18. Per il solo piacere di farlo /pt.2/

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Silenzio.

In quella casa aleggiava solo silenzio.

Così insolito e così inquietante.

Jimin e sua madre erano seduti sul divano presente in sala. Uno al polo opposto dell'altro.

Guardavano il vuoto, senza emettere alcun suono.

Si sentì il rumore di una serratura e la porta d'ingresso che si apriva per poi chiudersi, segno del ritorno del padre dal lavoro.

<Buongior...che é successo quì?> chiese appena fu entrato nella stanza.

Era abituato a sentire le urla della moglie contro i figli e, uno di questi ultimi, gridare di rimando.

Nessuno rispose alla domanda dell'uomo. Nessuno mosse nemmeno un muscolo.

<Dov'é Jihyun?> provò a domandare, ma quello che ebbe fu il suono vuoto del silenzio.

A sentire il nome del fratello, Jimin ebbe un piccolo spasmo appena percettibile, cosa che sfuggì a tutti.

La madre, invece, non riuscì a trattenere ancora le lacrime, così le lasciò cadere dai suoi occhi, evitando ogni fono.

<Cosa gli é successo? Voglio sapere.> disse disperato per poter ricevere una risposta.

<Jihyun sta dormendo, e lo fará per molto tempo, non si sa quanto. Tutto per...colpa mia.> parlò Jimin dopo lunghi minuti.

La veritá era che Jimin era un codardo. Un vile che si nascondeva dietro una faccia di bronzo senza sentimenti. Un vigliacco che voleva solo tornare indietro ed evitare tutto. Un fifone che, in quel momento, non sarebbe mai voluto essere al posto del fratello, non voleva trovarsi al suo posto in modo che soffrisse lui al posto suo. Un codardo che voleva solo non fosse mai successo nulla.

<Vado un attimo in bagno, devo...sciacquarmi la faccia.> il padre spezzò quel momento di quiete ricaduto, di nuovo, dopo la risposta di suo figlio. Del suo unico figlio presente.

Salì le scale e accostò la porta del bagno.

Secondi, minuti, ore interminabili. Tutti passati su quel chiaro divano, intorno ad un mutismo immane.

Ormai si era fatta sera e il corvino voleva soltanto rintanarsi in qualche altra stanza.

Entrare in camera sua significava rivedere tutta la scena di quel pomeriggio.

Risalì le scale e andò verso la porta della camera degli ospiti, ma vide uno spiraglio di luce passare dalla porta semi-chiusa del bagno.

<Papá.> lo chiamò Jimin, andando verso questo.

<Papá, va tutto ben-> non riuscì a finire la frase. Le parole gli morirono in gola.

Suo padre era ancora lì. Fermo, davanti allo specchio, con uno sgabello rovesciato a terra e una corda attorno al suo candido collo.

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