"Questa è la razza degli eroi, dei capi e dei fondatori delle nazioni, i quali dalla stupidità dei volghi si stimano saliti tant'alto per proprio valore; e sono cieche ruote dell'oriuolo."
Ugo Foscolo dai "Sepolcri"***
I muscoli tiravano e dolevano ad ogni falcata e poteva sentire distintamente l'aria umida entrare e uscire frenetica dai polmoni.
Superò il portone del castello con un ulteriore sforzo, trovandosi davanti al nulla più buio della notte.
Non sentiva il freddo, ne l'aria che le si insidiava avida tra le maglie dei vestiti. Lo sciabordare lento delle acque del lago era solo un eco in lontananza e alzando gli occhi al cielo si sentì invadere dalla grandezza del cosmo. La potenza del tempo che permeava ogni cosa, costantemente, quel tempo crudele e tanto prezioso che le era stato tolto, che l'aveva attesa immobile fino a quel momento, per giorni, anni. E ora la trovava sotto la sua volta, in cui scorreva libero, trapassando stelle e pianeti fino a quel piccolo agglomerato di materia che era la Terra. Che andava avanti, sempre avanti, senza fermarsi mai, senza svanire; attento osservatore delle vite passate comodamente su di lei. Che la stava vedendo crollare, ancora.
Perché il mondo poteva andare avanti ma il suo si era fermato qualche ora prima.
Gli ingranaggi si erano bloccati, incriccati su se stessi e lei non sapeva dove trovare la forza di reagire. Perché sarebbe stato un altro "ancora".
Le sue poche certezze erano andate in frantumi e questa volta non aveva appigli per stare a galla. Era sola, sotto l'universo.Avrebbe dovuto dare sostegno ad Harry, a Silente, al Ministero. Ma chi avrebbe aiutato lei? Le stelle forse? I pianeti che la guardavano da lassù? E come?
Suo figlio stava per essere buttato definitivamente nell'occhio del ciclone. Era il prescelto, il sopravvissuto, il vincitore del torneo, alcuni lo davano per pazzo, altri gli credevano e riponevano in lui tutta la loro fiducia. In qualsivoglia modo aveva tutti i fari puntati addosso.
Un ragazzo di quattordici anni.
Un bambino.
Il suo bambino; che aveva sempre immaginato giocare a un parco giochi e andare in bicicletta, con cui avrebbe voluto parlare di materie scolastiche, amici e prime cotte. E invece si trovava a leggere articoli assurdi su di lui sulle prime pagine dei giornali. Le loro conversazioni erano spesso influenzate dalla guerra, quella passata e soprattutto, ormai era certa, quella futura. Il suo cuore di madre, invece che avere preoccupazioni quali i voti o le marachelle adolescenziali, doveva sopportare il pensiero e l'angoscia costante di poter vedere suo figlio in pericolo di vita da un momento all'altro.
Non c'è nulla di peggio per una madre del vedere la vita del proprio figlio in pericolo. Nulla al mondo.
Quel pensiero la faceva rabbrividire.
Scosse la testa per scacciarlo.
Sono i figli che seppelliscono i genitori. Non il contrario. Non è giusto, non è nell'ordine naturale delle cose.
Aveva sempre sognato un po' di normalità, ma evidentemente, il fato si sentiva creativo.
E quindi ora era lì nel mezzo della notte, davanti al cancello di Hogwarts. Sola.
Con lo sguardo al buio della foresta, in attesa.
Impaurita da chi avrebbe potuto veder comparire nell'oscurità; o peggio, non veder comparire.
Perché con ogni probabilità in quel preciso istante Severus si era già presentato al cospetto dell'Oscuro signore, ma con un ritardo di due ore buone nessuno avrebbe saputo dire cosa sarebbe successo.Guardò la torre con lo studio di Silente. Chissà se anche lui aveva paura. Se temeva quanto lei per la vita di un suo insegnante. Probabilmente no.
Purtroppo.
Eppure ne era cosciente.
Del rischio che gli faceva correre.
Della difficoltà di quello che aveva chiesto ad entrambi. Del sacrificio.
Per chissà cosa in realtà.
Non lo sapevano nemmeno loro.
"Tenerlo informato". Fine.
Era stato ciò che gli aveva detto.
Peccato solo che per tenerlo informato ora Severus fosse nel covo del male.
Di fronte al mago più crudele di tutti i tempi.
Ma dopotutto Silente agiva per il bene superiore. E allora gli uomini non erano altro che miseri e fallibili strumenti messi al suo servizio.
Così, dallo spazio sicuro del castello, quell'uomo tirava le fila di tante vite.
Troppe.
Un peso che bisognava sopportare, sicuramente.
Ma anche un compito da onorare.
E Silente era un essere umano.
Anche se a volte lo dimenticava.La cancellata era ruvida e fredda sotto le sue dita. Il tempo scorreva lento tanto che i minuti parevano ore. E lei pensava. Aveva la mente piena di quei pensieri rumorosi e chiassosi che inibivano i sensi e che stordivano pian piano.
Lily sembrava non avere idea di come liberarsene, in realtà non sapeva nemmeno se fosse giusto farlo. Dopotutto se le invadevano la mente con quella prepotenza un motivo ci doveva pur essere. E allora tanto valeva lasciarsi conquistare.
Chissà che tutto quel rumore pacato non la portasse da qualche parte.
Che non l'aiutasse a salvarsi.
L'aveva già fatto una volta.
Poteva farlo ancora.
Quella confusione in testa che tutto d'un tratto spariva lasciando davanti a se la soluzione. Chiara.
Quasi cristallina.
La stessa che l'aveva già salvata tredici anni prima.
La stessa che l'avrebbe salvata ora.
Doveva solo crederci.
Non è forse l'amore in ogni sua forma il sentimento più forte che esiste? E allora perché non provare ancora?Forse perché avrebbe dovuto guardarsi dentro e accettare qualcosa che riguarda noi stessi è la cosa più faticosa che si possa fare. Ma non si smette mai. È un processo continuo e infinito; e lei era nell'occhio del suo ciclone personale. Abbandonata su una cancellata fredda e scrostata, in una notte piena di stelle.
Proprio lì, con lo sguardo perso nel riflesso plumbeo del lago, Lily ritrovò la sua stella, accesa. Come sempre.
Quel braciere speranzoso che la invitava sempre più spesso ad avvicinarsi a lui. Ad alimentare il fuoco, trasformare il tepore in un incendio sconfinato e lasciar bruciare tutto.
Quella notte, inconsapevolmente, mosse il primo passo verso quell'ardore indefesso, che l'attendeva alla fine del tempo.Uno schiocco seguito da un fruscio la fece alzare si scatto ponendosi di fronte al buio tra i cancelli. Il fiato mozzato. Sorrise.
Non aveva bisogno di vedere per sapere chi fosse comparso a pochi metri da lei.
Una figura ammantata avanzò di qualche passo a capo chino verso le lanterne all'ingresso.
Lily si lanciò verso l'uomo stringendolo a se e soffocando nella sua veste quei singhiozzi che le facevano bruciare la gola ogni secondo di più.
-Lily- fu poco più di un sussurro stanco. Lei annuí con la testa affondando sempre più nell'incavo tra il collo e la spalla -è tornato.-
La voce si ruppe su quelle parole. Due braccia delicate l'avvolsero stringendola con un leggero tremore. Lei si alzò sulle punte dei piedi, avvicinandosi al viso del suo interlocutore.
-Lo so Severus. Lo so.-Sì. L'amore l'avrebbe salvata.
Ancora.Buon mercoledì a tutti!
Che bello poterlo dire. Mi era dannatamente mancato pubblicare. Come state? Tutto bene? Spero di sì. Io sto studiando per gli esami ma almeno posso organizzarmi lo studio per conto mio e ritagliarmi del tempo per altre cose.
Come vi è sembrata la citazione all'inizio? Vi piace come idea? Fatemelo sapere e preparatevi perché il prossimo capitolo sarà molto tenero!
Detto questo vi saluto e vi auguro buona giornata! Lasciate una stellina se vi è piaciuto il capitolo e un commentino per dirmi cosa ne pensate! Un bacio a tutti!
Daisy
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Under the light of a silent star - SNILY
FanfictionLa famiglia di Harry è stata uccisa da Voldemort e lui è rimasto solo. Ma se non fosse davvero così? Se qualcuno si fosse salvato? Tredici anni dopo l'attacco a Godric's Hollow una donna dai rossi capelli e gli occhi smeraldo dovrà affrontare altre...