Le sue labbra sono irresistibili, vorrei aggrapparmi a lui con le braccia, ma non smette di tenermi le mani bloccate dietro di me. Più provo a muoverle, per spostarle, più lo sento sorridere tra un bacio e l'altro. Istintivamente, stringo le gambe al suo bacino, avvicinandolo ancora di più a me.
Soddisfatto della mia reazione, mi libera le mani, fa scivolare le sue dietro la mia schiena e mi tira giù la cerniera del vestito. Sta per alzarmi, ma il cellulare squilla ancora.
«Che cazzo» mormora, lasciandomi e prendendo il telefono. «Che cazzo vuoi?» risponde alla chiamata, scontroso. Sento la voce di Marco uscire ovattata dal cellulare, ma parla troppo in fretta e non capisco cosa dice. «Sei davvero un coglione» sbotta Ryan.
Rimango immobile, il respiro affannato, stringo i pugni per calmarmi. Per quanto stufa delle interruzioni di Marco, ne approfitto per analizzare tutto ciò che mi sta esplodendo nel petto.
Non è sbagliato. È normale, ed è giusto così. Non c'è niente di male.
La mia mente elabora un pensiero dopo l'altro, escono tutti dal calderone del mio passato, sconnessi, restrittivi, facendomi sentire – fastidiosamente – parecchio a disagio.
Dovrei dirglielo, penso, mentre Ryan mi volta le spalle, si allontana e si appoggia al muro con l'avambraccio.
«Cerca di non fare cazzate, non ho tempo di venire a pararti il culo» lo sento dire.
Mi ritiro su la cerniera del vestito, e faccio penzolare i piedi prima di scendere dal tavolo.
«Non posso ora» ammette Ryan, spostando lo sguardo su di me. Tiene il mento lievemente inclinato, le sopracciglia che si inarcano mentre mi fissa pensieroso, e io, imbarazzata, non so che fare. Capisco che "non può ora" a causa mia, e non so se esserne felice o meno.
Osservo la sua carnagione dai toni caldi, i muscoli tesi, il lupo disegnato sul suo petto.
Devo dirglielo.
Mette giù il telefono, e, dopo un sospiro, mi dice: «Scusa». La sua serietà e pacatezza mi fanno arrossire di colpo.
«Non ti preoccupare» mormoro, incrociando le braccia.
«Stai bene, piccola?»
«Sì, sì.»
«Che succede?» Mi raggiunge e mi ordina i capelli scompigliati dietro le orecchie.
«Io... credo che dovresti sapere...» il mio tono sfuma, la mia voce trema.
Cazzo, Elena, ma che ti succede? penso, sconvolta da quanto Ryan riesca a rendermi debole; una debolezza che riconosco essere buona, positiva, che mi consente di lasciarmi andare, di mostrarmi così come sono realmente.
Mi sto aprendo per la prima volta con qualcuno, realizzo, non poco preoccupata delle conseguenze.
«Lo so, non te ne devi preoccupare» non esita a dirmi.
«T-tu lo sai?»
«Sì» sorride, con una certa tenerezza.
«Dio mio, è imbarazzante» affermo, portandomi le mani sul viso. Mi copro gli occhi, arretro e trovo la sedia dove mi ero seduta poco prima. Mi abbandono su di essa, sperando non abbia capito a cosa mi riferisco.
«E, scusa, come faresti a saperlo?»
«Si vede.»
«Così non mi aiuti.» Evito i suoi occhi, sento le guance in fiamme e gli occhi inumidirsi.
«Basta che io ti sfiori, e ti vengono i brividi. Sei confusa, non capisci cosa provi. Non capisci cosa prova il tuo corpo. I tuoi movimenti sono istintivi, per nulla calcolati in modo da sedurmi» mi spiega, appoggiandosi al tavolo. Parla con calma, studiando le espressioni che cerco invano di nascondere.
Stranamente, le sue parole non mi feriscono. Mi è difficile parlarne, e da una parte anche accettarlo. Diciannove anni e zero esperienza.
Davvero imbarazzante.
«In realtà non sono vergine» borbotto, inspirando profondamente prima di proseguire, «ma non per scelta. Non ho mai avuto esperienze, perché quello che dovrebbe essere un gesto d'amore mi è stato imposto come un atto di violenza, quando avevo appena quattordici anni.»
Ryan mi ascolta in silenzio, continuando a osservarmi. Mi invita a proseguire con un piccolo cenno del capo, ma non c'è granché da dire, oltre a questo.
«Da allora non ho permesso a nessuno di toccarmi. Da qui gli attacchi di panico, da qui quello che ti ho accennato alla festa.» Quando alzo lo sguardo verso di lui, con gli occhi ricolmi di lacrime che tento di non far uscire, si scosta dal tavolo, mi accarezza una guancia e mi dà un bacio sulla fronte.
Mi prende la mano, mi guida al piano superiore e mi fa entrare nella sua camera da letto.
«Avanti, cambiati» dice, passandomi di nuovo il maglione grigio che mi aveva proposto prima di mangiare.
Mi giro, gli do le spalle per potermi togliere il vestito e sostituirlo al maglione leggero. Percepisco i suoi occhi su di me, ma faccio finta di niente. Sento il tintinnio del cellulare, gli è arrivato un messaggio.
Mi rigiro, il suo maglione mi arriva alle ginocchia, cerco di tirarmi su le maniche troppo lunghe. Mentre zampetto a piedi scalzi verso il letto, un tuono rompe il silenzio calato tra noi. Dopo pochi attimi, una pioggia leggera picchietta sul tetto, in un suono quasi impercettibile. Guardo la finestra dietro di lui, e un lampo squarcia il cielo nero.
Ryan, dopo essere riuscito a staccare gli occhi da me, si infila una maglia a maniche corte e la giacca di jeans che avevo appoggiato sulla sedia.
«Vai a dormire, devo fare una cosa» afferma, con il cellulare in mano che continua a tintinnare di messaggi.
«Dove vai?»
«Ci metto dieci minuti, fa' come ti dico.»
Mi indica il letto, l'espressione tesa e cupa, ed esce dalla stanza. Lo vedo allontanarsi sulle scale dalla porta aperta, e rimango indecisa su come comportarmi.
Non capisco cos'abbia da fare, non capisco perché continui a essere cercato, non capisco come io sia finita in questa situazione.
Scosto le coperte, mi siedo sul letto. Mi fisso i piedi per qualche secondo, e sento la mia mente che inizia a ingranare. Faccio scorrere la valanga di pensieri che sono riuscita a tenere a bada fino adesso, e mi rialzo per andare in bagno.
Ma che ti è saltato in mente? mi chiedo, mentre butto il naso fuori dalla camera di Ryan.
Stupida, stupida, stupida. Come mi è venuto in mente di dirgli quello che mi è successo? Come ho potuto dirgli che non ho mai fatto... cose, prima d'ora?!
Giro per il corridoio dalla luce soffusa, provo a spingere la prima porta che trovo sulla sinistra.
È chiusa a chiave, penso, non riuscendo ad aprirla.
Spingo un'altra porta, ma anche questa non si apre.
Quella più in fondo, invece, mi fa entrare in un bagno enorme, con i lavandini e la vasca da bagno di marmo, una doccia che è il doppio della mia, e prodotti da uomo su una piccola mensola sotto lo specchio allungato.
Mi do una sistemata, e torno in camera.
Perché cazzo tengono delle stanze chiuse a chiave?
Mi infilo sotto le coperte che sanno di lui, accompagnata dalla pioggia che si intensifica ogni minuto di più. Il temporale mi culla in mezzo alle immagini dei nostri baci, del mio passato, di ciò che vorrei, in un turbinio di sensazioni che mi spaventa, sia in maniera negativa, sia positiva.
Le mani di Ryan sul mio corpo si sostituiscono nella mia mente a quelle dell'uomo che mi ha aggredita. La forza di Ryan mi sorregge, facendo sparire la violenza che ho subìto. La sua passione lascia trapelare amore, ed è proprio questa emozione che prevale su tutto il resto.
Amore... che cos'è l'amore? mi chiedo, crollando in un sonno profondo.

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SOTTO LE PERSONE
RomanceVincitrice premio #Wattys2020 categoria New Adults 🫶🏻 "Una nuova città, una mansarda malconcia, l'università da incominciare e il desiderio di dimostrare al mondo di potersela cavare da sola. È così che ha inizio la vita di Elena a Venezia. Ma tra...