9 - Speciale

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Entrai in casa trascinando i piedi. Quella giornata era talmente afosa che il viaggio in metro e in pullman era stato un'agonia; ero umidiccio e sudato, ma finalmente potevo lanciarmi sul letto e riposarmi. Non avrei fatto altro, non avevo voglia di studiare, mi sarei attaccato al computer e avrei perso l'intero pomeriggio nel guardare qualche telefilm.

«Ciao, tesoro» mi salutò mia madre non appena sentì chiudere la porta.

«Ciao, mamma.»

«Tutto bene in università?»

La solita domanda di rito.

Non ero il ragazzo che raccontava alla madre tutto ciò che gli accadeva, non ero come Kevin che passava le ore al telefono con la sua a discutere di ogni cosa. A ben pensarci, mia madre non era neanche a conoscenza di chi fosse Kevin, glielo avevo accennato un paio di volte, quando mi vedeva a testa bassa sul cellulare e mi domandava con chi stavo ridendo. Lo stesso valeva per Warren, Stephan e Malory.

«Ho preso un sacco di appunti, come al solito... Ah, domani entriamo due ore dopo.»

«Ti devi arrangiare da solo per la sveglia, domani lavoro» mi ricordò e io annuii. Mia madre faceva la commessa in un supermercato, non c'era un giorno in cui avesse lo stesso orario di quello precedente, ma non era un gran problema, eravamo abituati.

«Riuscirò a svegliarmi» feci una piccola risata e mi diressi al bagno.

Passai quattro ore nella nullafacenza, avrei studiato qualche pagina in più l'indomani, quello mi convinse a rimanere in panciolle per tutto il pomeriggio. Scambiai anche alcuni messaggi con Kevin durante la sua pausa in sartoria, poi con Malory. Era dolce il sorriso che compariva ogni qual volta il cellulare squillava e lo schermo si illuminava, mi piaceva trascorrere le mie giornate con lei, non potevo negarlo, e la trovavo anche una ragazza molto bella.

Mi sdraiai sul letto, osservando lo schermo del telefono, e attesi che mi arrivasse l'ennesima risposta.

Forse dovrei chiederle di uscire.

Pensai alle parole di Kevin: non mi aveva forse detto che sembravamo una coppia? Magari potevamo davvero diventarlo.

Arrossii fino alla punta delle orecchie. Non avevo mai avuto una fidanzata, mai nessuna si era interessata a me in quel modo, il mio carattere non mi aveva permesso di avvicinarmi a nessuno e io non avevo mai cambiato le cose. Ma adesso era completamente diverso, stava fiorendo il vero me, così come desideravo, perciò potevo essere pronto a compiere un passo in più.

Proprio quando iniziai a digitare sulla tastiera la fatidica domanda di uscire per un appuntamento, la porta della camera si spalancò e si affacciò mio padre.

«Ciao, Trey.»

«Ciao, papà.»

«Sto andando in oratorio, vuoi venire con me?»

Esitai per un breve istante. Ricordavo ancora quando ero costretto ad andarci, restando per tutto il tempo in disparte sull'altalena, senza amici, senza nemmeno un compagno di giochi per almeno un paio d'ore. Mio padre spariva nella cappella sotterranea a fare le prove per il coro, oppure era impegnato con il catechismo. Era da qualche anno che non ci andavo più, ma lui insisteva nel propormi di seguirlo.

Invece di rispondere, mi limitai a sbuffare. La sua faccia cambiò repentinamente e disse: «Potresti passare un po' di tempo con tuo padre e aiutarmi con i bambini del catechismo.»

Avevo toccato un tasto dolente, guai a chi si azzardava a criticare il suo operato in chiesa, ma io non ero affatto un ragazzo di chiesa. Non me ne fregavo del tutto, ma avevo scelto un'altra strada.

Come Guardare il SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora