7. Rosso

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BLAISE

Mi guardo allo specchio della mia cabina armadio, mentre cerco di annodare la cravatta meglio che posso. Il mio viso è angosciato, furioso anche, ma dovrò cercare di mostrare il solito sorriso rassicurante quando sarò alla festa. Per illudere tutti quelli che mi sono intorno.

Il completo blu scuro mi calza a pennello; la giacca evidenzia i miei muscoli contratti e la camicia bianca si intravede leggermente sotto di essa. Ho trovato questo completo sul mio letto, quando sono tornato dagli allenamenti, e non ho potuto far altro che indossarlo senza dire una parola in contrario.

Questa mattina, appena ho messo piede al campo per gli allenamenti, Chris è corso verso di me come una furia. Dalla sua espressione avevo pensato che fosse successo qualcosa di grave, invece doveva solo spiegarmi che questa sera stessa avremmo dovuto partecipare ad una cena con tutta la squadra ed altrettanta gente ricca e sofisticata.

Avevo sperato che fosse uno scherzo di Chris per buona parte del tempo in cui aveva parlato, per poi rendermi conto, con mio profondo dispiacere, che non lo era affatto.

La cosa che odio di più di queste stupide feste sono quelle persone dai visi splendenti, completamente a proprio agio in un posto pieno di sanguisughe, che vogliono soltanto accaparrarsi una foto con te o semplicemente farsi vedere in tua compagnia.

L'ultima volta che ci sono stato ho pensato più e più volte di voler fuggire, ma era un'idea da eliminare all'istante, visto che fuori dal posto che ospitava la festa c'era un'orda di giornalisti già pronti con le macchinette e con articoli di gossip che potevano rovinare la vita a chiunque.

Scendo le scale svogliatamente, una ad una, talmente piano da riuscire a contarle. Sul fondo di esse incontro il volto di mio padre, così simile al mio da farmi quasi stare male. Le braccia incrociate al petto e la sua solita espressione dura ad incorniciargli il viso.

«Cos'hai fatto ai capelli?» chiede, osservandoli sconvolto. «Dovresti aggiustarli con un po' di gel.»

Sbuffo sonoramente e lo sorpasso senza degnarlo di uno sguardo. L'ultima cosa che vorrei fare in questo momento è stare a sentire i suoi commenti senza senso sui miei capelli.

«Mi piacciono così.» mi limito a rispondere.

Mio padre mi afferra la spalla, facendomi arretrare leggermente. «Così ci fai sembrare dei poveracci!»

Mi volto verso di lui, fissando i miei occhi scuri nei suoi. Questi occhi che sono l'unica cosa che ho di diverso da lui, che sono gli stessi di mia madre; così scuri da far quasi paura, così scuri da mettere in soggezione chiunque.

Quando mia madre, da piccolo, mi guardava con quegli occhi così scuri e minacciosi, mi faceva così paura che fuggivo in camera mia e mi rintanavo sotto il mio letto. Poi, con il passare degli anni, ho capito che mia madre non mi spaventava affatto e che era troppo buona per essere vera. Io, però, un po' di paura con questi occhi la faccio.

«Penso di avere almeno il diritto di scegliere come tenere i miei capelli.» sputo, fin troppo acido.

Sta per rispondermi in modo poco carino, visto che stringe forte i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, ma mia madre lo precede facendolo bloccare sul posto.

«Tanner è ora di andare.» sibila, afferrando la sua spalla e trascinandolo verso la porta. «Blaise, tesoro, sei sempre impeccabile.» dice poi, rivolgendosi a me.

I capelli neri le ricadono leggeri dietro le spalle, in grandi boccoli scuri, ed il suo fisico, non più asciutto come un tempo, è fasciato da un abito nero molto elegante.

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