Capitolo 16

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Appena entrato nell'istituto Sacred Heart di Londra, ad Harry venne spontaneo socchiudere per un attimo gli occhi: abituato com'era alle luci soffuse del bordello quel candore così pulito gli sembrava una luce abbagliante.

In quel posto c'era odore di alcol e tra i rumori di passi di infermiere indaffarate si sentiva di tanto in tanto un colpo di tosse. Harry non temeva quel posto, nonostante i tipi che vi stavano dentro. Ogni volta che andava lì, osservava tutti i soggetti che vivevano nelle varie stanze. E, a dire il vero, quelli più che paura gli facevano una gran pena. Nei loro occhi leggeva la solitudine e gli sembrava persino che le loro bocche mute urlassero a gran voce tutti i motivi che li avevano spinti a fare uso di certe sostanze.

Arrivò al bancone della reception, dove c'era la solita signora paffuta e terribilmente loquace che riceveva le visite.

"Salve signora Grissworth" la salutò Harry con un sorriso cortese.

"Oh! Ciao caro! Questo mese sei venuto con diversi giorni di ritardo! Come mai? Impegnato con l'università, eh?" chiese lei con un enorme ghigno che le illuminò il volto rosso.

"Si, i corsi sono molto pesanti in questo semestre" mentì il ragazzo alzando gli occhi al cielo.

"Capisco. Ricordo che quando feci io il college c'erano certi periodi in cui i professori non ci lasciavano un attimo di tregua!" rispose la signora con aria sognante.

Si,certo, i professori, pensò Harry. La donna di fronte a lui non sapeva che se poteva andare dal parrucchiere tutte le settimane era grazie ai soldi che lui si guadagnava facendo la puttana in un bordello. Altro che università e professori.

"Eh, già. Sa se posso andare a salutare mia sorella?" tagliò corto, indicando con il dito il corridoio che conduceva nelle stanze dei degenti.

"Certo, certo. Lo psicologo è passato per un controllo poco fa e dovrebbe esser andato via. La strada la conosci, vai pure!"

"Grazie, signora Grissworth! Ci vediamo dopo"disse Harry voltandole le spalle. Percorse velocemente i metri che lo separavano da sua sorella, quando finalmente giunse davanti la sua stanza.

La vide di spalle, seduta a fissare con sguardo vago la finestra chiusa. La schiena leggermente incurvata coperta dal cotone bianco di una maglietta decisamente troppo larga per lei fu la prima cosa che Harry notò di sua sorella.

"Stai dritta con quella schiena! Sembri nostra nonna!" esclamò Harry in segno di saluto.

Gemma si voltò di scatto, guardandolo con il suo viso pallido e gli occhi cerchiati di nero. Gli fece un sorriso tirato, smorto.

"Ciao, Harry. Credevo che ti fossi dimenticato di me" disse lei alzandosi dalla sedia per abbracciare suo fratello.

"Come può un fratello dimenticare sua sorella?" fece Harry con un gran sorriso. Anche lei tentò di fare una smorfia che si avvicinasse ad un sorriso di felicità.

"Come stai?" chiese il ragazzo appena si staccò dall'abbraccio.

Lei alzò le spalle, con un sguardo di muta rassegnazione.

"Oh, a parte essere controllata ventitré ore al giorno, sto bene, grazie." Rispose Gemma risiedendosi nuovamente sulla sedia e guardando il fratello fare lo stesso sul letto bianco e pulito.

"E' normale che ti controllino, è il loro lavoro" costatò Harry con tranquillità.

"A proposito di lavoro, come va il tuo?" chiese la ragazza cortesemente.

"Non c'è male. Sempre le stesse cose: scopati quello, fatti scopare da quell'altro.." rispose Harry con naturalezza, come se stesse parlando degli ultimi prodotti che aveva acquistato in un supermercato.

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