BLAISE
Quando arriviamo davanti casa, tutti i ricordi mi colpiscono in faccia come uno schiaffo, e non posso evitarlo. Mi tornano in mente tutte le notti passate a soffocare, senza chiudere occhio, mentre pensavo che stavo sprecando anni preziosi della mia vita.
E quando pensavo queste cose mi sentivo un ingrato, perché avevo tutto, ho tutto. La realtà è che sono un privilegiato, ho potuto scegliere e potrò sempre scegliere. Per questo non mi pento nemmeno per un attimo di aver inseguito i miei sogni, a costo di perdere la mia famiglia. Però non posso fare a meno di stare male al solo pensiero di perdere una parte di me, un pezzo del mio cuore; le persone che mi hanno cresciuto.
Per questo non posso fare a meno di pensare ad Eira, a come abbia fatto a sopravvivere così, senza i suoi genitori. La verità è che tutti ne abbiamo bisogno, la famiglia è la roccia alla quale puoi aggrapparti ogni volta che stai per affogare, ogni volta che hai un problema. Sono gli unici che ti proteggeranno sempre, anche a costo di perdere tutto.
In quel momento mi rendo conto di essermi bloccato, di essere rimasto fermo sul sedile, come se fossi legato. Così mi risveglio dal mio torpore, e mi volto verso Eira; ha le mani strette in grembo e guarda dritto davanti a sé.
Davanti al grande portone in legno di casa mia, c'è mia madre. Il suo viso è un misto di emozioni e non riesco a capire se sia felice di vedermi o il contrario. Ormai sono settimane che non ci vediamo ed è strano essere di nuovo qui.
«Forse dovremmo andare.» dico, prima di slacciarmi la cintura di sicurezza e aprire lo sportello dell'auto.
«Sì, certo...» mormora Eira, prima di seguirmi. Sembra spaventata, come se fossimo in un film dell'orrore, e la capisco. L'ho trascinata qui e so che non sarà bello.
Quando raggiungiamo mia madre, i suoi occhi sono già fissi sulla ragazza al mio fianco, come se fosse l'ultima persona che si aspettasse di vedere al mondo. Capisco la sua reazione visto che non le mai presentato nessuna, ne ha viste tante in quelle foto sui giornali, ma loro non avevano niente a che fare con me.
«Mamma, lei è Eira.» dico, cercando di mantenere un tono di voce calmo. «Eira, lei è mia madre, Miranda.»
«È un piacere fare la sua conoscenza, signora Walker.»
«Il piacere è tutto mio.» risponde prontamente mia madre. «Puoi chiamarmi Miranda.»
Eira annuisce, mentre mia madre si avvicina alla mia guancia e ci stampa sopra un bacio. «Bentornato.»
Abbozzo un sorriso, prima di entrare in casa mia, con le gambe che tremano. Non so nemmeno perché la mia reazione sia così esagerata, ma mio padre mi ha sempre fatto paura. Ho sempre fatto ciò che mi diceva di fare, senza oppormi, ed ora mi sembra di impazzire.
Mi ricordo il nostro rapporto quando ero solo un bambino e lo vedevo come un mito, come la persona che avrei voluto essere da grande. Poi tutto è cambiato; sono cambiato io ed è cambiato lui e tutto si è spezzato. Ho perso ogni certezza.
Mio padre è seduto sul divano che sorseggia un bicchiere di quello che penso sia whiskey, e si volta appena sente i nostri passi farsi più vicini. I suoi occhi si fissano prima di me, poi su Eira e sembrano non volersi più schiodare. Ha uno sguardo truce, di quelli che farebbero paura a chiunque.
«Non dovresti bere, Tanner.» lo rimprovera mia madre.
«Pensavo saresti venuto da solo.» dice invece mio padre, evitando completamente ciò che gli è stato detto.
«Hai pensato male.» rispondo acido.
«Sei la ragazza del giornale, una delle tante oserei dire.» si rivolge alla mia ragazza con quel tono che mi fa saltare i nervi, così le afferro la mano con un gesto automatico, come per proteggerla.
«È la mia ragazza e si chiama Eira. Non rivolgerti a lei come se fosse una persona qualunque, non provarci.»
Mio padre posa il bicchiere sul tavolino in vetro del salone, e si alza in piedi. Sembra dimagrito e più anziano di quanto non sia, tanto che stento a riconoscerlo. È sempre stato un uomo forte e possente, e non ha mai dimostrato un anno in più rispetto a quelli che aveva davvero. «Forse dovremmo rimandare questa conversazione ad un'altra volta, quando saremo soli.»
«Qualunque cosa tu debba dirmi, puoi dirla davanti a lei.»
«Rimandiamo.» continua imperterrito.
«Tesoro, dovreste parlarne ora.» cerca di convincerlo mia madre. Eira, invece, non dice una parola da quando siamo entrati in casa.
«No, c'è tempo!»
Quando dice queste parole vedo il viso di mia madre cambiare drasticamente espressione, i suoi occhi diventano lucidi e spenti, e inizia a mordersi le labbra per trattenere ciò che sta provando. In questo istante capisco che c'è qualcosa di grande, qualcosa di veramente grande che non mi stanno dicendo.
Lascio immediatamente la mano di Eira, e mi avvicino a mia madre, posandole una mano sulla spalla. «Che succede?» chiedo preoccupato.
«È colpa tua, Blaise. Ecco cosa fai a tua madre!» grida quello che dovrebbe essere mio padre senza nessun freno. «Vattene via!»
In quel momento vedo crollare la donna più forte che conosca fra le mie braccia, le lacrime le rigano il viso, e cadono sulle mie mani. Il suo corpo trema, senza riuscire a fermarsi, ed io mi sento impotente e colpevole.
Le parole di mio padre mi rimbombano nella testa come un mantra, le orecchie iniziano a fischiare e mi ritrovo fuori da quella casa così in fretta da non essermene nemmeno accorto. Poso le mani sul parabrezza della macchina e cerco di respirare, di tornare sulla terra, di concentrarmi sulle mani di Eira che mi accarezzano la schiena.
«Non è colpa tua, non è colpa tua, Blaise.» continua a ripetermi il mio fiocco di neve. «Non è colpa tua.»
Quando il cuore smette di battere all'impazzata e l'aria torna a riempiermi i polmoni, cerco di rimettere insieme i pezzi, di capire cosa sia appena successo dentro quella che dovrebbe essere casa mia.
Ho la testa piena di pensieri e immagini che si susseguono confuse, tanto da non darmi tregua.
«C'è qualcosa che non mi stanno dicendo...» mormoro più a me stesso che ad Eira.
«Torna dentro da solo e parla con loro, almeno ti daranno una ragione per il loro comportamento.» mi suggerisce.
«Non oggi.» dico soltanto, prima di allontanarmi da Eira, ed entrare nella mia auto.
Lei mi segue subito dal lato del passeggero, e restiamo in silenzio durante tutto il tragitto fino a casa sua. Quando arriviamo, spengo l'auto e rimango per un attimo ad aspettare che lei mi dica di restare. Perché da Eira ho sempre bisogno di conferme, ho sempre paura di sbagliare qualcosa, di correre troppo e rovinare tutto.
Dopo qualche secondo di silenzio di troppo, si limita a dire: «Andiamo?»
Ed è bastata una sola parola pronunciata da lei per farmi dimenticare almeno in parte di quello che è successo stasera.
Le tengo la mano per tutto il tempo, fino a che non deve aprire la porta di casa, e mi sorride per farmelo capire.
Se il giorno in cui ho conosciuto Eira avessi saputo che mi sarei innamorato perdutamente di lei e che la mia vita sarebbe cambiata completamente, non ci avrei mai creduto. Invece è successo, e ancora non mi sembra vero.
Quando sono sul letto con lei, a scambiarci baci, penso a come quelle labbra siano diventate per me come ossigeno. Penso a come lei sia per me come una boccata di aria fresca, e a come mi senta subito meglio quando mi è vicina.
In questo momento sto bene. Fra le sue braccia, a darci baci che sembrano non finire mai. E mi basta questo. Mi basta questo, e penso di essere di nuovo un adolescente alla prima cotta, che muore per un bacio e impazzisce per una carezza.
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Oltre i limiti
Chick-LitEira Stone potrebbe sembrare una ragazza come tutte le altre, ma non è così. Lei è albina, e la sua adolescenza è stata tutt'altro che facile. Con sua madre sempre lontana senza una vera giustificazione, suo padre sparito nel nulla fin dalla sua nas...