Capitolo 9 - parte 1

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«Allora?» chiese Ryan, chiudendosi la porta alle spalle. Il Signor Vane gli aveva ordinato di stare a riposo assoluto per dieci giorni, a causa delle diverse contusioni riscontrate al check up, ed Ellie si era offerta di accompagnarlo al suo alloggio.

«Allora cosa? Hai sentito cosa ha detto il tecnico, non devi fare sforzi».

La ragazza lanciò un'occhiataccia alla stanza dell'amico, storcendo il naso. Un forte odore di chiuso, misto a un olezzo non identificabile, investì le sue narici; c'erano vestiti ovunque, avanzi di cibo sul letto, globi* di acqua vuoti sparsi in ogni dove; era la tipica camera di un maschio.

«Da quanto non dai una pulita a questo posto?» chiosò, disgustata.

«Ora non cominciare con la solita predica», rispose lui alzando gli occhi al cielo, «basta spostare tutto in un angolo e ci si sta comodi».

Fece per inchinarsi a raccogliere un camice – più che un camice sembrava uno straccio, da quanto era lercio –, ma dovette bloccarsi al primo accenno di dolore alla schiena.

«Lascia, faccio io», borbottò Ellie, avvicinandosi svelta al letto e gettando tutto nel cestino senza riguardi.

Raggiunse la vetrata e comandò il ricambio d'aria, sfiorando con movimenti precisi la liscia superficie. Questa vibrò appena, si modificò e lasciò spazio a un'ampia apertura quadrata.
La ragazza inspirò a fondo la fresca aria proveniente dall'esterno, una leggera brezza a muoverle i capelli.

Gli eventi della giornata l'avevano stancata, vuotata di ogni emozione. Il blackout, il litigo con Michael, l'omicidio. Era troppo da digerire in così breve tempo. Sospirò, osservando il riflesso degli astri che illuminava il profilo della foresta.

«Non hai risposto alla mia domanda». La voce di Ryan riportò Ellie alla realtà. La giovane sobbalzò, colta alla sprovvista.

«Scusa, ma... quale domanda?» Diede le spalle alla finestra e scosse la testa, confusa.

«Quella cosa che hai raccolto da terra, cos'era?»

«Ahhh, si!» Ellie batté una mano sulla fronte e si affrettò a estrarre il piccolo dispositivo da una tasca. «Pensando che fosse una pietra l'ho calciato via. Si è illuminato come un lìtis, ma quando l'ho raccolto ho notato che è più pesante e non risponde ai comandi aptici».

Si sedette accanto a Ryan, nel frattempo sdraiatosi sul letto, e gli porse l'apparecchio. Il ragazzo lo studiò con attenzione, lo osservò da diverse angolature e cercò di imporgli alcuni comandi.

«Dev'essere rotto, non indica nemmeno il nome del proprietario. Portiamolo al Centro Revisioni, sapranno sicuramente che farne». Cominciò a rigirarselo tra le dita, con noncuranza.

«Preferirei che lo studiassimo noi. E se fosse dell'assassino, perso magari nella fuga? Magari ha registrato qualche prova!»

Ryan scoppiò a ridere. «La follia di Michael ti ha contagiata, per caso? Hai visto quanta gente c'era, potrebbe essere di chiunque!» Lanciò il dispositivo. Questo andò a sbattere sulla porta e cadde a terra, la flebile luce a illuminarlo come descritto da Ellie. Il ragazzo ammutolì, lo stupore a dipingergli il viso.

«LO VEDI?» strillò lei, vittoriosa, mentre si fiondava a recuperare l'oggetto. «Non è rotto, sei un idiota!»

«Per stavolta devo ammettere che hai ragione», borbottò Ryan. Si sollevò e osservò il bagliore sempre più lieve, fino a scomparire. «Fa anche qualcos'altro?»

«Non ne ho la più pallida idea. Sarebbe il momento giusto per parlarne con Michael, se non fosse così coglione». Ellie scosse la testa. «Chissà cos'ha scoperto sul robot...»

Kÿrîon [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora