Capitolo 20

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La testa gli pulsava dolorosamente ed il cuore ancora gli batteva incontrollato nel petto. Nel silenzio della sua camera, interrotto solamente dai respiri lenti e calmi di due addormentati Harry e Louis, Liam non smetteva di rimuginare alle parole rivoltegli dall'amico poche ore prima. Non aveva ancora realizzato di aver scoperto le oscure verità sul passato di Zayn: si sentiva come se tutte le certezze gli fossero venute a mancare. Era come davanti ad un muro fatto di illusione e fantasia, che fino ad allora lo aveva protetto, nascondendogli la realtà troppo tremenda per la sua anima ingenua. E adesso, quell'insieme di mattoni tenuti insieme da un irrazionale cemento si stavano sgretolando velocemente, mettendolo davanti ad un mondo che prima d'ora gli era del tutto sconosciuto. Zayn Malik era un delinquente, un avanzo di galera, forse pronto a coinvolgere anche lui, come aveva fatto con Niall, in qualche losco giro. Se lo immaginava dietro le sbarre, con la testa tra le mani, a pentirsi di tutto ciò che aveva combinato. Sentiva sulla sua pelle lo stesso dolore che lui aveva provato sapendo di essere la causa del dolore di suo padre e a rigare il suo volto c'erano quelle lacrime amare, probabilmente le medesime, che racchiudevano la consapevolezza di aver sbagliato. Si, perché Liam sapeva di aver sbagliato. Aveva sbagliato nel credere che la causa principale del carattere scontroso e irascibile di Zayn fosse il contesto di falsità e cattiveria in cui si trovava ad operare. Aveva sbagliato nell'illudersi che dalla bocca di Louis fossero uscite parole diverse, frasi rassicuranti e amichevoli e non quella verità, che seppur tale, lo aveva ferito mortalmente. E continuava a pensare: ed ogni attimo che passava, al buio, diventava un grammo aggiunto al suo già pesantissimo fardello nel suo petto. L'unico modo per tornare a sentirsi leggeri e senza immaginazioni strane era piangere; in quel momento, alle due di notte, non trovava altra soluzione. Con il volto affondato nel cuscino, Liam singhiozzava come un neonato, talmente piano che lui stesso faticava a sentirsi. Aveva perso tutta la sensibilità: pensava di esser divenuto sordo, muto, cieco. E per un istante sperò persino di morire, di mettere la parola fine a quell'orrendo senso di vuoto e inettitudine. Volle addirittura che il cervello si spegnesse, che diventasse un vegetale, completamente dipendente da altri, che il cuore gli smettesse di fargli quel male così forte da voler gridare. Ma poi ci ripensò: ne valeva davvero la pena? Era così necessario rinunciare alle meraviglie che la vita offriva, anche in quelle situazioni? Sarebbe stato pronto a rifiutare in nome del dolore una delle cose più belle che gli fosse capitata: Zayn?. No, Liam nonostante piangesse come un bambino debole e fragile, era un ragazzo forte. E capì che nonostante tutto ciò in cui credeva, tutte le sicurezze ed i punti di appoggio fossero improvvisamente scomparsi, sapeva che davanti a lui si stava aprendo un oceano di occasioni. Tanto per cominciare avrebbe offerto a Zayn un dono che nessuno aveva mai pensato di mettergli a disposizione: la possibilità di cambiare e di capire che si può amare così tanto una persona da non volere nulla in cambio. Forse Liam ne aveva preso coscienza solo quando, pensandoci, arrivò alla conclusione che non sperava in un riconoscimento da parte di Zayn. Si sarebbe sforzato, avrebbe pianto altre mille volte, avrebbe sentito le sue sfuriate ed assistito ad i suoi cambi di umore, avrebbe preso tanti schiaffi morali. Ma non gliene importava più di tanto. Dopotutto, Liam, anche se ancora stentava a crederlo, amava Zayn. Si, non c'erano altre ragioni possibili per spiegare quelle sensazioni, quella voglia di stare al suo fianco, di proteggerlo, di battersi per lui. Non gli importavano molto le conseguenze, non gli importava nulla se non la sua felicità. Come un'illuminazione, Liam decise di volergli parlare. Era intenzionato a dirgli tutto quanto e che, nonostante tutto, non l'avrebbe abbandonato al suo destino. Così, senza far rumore, aprì per pochi secondi la piccola lampada da tavolo posata su un precario comodino, il tempo necessario per consultare l'orario sul suo orologio da polso. Erano appena le due e mezza. Non era tardi per Zayn: anzi, sarebbe stato più che certo di trovarlo al bar da Niall, a bere il suo solito Gin notturno. Si scostò le lenzuola di dosso, si alzò dal letto ed a tentoni iniziò a tastare la superficie del materasso per cercare una qualsiasi maglietta da mettere sul suo petto nudo. La trovò, la sua T-shirt fortunata, bianca, con il simbolo della pace, e la infilò senza far rumore. In altrettanto silenzio indossò le sue amate Converse e con il pantaloncino nero scattò in piedi, facendo cigolare le molle del letto. Sentì Louis mugolare: probabilmente aveva sentito il rumore prodotto da Liam quando si era alzato ed il ragazzo sperò con tutto se stesso che continuasse a dormire, così che non avrebbe criticato o commentato ciò che stava per fare. Piano, si diresse verso la porta e prima di aprirla, si asciugò dal volto le ultime lacrime che gli percorrevano i lineamenti troppo segnati dalla stanchezza e dal dispiacere. Uscì dalla camera, richiudendosi l'uscio alle spalle e si augurò che i fragori provenienti dall'esterno non avessero svegliato i suoi due amici. Stranamente, nel bordello era tutto molto tranquillo. Solo da alcune stanzette lungo il corridoio provenivano gemiti e turpiloqui, tipici di una prostituta con il suo cliente. Ma Liam non ci badò più di tanto: un po' perché ormai si ci era abituato, ed un po' perché aveva ben preciso in mente l'obbiettivo da raggiungere quella sera. Con il capo basso, evitando accuratamente gli schiamazzi maliziosi di vari gruppi di ragazzi andati lì per divertirsi, Liam arrivò al bancone dove lo accolse sorridente, come al solito, Niall Horan, intento a lavare bicchieri. La delusione fu bruciante quando non vide seduto su uno degli sgabelli Zayn. Così, con la voce roca per il pianto, chiese: "Niall, sai dov'è Zayn?". Il ragazzo non rispose immediatamente, ma si limitò a fissare con gli occhi ridotti a due fessure quelli di Liam, innaturalmente gonfi e circondati da profonde occhiaie scure. Il ragazzo abbassò la testa per non far accorgere all'altro di aver pianto come una fontana fino a pochi minuti prima. Ma era troppo tardi: Niall aveva capito che qualcosa non andava. "Ma è successo qualcosa?" chiese il biondo, scrutando attentamente il viso di Liam e lasciando momentaneamente il suo bicchiere sporco sulla superficie di legno del bancone. "No. Ti prego, dimmi solo dov'è Zayn" fece Liam , quasi supplicandolo e senza neppure aver il coraggio di affrontare gli occhi di ghiaccio di Niall. Non voleva guardarlo, era più forte di lui. E non tanto perché provava un profondo senso di vergogna, bensì perché stava immaginando lui insieme a Zayn, durante il processo che li condannò entrambi. Non sapeva come fosse stato coinvolto il ragazzo di fronte a lui, ma riusciva a sentire la sua voce dire menzogne per coprire il moro, vedere i suoi occhi distogliersi da quelli inquisitori di un giudice, toccare le spalle di Zayn per consolarlo dopo la sentenza a loro sfavore. E di nuovo, un pugno in pieno stomaco. Riecco tutti quei pensieri che avevano abbandonato la sua mente per qualche minuto tornare in superficie, inondare il suo cervello come un fiume in piena. Attese una risposta stringendo il pugno attorno alla stoffa dei suoi pantaloncini, mordendosi dolorosamente la lingua per non gridare a causa del dolore che quelle immagini riaffiorate in lui gli stavano causando. "Non lo so, mi dispiace" rispose Niall tranquillamente, come si farebbe con un malato mentale per assecondarlo. Liam sbuffò, sentendo nuovamente le lacrime raggiungergli il ciglio degli occhi scuri. "Se passa di qui, digli che lo sto cercando. Sono nella mia stanza, lui sa dov'è" concluse il ragazzo prima di voltarsi ed andarsene. Niall rimase a guardarlo, girato di spalle, con il capo basso ed un passo innaturalmente strascicato, come se non avesse più forza nelle gambe. Gli faceva pena. Gli sembrava un reietto, nella sua solitudine silenziosa, deluso anche se non lo dava a vedere. "Liam?" lo chiamò esitando. "Si?" rispose lui, bloccandosi ma senza voltarsi a guardarlo. Niall voleva chiedergli molte cose: il perché di quella domanda, come mai avesse pianto e quale fosse la causa del suo cattivo umore. Ma poi ci ripensò: dopotutto, non erano affari suoi. E "Niente. Vai in camera, dirò a Zayn di venire da te se dovesse passare di qui" disse, abbassando il capo. "Grazie. E digli di non bussare troppo forte: Harry e Louis stanno dormendo" gli fece Liam accennando un sorriso sforzatissimo e piegando leggermente il collo per scrutare il viso incuriosito del biondo. Quest'ultimo gli fece un cenno con il capo, a mo' di buona notte, e lo guardò svoltare l'angolo verso il corridoio fiocamente illuminato.

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