20. Vecchi incontri

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Rimango immobile davanti alla finestra aperta, continuo a fare respiri profondi e cerco di capire tutto quello che è appena successo. Guardo il cielo scuro, libero la mente e sospiro nuovamente. Intorno a me l'assoluto silenzio e l'oscurità. Mi sento sconfitta dalla vita. Dopo non so quanto tempo, a mio parere un eternità, vado verso il mio letto e mi distendo e cado in un sonno profondo.

Apro lentamente gli occhi, la sveglia risuona incessantemente nella stanza e contro voglia mi alzo dal letto e mi preparo per un nuovo giorno di scuola. Dopo aver fatto colazione ed essermi vestita, saluto i miei genitori ed esco di casa. Vado verso scuola a piedi per riflettere. Guardo il mondo fuori, volti sereni noto sulle facce delle persone che ho intorno. Molto speso però, sono solo maschere che ognuno ha e indossa nei momenti di bisogno, oppure nei peggiori dei casi, sempre. Ognuno di noi soffre, e una cosa dalla quale non si può scappare, la sofferenza infondo ci rende vivi è solo che anche io credo di meritare un po' di felicità ma soprattutto serenità o no? Non ho più le forze.
Le gambe vanno da sole, decido senza pensare di non andare a scuola prendo la metropolitana e vado da lui.
Scendo velocemente alla mia fermata e arrivo nel luogo che ho cercato di evitare in questi mesi. Entro nel cimitero e vado verso Louis mi siedo accanto a gambe incrociate e rimango in silenzio per qualche secondo
"Mi manchi" dico piano, appoggiando dei fiori che ho comprato prima di entrare. "Sono successe tante cose da quando non ci sei" continuo.
"Mi mancano le nostre chiacchierate fino a tardi dove parlavamo di qualsiasi cosa senza mai giudicare l'altro, tra di noi mai nessun pregiudizio. Mi mancano le serate in riva al mare noi due, la luna e le stelle. Il tuo profumo che mi invade le narici. Mi dispiace che le cose siano andate cosi, e mi sento un po' responsabile. Ho sbagliato ha credere in noi come una coppia cercando di auto convincermi che Dylan non fosse nulla, mi sbagliavo. Ti vorrei qui accanto per poter avere una spalla su cui piangere. Qui è tutto una merda non ho nessuno, sono sola non voglio aprirmi con gli altri, non mi serve né pena né compassione voglio solamente sfogarmi." Una lacrima mi solca il viso, mi interrompo e guardo la sua foto sopra la lapide. Ha un volto sorridente, spensierato come un normale ragazzo della sua età. Non si può morire così con ancora tutta la vita davanti per uno stupido incidente. "Non mi manchi solo nei momenti del bisogno, ma sempre vorrei poterti raccontare anche le cose più banali e semplici che mi succedono, e vorrei poter ascoltare i tuoi racconti delle avventure più bizzarre che hai vissuto che facevi sembrare così assurde, complesse e impossibili che accadono solo nei film."dico piano accarezzando la sua foto. "Ciao" sento una voce da dietro, mi volto di scatto e noto che è sua madre, una donna sulla cinquantina, capelli neri ed occhi spenti. La saluto a mia volta e si siede accanto a me.
Rimaniamo in silenzio per un po', uno di quei silenzi non imbarazzanti ma voluti. "Non ti ho mai vista qui dopo la sua morte" dice.
"Non ho avuto il coraggio di venire"dico abbassando lo sguardo.
"Tranquilla, non voglio giudicarti ognuno ha i suoi tempi per metabolizzare le cose, ti capisco" dice.
"Mi dispiace per tutto" dico guardandola. "Non devi dispiaceri tesoro" dice guardandomi.
"Continua a vivere, vivi a pieno ogni singolo giorno, ne sarebbe felice voleva solo il meglio per te" continua poi "Giorno dopo giorno va sempre peggio ho perso tutti i miei punti di riferimento" dico "passerà tutto vedrai, il dolore prima o poi svanirà".
Dylan:
Cammino senza meta per le strade di questo mondo. Cammino, ma dov'è che vado? Voglio lei qui al mio fianco. "Cazzo!" Dico dando un calcio a un bidone. La notte mi avvolge, la pioggia fa scivolare tutti i miei pensieri. Torno a casa verso le quattro di notte distrutto mentalmente e fisicamente. Vado nello studio di mio padre, devo iniziare a cercare qualcosa che mi posso aiutare.
Entro piano nella stanza e vado verso la scrivania e apro tutti i cassetti e inizio a frugare nella speranza di trovare qualcosa di utile, trovo una foto una  di una bambina,Amanda, insieme a mio  padre, giro la foto e leggo una data 16-03-2003. Noto che ce ne sono altre tutte con date diverse. Dietro ce sempre il solito sfondo una parete scura sul marroncino, una libreria e un quadro. E se fosse li Amanda? In quella stanza?
Faccio una foto con il cellulare a una delle foto e velocemente esco dallo studio e torno i camera mia. E cado in un sonno profondo.

"Ma dove vai" dico ricorrendola
"Dai femminuccia, non ce la fai per caso??" Dice con tono di sfida
"Stai sfidando Dylan white eh?"
"Ohh puoi dirlo forte!" Dice ridendo.
Continuo a seguirla fino a quando non si ferma "Arrivati" dice. Siamo nel Hallet Nature Sanctuary di New York.
"Ti piace?" Mi chiede.
"Ogni posto è bellissimo se ci sei tu" dico avvicinandomi a lei e poi unisco le sue labbra alle mie le nostre lingue si intrecciano e tutto sembra così perfetto. Ci stacchiamo e la prendo per mano e iniziamo a passeggiare per il parco. "Ho paura che tutto questo possa finire" dice piano.
"Perché pensi questo?" Le chiedo.
"Non lo so ho uno strano presentimento, non so spiegarti" dice.
"Goditi il presente il futuro si vedrà" le dico abbracciandola. Anche io ho paura ma non posso farli vedere le mie debolezze. Mi stringe forte. Andiamo verso una piccola casetta ed entriamo e travolti dalla passione lo facciamo.
Ma questa volta era diverso era come se fosse un addio e lo è stato.
"Ti amo" dico sussurando.
"Ti amo" dice facendo unire le nostre labbra.

Mi sveglio di soprassalto era lei,
Chanel. Non riesco a rivivere certi ricordi. Mi corrodono dentro.

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