59 - Gara

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«Alla prossima gira a destra.»

Annuii all'ordine di Kevin e inclinai il corpo, la moto mi seguì e, con lei, anche Kevin. Imboccammo una strada poco trafficata, una scorciatoia, a detta sua, per arrivare prima a quella che doveva essere la mia sorpresa di compleanno.

Kevin mi avvolse di nuovo con entrambe le braccia, il cellulare premuto contro lo stomaco in modo tale da non permettermi di vedere la destinazione. Stavo fremendo all'idea di quale potesse essere il mio regalo, nessuno aveva mai fatto nulla di speciale per me.

«Sono contento che il tuo capo ti abbia lasciato il giorno libero» urlò Kevin per sovrastare il rimbombo del motore, «e che l'abbia fatto anche il mio, altrimenti avrebbero rovinato la mia perfetta organizzazione.»

Sorrisi.

Dopo le vacanze di Natale, avevo cercato un lavoretto per non vivere a scrocco da Kevin e gli altri, e avevo trovato impiego come fattorino part-time per una piccola pasticceria. Il lavoro non era molto, non mi occupava nemmeno così tanto tempo, ma mi dava il denaro necessario per essere un minimo dipendente. Poco a poco stavo acquisendo l'autonomia che tanto avrei voluto.

Kevin controllò di nuovo il telefono e mi avvisò di continuare per quella strada. «Non manca molto» aggiunse.

«E non mi dici dove stiamo andando?»

«A-ah! Bocca cucita.»

Provai a guardarmi attorno alla ricerca di indizi, però non conoscevo la zona. Forse mi stava portando in qualche bellissimo parco naturale, oppure... No, non avevo alcuna idea.

Kevin era un tipo piuttosto tranquillo, non aveva molte pretese; il luogo più strano in cui mi aveva portato era stato un ristorante a tema, dove ogni mese veniva proposta una corrente artistica diversa e, quella volta, era stato il periodo di Picasso, persino il bicchiere era storto e assemblato in maniera eccentrica.

Mi resi conto di avere tantissimi bei ricordi di quei mesi con Kevin, tutti i suoi tentativi di sollevarmi di morale, ma anche tutto ciò che era successo prima che litigassi con mio padre.

Che non mi ha nemmeno fatto gli auguri, sospirai e immaginai che ci sarebbe voluto altro tempo. Kevin aveva avuto torto nel dire che sarebbe bastato un Natale non passato in famiglia. Ormai era febbraio, quanto altro avrei dovuto aspettare? Non gli parlavo da quando ero fuggito di casa, neppure per telefono, non sapevo più come reagire.

«La nostra destinazione è a duecento metri!» esclamò Kevin.

Mi risvegliai dai pensieri e feci attenzione agli edifici, ma l'unica cosa che vidi fu un autodromo in fondo alla strada. «Mi hai portato a vedere una gara?» domandai emozionato.

«Molto meglio di così.»


* * *


«Cosa?» Mi tremavano le gambe, non riuscivo nemmeno a tenere il casco sotto il braccio. «Partecipare a una gara? Io?»

«Non è fantastico?» Kevin mi strinse le spalle e mi guardò negli occhi.

Fantastico. Se l'agitazione mi avesse dato tregua, forse lo sarebbe anche stato. Kevin conosceva la mia passione per le moto e che non avevo mai potuto gareggiare perché mi era vietato, però non avevo neanche mai creduto che sarebbe accaduto sul serio. Sembrava solo il sogno di un ragazzo, una stupidaggine irraggiungibile. Adesso che ce l'avevo a portata di mano, non ero più sicuro di volerlo fare.

«Trey, è il tuo sogno.» Rafforzò la presa. «Sbaglio, o mi hai sempre ripetuto quanto andare in moto ti faccia sentire vivo?»

«Non so se sono in grado...»

Come Guardare il SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora