Undicesimo giorno

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La ragazza si sveglia con il timore che quella vicinanza al romano sarà solo la prima di una lunga serie, teme di danneggiare la sua famiglia e la sua patria per quanto entrambe siano per lei dei concetti fumosi ed evanescenti.  Sopratutto da quando Circe e Marzia le hanno aperto gli occhi sul mondo oscuro e feroce in cui vivono, non c'è alcun onore o gloria da guadagnare davanti al nulla della morte.Si riveste immaginando che anche oggi rischia di sembrare innamorata di un uomo che non potrà mai avere accanto nella sua vita, non ci vuole pensare a cosa potrebbe succedere se voci del genere cominciassero a circolare a Roma e poi a Cartagine.

Va nella sala da pranzo e  guardando gli sguardi carichi di rabbia e avidi di gloria di suo fratello e del padre di Scipione nota una flebile sfumatura di soddisfazione; ora sa che le trattative sono proprio fallite miseramente e che le tengono in vita per fare fesso e contento la povera gente di Roma e Cartagine.  Gli sguardi di Circe e Marzia sono  pieni di malizia e guardano la giovane cartaginese e il loro cugino alternativamente. Le due ragazze romane sembrano  suggerire che loro sanno già cosa le passa per la  testa.  Diventa tutta rossa al solo pensiero di essersi scoperta in quel modo davanti a tutti, ma non sa come contenere le malelingue in una città  straniera e nemica come Roma; perché non alcun potere per evitare che le voci girano come farebbe a Cartagena o in via diretta a Cartagine.

Si siede accanto a loro che discutono di cosa fare o meno, non li vuole ascoltare ma dai loro discorsi sembra proprio che siano arrivate nuove richieste di armi ai fabbri militari in tutti i domini di Roma, non lo sa con certezza ma sospetta che lo stesso stia succedendo anche nei domini cartaginesi. Guarda rattristata suo fratello Asdrubale che è tutto contento della piega che stanno avendo gli eventi, per lui una cosa del genere significa gloria e potere. Una cosa che desidera da tantissimi anni e ora è a portata di mano. Lui è il più contento di tutti e non gli importa nulla della situazione intorno a lui.

« Ragazze cosa facciamo oggi?»

« Andiamo al fiume con alcune amiche a guardare le esercitazioni militari, tanto ci viene anche Scipione che ne prenderà parte»

Il quartetto va verso le rive del fiume Tevere, Sofonisba vede un enorme accampamento  dove i cittadini vengono inquadrati e messi in dei gruppi d'allenamento in base all'età. I più vecchi sono lì pronti a criticare il modo di fare dei più giovani e dimenticandosi che anche loro erano così un tempo.

Le donne si mettono sulla riva opposta a quella dell'accampamento per guardare con fare annoiato gli uomini fingere di fare la guerra, Sofonisba non si capacita di una simile "popolarità" delle esercitazioni militari. Nel suo paese di solito tali cose le fanno i mercenari e per giunta lontano dai centri abitati. Mentre qui sono vicinissimi alle mura della città di Roma  come se volessero rimarcare i loro essere cittadini sul loro essere soldati. Il terzetto rimane lì ad assistere mentre la gente va e viene per compiere le normali faccende della vita. Rimangono lì fino all'ora di pranzo. Gli uomini non ci sono e loro cominciano a parlare del più del meno liberalmente, mentre i servi le servono vino addolcito dal miele e lepre arrosto insaporito da erbe aromatiche.

« Avete mai avuto pensieri indecorosi verso dei ragazzi mia cara cartaginese?» Chiede maliziosa Circe.

Sofonisba diventa del tutto paonazza, l'imbarazzo è palese in lei che non sa come trovare una via d'uscita da una domanda così scomoda senza parlare del suo soggiorno romano. Spera che inventarsi una menzogna improponibile la salvi dal disastro più completo, ma non è sicura di riuscirci.

« Per un giovane stalliere delle mie stalle a Cartagena, ma scoprii in seguito che amava essere l'amante di vecchie bavose e danarose»

« Interessante», sentenzia Marzia con una parola che suona profondamente strana.

Sofonisba sente che le due sorelle non vogliono sapere tanto del passato ma del presente, lei cercando d'evitare ciò rischia di confermare i loro sospetti. I loro sguardi sono volutamente maliziosi e indagatori come se volessero entrare nella testa della loro conoscente punica e vedere se hanno ragione.

« Siete stata molto vaga sullo stalliere, dateci qualche notizia su di lui»

La ragazza va nel panico, non sa che pesci prendere, perché non crede che dopo gli chiederanno solo dello stalliere.
« Lui è un iberico molto alto, tanto che a Cartagena è l'unico che tocca, con la punta dei capelli, il soffitto delle case. Ha sempre avuto delle fanciulle attorno a causa dei suoi occhi grigio-azzuri» prende fiato per continuare « C'incontrammo una volta perché dovevo prendere un cavallo purosangue per una parata per festeggiare le vittorie di Annibale e in quel momento desiderai essere sua»

« Un racconto un po' scarso, ma può andare per ora», sentenzia poco soddisfatta Marzia.

Le sorelle vanno nella loro camera e Sofonisba nella sua. La ragazza pensa a come lei stessa non è soddisfatta del suo racconto. Lo trova scarno e poco convincente come narrazione, sa che un giorno le chiederanno molto di più e non sa cosa dirle senza cadere nell'imbarazzo più assoluto. Si mette a fissare il soffitto in cerca d'ispirazione, ma no le viene nulla in mente. Si dispera per ciò e batte i pugni sul muro.

Dopo un po' di tempo arrivano le due ragazze con Cornelia che le fanno cenno di venire con loro.

« Dove volete andare ragazze»?
« Andiamo a una rappresentazione di buffoni da strada, ogni tanto bisogna ridere di chi ci governa. Anche perché  certe volte sembrano degli  emeriti imbecili quando decidono»

Il quartetto ritorna in città, le vie sono  affollate di gente che vuole vedere gli attori comici deridere i potenti di turno, almeno per dimenticare l'amarezza della vita. Le ragazze si mettono ben lontane dal palco improvvisato a causa del raggruppamento di persone che hanno saltato il pranzo per vederli. Sofonisba li guarda ma non la fanno ridere per niente con il loro spettacolo esplicito di venticello e altre volgarità simili. Rimangono li per ore e se ne ritornano a casa verso il tramonto.
Le aspetta una polenta di farro, gli sguardi dei commensali sono spenti ed esausti, nessuno si guarda negli occhi e si mangia in maniera avida senza assaporare il cibo.

Dopo cena se ne vanno a dormire senza salutarsi.

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