Tredicesimo Giorno

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Sofonisba si sveglia rilassata dopo giorni di tensione. Non era così tranquilla dai tempi in cui aveva affittato la barca per andare a Roma. Scende e trova in sala solo Scipione e le sue cugine, i suoi fratelli sono già in cammino verso la città. Sul tavolo trova delle frittelle di farro con della strana roba rossa e del latte addolcito con il miele. Le assaggia timorosa dei gusti strani dei romani in fatto di cucina.
« Vi trovo calma visto l'andazzo di questi giorni. Purtroppo non posso farvi compagnia perché oggi arrivano i miei precettori di retorica e filosofia. Mi scuso per la cosa», dice contritio Scipione.
« Va bene, vorrei dire che io e le vostre cugine andremo in giro per Roma», rassicura Sofonisba

Scipione non ama stare con quelle vecchie mummie dei suoi maestri per imparare come si inganna il popolo ignorante e opportunista, lui si sente più adatto alla vita militare che a quella politica è soprattutto ritiene la società un fallimentare tentativo di far cooperare un gran numero di persone.
Tutte le ragazze vedendolo intuiscono che non ama rimanere lì, ma non possono aiutarlo e escono dalla sala. Il trio incamminnandosi viene sorpreso da un vento leggero ma deciso proveniente dal mare.

« Ormai l'autunno è alle porte, dovremo prendere delle tuniche più pesanti se vogliamo uscire», commenta a caldo Marzia.

Le tre donne arrivano in città, ma le guardie sono più sospettose e si è formata una lunga fila di persone e carri a causa delle loro perquisizioni e delle loro domande. Solo quando il sole ormai è alto il trio riesce a entrare in città.

« Sofonisba voi pensate quando i nostri paesi saranno in guerra e gran parte di tutti noi morirà prima di vederne la fine? Sappiamo tutte noi che i nostri parenti moriranno sul campo di battaglia o saranno deformati dalla guerra a tal punto da essere irriconoscibili», esclama Marzia

Sofonisba la guarda e sente tutta la tristezza e la disperazione della sua conoscente, avverte che loro due non condividono solo un tetto per il momento ma anche un destino. Loro non vedranno mai gli uomini che hanno amato di ritorno dalla guerra o li troveranno così cambiati da essere irriconoscibili sia nel corpo che soprattutto nella mente. Si guarda attorno e pensa di vedere solo dei cadaveri che camminano e si chiede se anche lei lo sia, il suo guarda si posa a vedere le sue mani e non sa se è pazzia o un allucinazione le vede grondanti di sangue. Istintivamente le mette dentro le maniche della tunica per la vergogna e solo quandosi ritrova in una strada meno affollata le ritrae fuori vedendole perfettamente intonse.

Tira un sospiro di sollievo al pensiero che era solo un'allucinazione, ma si chiede se quello che sta provando in questi giorni la sta facendo crollare la sua mente. Nota che le sue conoscenti non notano il suo turbamento o fanno finta di non notarlo e se ne compiace di ciò mentre camminano.

Entrano in una taverna dall'insegna divelta e vengono sommerse dal vapore di cottura della polenta di farro e dall'odore persistente di vino che sa di tappo, Sofonisba fa finta di niente e continua a pensare che sia tutto perfetto e del resto fanno la stessa cosa le sue due conoscenti. Le due si fermano a un tavolo, la ragazza si siede accanto a loro e arriva un grasso e bitorzoluto oste a chiedergli:« Cosa volete»?

« Del vino rosso e una grossa bistecca al sangue per me», dice sicura di se Sofonisba

« Anche per noi lo stesso grazie»

L'oste ritorna in cucina e le ragazze aspettano un po' il cuoco.

« Sofonisba vi devo chiedere quando penserete di baciare almeno mio cugino. Non avete ancora tanti giorni a disposizione», asserisce sottovoce Circe.

Sofonisba suda freddo e pensa a quelle poche volte che aveva avuto una tale possibilità, ma soprattutto è ormai una cosa dichiarata. Spera solo che non lo vengano a sapere i suoi parenti ma ormai è una speranza vana e futile dal suo punto di vista.

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