Capitolo 11

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L'appartamento di Ryan è un bilocale non molto grande. La cucina è aperta sul piccolo soggiorno, e da una porta intravedo un letto di una piazza e mezza. Le tapparelle sono abbassate per metà, il mobilio sembra da poco rinnovato, e un leggero odore di libri mi ricorda quelle librerie di paese che i genitori passano ai figli, generazione dopo generazione.

Lancio la scatola di metallo sul tavolo della cucina. Tintinna e scivola sulla superficie liscia, finché non sbatte contro a una disordinata pila di libri.

«Ci sei tu a capo di tutto questo?» gli chiedo, mentre faccio cenno con la testa alla confezione di pasticche.

«Anche se fosse?» risponde, accomodandosi su una delle quattro sedie posizionate intorno al tavolo. Approfitta dello schienale largo per appoggiarsi solo da una parte, e stendere il braccio sul resto della spalliera. Distende le gambe lunghe davanti a sé, e attende una mia reazione.

«Lascia fuori Alice da 'ste porcate.» Incrocio le braccia; mi sento infinitamente piccola, al centro della cucina, sotto il suo sguardo indagatore.

«È lei che le cerca, nessuno la obbliga» alza leggermente le mani, come a dichiararsi innocente. «E poi, ne devi parlare con Marco. È lui che ha in mano il giro, non io» confessa, stringendo la mandibola. Sembra scocciato, infastidito. Forse vorrebbe avere lui, in mano il giro? È questo che lo irrita?

Rimango perplessa di fronte alla sua dichiarazione, e la mia sicurezza vacilla. Mi zittisco, e lascio scivolare le braccia lungo i fianchi. Lui nota che sto abbassando la guardia, e ne approfitta per alzarsi e venire verso di me.

«Mi devi anche delle scuse» mormoro, quasi in un sussurro. Butto giù il groppo che mi si è formato in gola, sperando che le parole, la prossima volta, non mi escano tremanti dalle labbra. «E mi devi ridare il mio accendino» aggiungo svelta, aggrappandomi agli specchi. La mia voce è ancora debole.

«Oh, intendi questo?» estrae dalla tasca l'accendino, portando il suo corpo a una ventina di centimetri dal mio. Sono costretta ad alzare lo sguardo per vederlo in faccia.

Non contento, quando faccio per riprendermi l'accendino, lui stende il braccio ancora più in alto. Sto per alzarmi in punta di piedi, ma mi trattengo giusto prima di fare davvero la figura della bambina viziata.

«Andiamo, ti avevo già detto che il quindicenne lo devi fare lontano da me» affermo, mordicchiandomi le labbra dal nervosismo.

«Dici che è un comportamento da ragazzini, però ti piace» alza un angolo della bocca nel suo solito sorriso provocante.

«Cazzo, Ryan» perdo la pazienza, e finisco con il cercare di afferrare l'accendino che lui tiene ancora in alto sopra di me, quasi saltellando.

Nel farlo, gli vado addosso, e lui non esita un istante a mettermi il braccio dietro la schiena, riducendo pericolosamente la distanza tra di noi.

«Che fai?» mormoro, senza intonazione.

Lentamente, adagia il suo corpo al mio, sento la tonicità dei suoi muscoli sotto la maglietta leggera, il suo solito profumo mischiarsi al mio.

Si infila l'accendino in tasca, e con la mano che ora ha libera mi mette una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Non sono una delle tue amichette» gli dico, la voce spezzata. «Non sono venuta qui per soddisfare le tue voglie» ritento, visto che lui non fa che osservarmi.

L'azzurro dei suoi occhi sembra mescolarsi perfettamente con il blu dei miei, creando il perfetto mare in tempesta.

«Non sono un giocattolo» sussurro.

Il suo naso incontra il mio, e istintivamente le mie labbra si schiudono. Mi rendo conto di aver chiuso gli occhi, ma non ho proprio voglia di riaprirli, voglio solo continuare a sentire la sua presa forte e delicata allo stesso tempo, il suo profumo inebriante, le sue labbra che sfiorano le mie.

«Ryan, apri! Elena, sei ancora lì?» La voce di Thomas risuona ovattata da dietro la porta d'ingresso.

Dio, Thomas, impreco per qualche attimo dentro di me. Ryan si discosta di poco, solo per poter ricostruire una connessione tra i nostri sguardi.

«Il tuo fidanzatino ti sta cercando» mormora sottovoce, il tono provocante.

«Cos... Non è il mio fidanzato» sgrano gli occhi e scuoto la testa. Mi libero, controvoglia, dalle braccia forti di quel ragazzo che mi ha mandata in tilt, e vado alla porta. Mi blocco prima di aprire, mi rendo conto di avere il viso in fiamme, sento persino pulsare le guance.

«Thomas, aspettami giù, arrivo tra cinque minuti» affermo, sperando senta il mio tono sommesso dall'altro lato della porta.

«Non ti lascio sola, avanti fammi entrare» dice, continuando a bussare.

Ryan se la ride di gusto, con le mani in tasca, la maglia che gli cade fastidiosamente bene sul corpo magro, e i capelli sempre scompigliati che lasciano cadere qualche ciuffo sulla fronte. Lo osservo, strizzando gli occhi, minacciandolo in silenzio.

«Thomas, porca puttana, lasciami gestire la cosa e vattene» grido, forse con troppa aggressività.

Quando sento dei passi sfumare sulle scale, capisco che ha mollato la presa e se n'è andato.

Mi rigiro verso Ryan, appoggiando le mani sulla porta dietro di me.

«Ti sei affezionata al mio appartamento?» mi provoca lui.

«Il mio accendino, per favore.»

Cazzo, Elena, perché sei così testarda? si chiede una vocina dentro di me.

«Vieni a prendertelo» indica la tasca destra dei suoi pantaloni, una tuta Adidas nera, che gli cade perfettamente, come qualsiasi altra cosa gli abbia visto addosso in questi pochi giorni.

«Non trattarmi come una delle tante» dico, stupendo non solo Ryan, ma pure me stessa.

«Se fossi una delle tante non saresti nel mio appartamento» risponde lui, lasciandomi a bocca aperta. Passiamo i secondi successivi a perderci l'uno negli occhi dell'altra.

Non sono sicura di potermi fidare, devono essere parole orchestrate per portarmi a letto. Da un tipo così, che ti puoi aspettare?

Faccio per aprire la porta, quando noto che estrae di nuovo l'accendino dalla tasca.

«Ti facevo più forte di così» sbuffa una risata, e avanza verso di me facendo scattare la fiamma. «Tutte quelle arie da dura, e poi? Non sai nemmeno riprenderti ciò che è tuo.» Mi guarda, consapevole di aver toccato il tasto giusto per farmi reagire.

Prende il pacchetto di Marlboro, aperto sul tavolo, estrae una sigaretta e se la accende. Rimango come sempre incantata dai suoi movimenti, e mi mangio le mani per questo.

Dopo aver fatto un tiro, è di nuovo davanti a me, facendomi galoppare il cuore. "; eppure Ryan emana pericolo a non finire.

Nonostante tutto, non ho paura. Per la prima volta dopo tanto tempo, io non ho paura.

Subito dopo, la sua mano si appoggia sulla porta, più in alto rispetto alla mia testa. La sigaretta continua a bruciare tra il suo indice e il suo medio. Con l'altra mano, accompagna il mio corpo ad adagiarsi nuovamente al suo, premendo teneramente sulla mia schiena. I miei palmi finiscono inevitabilmente sul suo petto, e le nostre labbra si sfiorano ancora una volta.

Ryan sente il mio respiro farsi più pesante, e io mi mordo il labbro cercando di ritrovare un po' di controllo. In un attimo, la sua mano sale fino a posarsi sulla mia mascella, il suo pollice sulla base della guancia, il resto delle dita sul mio collo.

La forza del suo tocco mi fa sfuggire un gemito, ed è in quel momento che le sue labbra affondano nelle mie, in un bacio ricolmo di tutto ciò che ho sempre desiderato: un dolce pericolo, una passione bruciante, una tenera bramosia.

SOTTO LE PERSONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora