60 - Presentare

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Camminavo con Warren mano nella mano, nel cuore della notte, in quelle vie illuminate a giorno. Nonostante l'ora tarda, faceva un caldo immenso, nemmeno un filo d'aria mi solleticava la pelle lasciata in gran parte scoperta e, sebbene avessi il palmo sudato, non lasciai mai la presa con quello di Warren, altrettanto umidiccio.

«Mi domando perché, da quando mi ci hai portato a San Valentino, abbiamo preso a frequentare questo maledetto quartiere quasi ogni settimana» disse sbuffando e calciò un sassolino per strada.

«Forse perché ti è piaciuto?»

«Piaciuto... sì, come no. Davvero una goduria vedere tutta questa carne maschile e feromoni che puzzano all'inverosimile. Dov'è una bella donna, quando serve?»

Scoppiai a ridere e allungai il passo con un saltello, mi parai di fronte a lui e mi indicai da capo a piedi. «Questa bellezza non basta?»

L'espressione di Warren diventò lasciva e mi afferrò saldamente per la vita, facendomi indietreggiare fino a un muretto contro il quale mi sbatté. «Diciamo che ti manca qualche curva» soffiò sulle mie labbra piene di lucidalabbra.

Warren sarebbe rimasto sempre il solito, vecchio etero pieno di virilità. Il discorso era stato abbastanza chiaro e confuso nello stesso tempo: sarei stato l'unico uomo della sua vita, non c'era attrazione verso nessun altro corpo maschile.

Era un'esclusiva tra me e lui.

Non potevo che ritenermi speciale, non potevo che ritenerlo amore. E amore doveva esserlo, perché erano passati quasi nove mesi da quando ci eravamo fidanzati, ed erano stati i più belli della mia intera esistenza. Non erano mancati i bisticci, ma neppure le carezze, le attenzioni, le sicurezze che solo Warren era in grado di offrirmi.

Speravo seriamente in una vita accanto a lui.

Se avessi creduto che pregare servisse a qualcosa, allora avrei pregato di non separarci mai.

Gli schioccai un bacio e infilai le dita tra i passanti della cintura dei suoi jeans, traendolo a me. «Non ti servono le curve» continuai a provocarlo e spinsi il bacino sul suo. «Hai già tutto quello che ti serve per divertirti proprio davanti a te. Tra le tue braccia. Schiacciato al tuo corpo.»

Warren scrollò il capo, ormai non lo sconvolgevano più i miei doppi sensi, poi mi leccò la guancia e arrivò all'orecchio. Stava giocando con me usando le mie stesse armi.

«Non ti vergogni qui, davanti a tutti?» chiesi con voce arrochita.

«Dovrei vergognarmi?» Si guardò attorno. «Alla nostra destra abbiamo una coppia di quarantenni che stanno per staccarsi la lingua a morsi; alla nostra sinistra un locale di spogliarellisti. Mi pare di essermi immedesimato bene nella parte del finocchio nel quartiere dei finocchi.»

Risi ancora e ribattei: «La parte del finocchio è quella che ti riesce meglio.»

Warren infilò una mano al di sotto della mia maglietta, la sollevò fino a mostrare gli addominali accennati e vi passò le dita. Mi fissò per una manciata di secondi per poi gettarsi sulle mie labbra, e io accolsi lieto quel bacio, che continuò fino a quando non ci esplosero i polmoni.

Sghignazzò, quando si allontanò da me, e mi rimise in ordine i vestiti.

Sfregai le labbra tra loro, consumando il sapore di Warren che era rimasto sopra, e in quel modo si tolse anche parte del lucidalabbra.

La musica di un locale non troppo lontano si propagò nell'aria, potevo sentir vibrare le ossa attraverso il muro sul quale ero appoggiato.

«Cos'hai deciso per il tuo compleanno?» domandai di getto.

Come Guardare il SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora