sentendomi terribilmente in colpa. La storia si ripeteva: non avevo potuto aiutare in alcun modo Rory, adesso il mio fidanzato.

«Kevin?»

Non potevo vederlo in faccia (era seduto sul divano ed era visibile soltanto il suo capo che ondeggiava a destra e sinistra di tanto in tanto), però potevo cogliere la tristezza nella sua voce, sebbene tentasse di simulare. Chiuse la chiamata e si appoggiò contro lo schienale, il movimento del braccio mi fece intuire che si stesse rigirando il piercing bianco che gli avevo regalato mesi prima, poi una mano sulla spalla mi fece sobbalzare.

«Vai da lui» mi sorrise mia madre, un po' preoccupata. Sapeva quanto il mio stomaco fosse aggrovigliato, poiché mi ero confidato con lei, e sapeva che il mio unico desiderio era quello di restare vicino a Trey.

Annuii e lasciai i piatti sulla tavola; mi avvicinai a Trey e lo abbracciai da dietro, stampandogli un bacio sul padiglione dell'orecchio destro. «Hai salutato tutti?»

«Sì...» rispose. Spostò il volto in modo tale che le sue labbra furono sulla mia guancia e mi scoccò un bacio. «Ho persino fatto gli auguri a mio padre.»

«Davvero! Ma è fantastico!»

Tornò a guardare davanti a sé. «Sì...»

Scavalcai il divano e mi sedetti al suo fianco. Lo stritolai in un altro abbraccio, senza curarmi della presenza dei miei, e gli diedi un lungo bacio a stampo. Lui mi lasciò fare e si cullò contro il mio petto. «Le cose stanno cambiando» sussurrai. «Queste feste faranno capire a tuo padre che gli manca qualcosa, e che quel qualcosa sei tu.»

«Lo spero.»

Come rimanere impassibili di fronte a quel tono affranto? Racchiusi il suo volto tra le mani e appoggiai la fronte sulla sua. «Non ti permetto di essere triste a Natale.» Mi sorrise. «Non ti permetto di essere triste con me.»

Mi baciò ancora e mi lasciai trasportare dai sentimenti.

«Ragazzi, ci date una mano?»

Trey si allontanò, imbarazzato da mia madre dietro di noi che ci aveva beccato nelle smancerie, le lentiggini spiccarono e io ebbi l'impulso di baciarlo ancora. Mi limitai a dare una risposta positiva e a inebriarmi del profumo di Trey, nell'attesa di poter fare mie quelle labbra saporite.

Ci mettemmo a tavola poco dopo, la mamma aveva preparato ancora più cibo del normale. Dovevo aspettarmelo: se nella quotidianità cucinava per dieci, in una festività il tutto bastava per un esercito. Figurarsi se c'era persino un ospite.

Come Guardare il SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora