Capitolo 8 - parte 2

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«Siamo bloccati qui dentro. Dobbiamo trovare il modo di uscire da soli, e in fretta».

La ragazza manteneva un tono calmo, anche se dentro di sé era terrorizzata. Aveva ragione Michael: il generatore sarebbe dovuto entrare in funzione immediatamente per garantire il mantenimento del flusso d'aria forzata, ma per qualche motivo non stava funzionando. Sarebbero rimasti senza aria in breve tempo. Al solo pensiero le si gelò il sangue nelle vene.

«Proverò a bypassare il pannello dei comandi, per forzare l'apertura delle porte. Ellie, fammi luce con il lìtis. Ryan, alzati e dammi una mano. Dobbiamo sbrigarci». Il moro si mise ad armeggiare con la pulsantiera dell'elevatore, mentre gli altri due obbedivano alle sue richieste.
Dovettero arrendersi dopo numerosi tentativi: era impossibile forzarlo senza una fonte di energia.

L'aria cominciava a surriscaldarsi. Urgeva una soluzione. Michael notò che le pareti laterali dell'abitacolo erano saldate tra loro, a differenza del pavimento e del tetto. Con l'aiuto di Ryan - il brunetto si allenava regolarmente e aveva un perfetto fisico da sollevatore di pesi, sogno erotico di molte signorine e oggetto di invidia da parte di parecchi ragazzi -, il moro si arrampicò fino al soffitto. Estrasse dalla tasca il proprio, inseparabile cacciavite multiuso e cominciò ad allentare alcune viti. Il pannello si allentò e si scostò parzialmente, ma qualcosa ne frenava l'apertura e l'attrezzatura di cui era in possesso era inadatta a risolvere il problema.

«Almeno abbiamo un ricambio d'aria», commentò Ellie, percependo una lieve ma apprezzabile diminuzione della temperatura.

«Già, ma non possiamo comunque restare qui. Nessuno si è accorto di noi, avete visto quanto era deserto il piano terra. Se pensate che qualcuno verrà a liberarci in breve tempo, vi sbagliate di grosso. Dobbiamo forzare questo maledetto tetto», rispose Michael a denti stretti, mentre tentava scardinare il pannello con la forza.

«Lascia stare, provo io». Ryan aiutò l'amico a scendere; con un salto si appese al piccolo spiraglio, si sollevò sui bicipiti e poggiò i gomiti sul piano.
Scosse ripetutamente il pesante quadrilatero, mettendoci tutto l'impegno possibile. Le vene delle braccia e del collo si gonfiarono, la pelle diventò rossa, la fronte si imperlò di sudore.

La scomoda posizione impedì a Ryan di scaricare lo sforzo del lavoro sulle gambe; dovette far leva sulla schiena, che cominciò a fargli male. Il ragazzo ignorò il dolore e continuò a forzare il pannello. Sembrava inamovibile.
Dopo l'ennesima spinta il giovane, ormai esausto, perse l'equilibrio. Si aggrappò ai bordi del piano, ma il movimento inconsueto fece cedere i cardini. Ryan cadde rovinosamente, trascinando con sé il tetto che si incastrò tra le pareti laterali.

«Ti sei fatto male?» Ellie sgranò gli occhi, una nota di panico nella voce. Si precipitò a soccorrere l'amico. Aveva gridato quando si era accorta del pericolo, proteggendosi la testa con le braccia e rannicchiandosi in un angolo. Si era messa istintivamente in salvo, e solo al termine del frastuono aveva sollevato il viso e visto il ragazzo a terra, supino, il volto contratto in una smorfia di dolore.

«Che domanda stupida, è ovvio che si sia fatto male! Ce la fai ad alzarti?» sbottò Michael, già inginocchiato accanto al collega.
Lui non si era nascosto come una mammoletta, anzi; al primo accenno di cedimento era scattato in avanti, aveva afferrato il tetto e contrapposto il proprio peso a quello della pesante lastra, per ammortizzare l'impatto. I palmi delle mani gli dolevano, ma l'intervento era stato utile e aveva evitato che uno spigolo colpisse Ryan.

Esaminò la figura dell'amico. Se avesse avuto qualcosa di rotto sarebbe stato difficile tirarlo fuori da lì senza un aiuto esterno. Avrebbero dovuto attendere i soccorsi per chissà quanto tempo, e le sue condizioni sarebbero senza dubbio peggiorate.

Kÿrîon [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora