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Il giorno dopo ero già a scuola, mi annoiavo troppo a stare a casa e dell'ospedale non se ne parlava neanche. Papà aveva ovviamente protestato, ma io ero riuscita a convincerlo grazie a Banner che dopo avermi "visitata" aveva dichiarato che ero in forze e pronta per riprendere la mia routine quotidiana.

Non appena entrai nell'edificio mi ritrovai un gruppo di studenti ad aspettarmi. Avevano tutti in mano i loro cellulari mentre mi scattavano foto o facevano video. "Ma che cazzo?" Sbottai mentre si avvicinavano tutti. Parlavano contemporaneamente, riuscivo a distinguere qualche voce chiedermi come stessi o perché fossi rimasta in ospedale per così tanto tempo. Altri mi chiedevano di seguirli su Instagram e di fargli un autografo.

"Renata!" Patrick mi raggiunse e mi osservò con occhi sognanti. "Siamo tutti così felici che tu sia tornata! Abbiamo provato ad entrare nell'ospedale, ma c'era sempre qualcuno che c'è lo impediva." Fece un sorriso sforzato.

"Meno male." Sussurrai e lui mi guardò confuso. "Senti, io vorrei arrivare al mio armadietto senza ehm." Guardai il gruppo. "Né foto né interviste."

"Oh certo, certo." Annuì e sorrisi grata che avesse capito. "Possiamo accompagnarti noi se vuoi."

Mi schiaffeggiai la fronte. "Non era quello che intendevo, Patrick." Borbottai. "Ragazzi, capisco voi vogliate foto e cose, ma ho seriamente bisogno di raggiungere il mio armadietto... da sola, è tanto se vi chiedo un po' di spazio?" Non sapevo seriamente come gestire la cosa, insomma, non volevo essere una completa stronza con quelle persone che non avevano fatto niente di male se non amarmi.

"Lasciatela stare!" Urlò una ragazza. "È un essere umano pure lei!"

"Anche tu sei qui!" Le rispose un ragazzo. "Non le stiamo facendo niente!"

Ed è così che partì una disputa, mi mancavano i tempi della vecchia Civil War, alla fine papà e Steve non si erano parlati per qualche mesetto prima di tornare amici, questo era decisamente mille volte meglio. Sospirai osservando il tutto annoiata, non avrei neanche provato ad entrare nella massa, sarei potuta finire a terra in un secondo.

"Renata!" Una voce urlò da fuori la cerchia, allungai il collo cercando di capire chi fosse, poi vidi Peter addentrarsi tra la mischia fino a raggiungermi. "Eccomi." Mi abbracciò di scatto non appena mi vide, il giorno prima mi aveva accompagnata a casa e avevamo passato la serata insieme.

"Stanno diventando pesanti." Mormorai al suo orecchio, poi gli lasciai un bacio sulla guancia. "Meno male che ci sei tu." Sorrisi quando sentii la sua mano stringere la mia. "Ora dobbiamo solo trovare il modo di uscire." ridacchiai e lui sbuffò.

"Ok, ho un piano." avvolse il suo braccio destro a me e iniziammo a camminare verso la banda di fan che stavano facendo a lotte, usò l'altro braccio per farci largo tra la folla, mi tenne tutto il tempo stretta a sé in modo da non essere "colpita". Spintonammo un po' di gente per poi poter finalmente uscire.

"Questa la devo aggiungere tra le cose più pericolose fatte nella mia vita." ridacchiai riprendendo a camminare verso il mio armadietto, per fortuna non era così distante da lì e potevo andare poi tranquillamente in aula sperando che non mi assaltassero di nuovo.

"Quali sono le altre?" ridacchiò lui e alzai le spalle prendendo i miei libri e lasciando lo zaino.

"Aver combattuto Dottor Destino, aver mangiato due vaschette intere di gelato in un giorno e molto altro." gli feci l'occhiolino, chiusi l'armadietto e sospirai. "Sai che questa è la mia ultima settimana qui, vero?"

"Lo so." annuì tristemente. "Per questo voglio passare l'ultima settimana di scuola con la mia ragazza." mi abbracciò e sorrisi intenerita.

"Meglio per te." scherzai. Lo presi per mano e iniziammo a camminare verso la nostra classe di matematica. "Non oso immaginare come spieghi Bruce, probabilmente partirà a parlarmi della fisica quantistica." alzai gli occhi al cielo. "Preferisco mille volte questa scuola."

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