Daniele si gratta una tempia con l'indice, poi alza entrambe le mani in segno di resa. Incurva le labbra verso il basso, facendo una sorta di segno di rispetto con la testa, e indietreggia. Controlla che Ryan riporti lo sguardo su di me, prima di farmi un occhiolino di complicità.
Decisamente non gay. Decisamente non gay.
Trattengo un sorrisino, col cuore che mi esce dal petto. Ryan prende la birra dal collo della bottiglia, e beve un sorso, senza degnare il bicchiere col ghiaccio che gli ho preparato.
Passo inutilmente uno straccio sul bancone, facendo finta di pulirlo, e decido di giocare al meglio la mia partita.
«Ora che mi hai mandato in fumo la serata, cosa pensi di fare?» chiedo, evitando i suoi occhi indagatori. Credo che il mio cuore finirebbe come cenere, se cascassi ancora nella trappola che è Ryan.
«Ti porto a fare un giro.»
«E perché?» domando, passando in modo maniacale lo straccio sulla superficie liscia.
«Venezia è bella quasi quanto te, di notte» ammette lui, accompagnando con lo sguardo ogni mio movimento.
«Elena, porta questi. Tavolo due» mi salva Mate. Afferro i piatti che mi sta porgendo, rischiando di farne cadere uno dalla tensione che sento crescere a dismisura tra me e Ryan, e mi avvio al tavolo due.
«Oh» mormoro, quando vedo i miei amici fissarmi, dal tavolo due. «Scusate l'attesa, stasera è pieno di gente» dico, appoggiando i vari piatti davanti ai ragazzi.
«Allora, come sta andando?» mi chiede Carlotta, con il suo modo gentile e raffinato.
«Che cosa?» chiedo, arrossendo.
«Dai, Daniele ci ha raccontato!» esclama Alice, tirandomi la maglietta. Sembra una bambina impaziente di ricevere le caramelle, e la cosa mi fa allargare le labbra in un sorriso.
«Non lo so, ragazzi, vedremo dopo il turno» rispondo, mettendomi le mani in tasca e facendo spallucce.
«Ah, allora c'è davvero una serata insieme a lui, in programma» si aggiunge Thomas, in tono scocciato. Noto Alice tirargli un colpetto sul fianco con il gomito, e Carlotta squadrarlo minacciosa. Solo io e Daniele sembriamo non capire cosa stia succedendo. Decido che non è il momento di chiedere spiegazioni, quindi sorvolo sulle sue parole e li saluto, per tornare alla mia postazione.
«A che ora stacchi?» mi chiede Ryan, non appena torno a pulire.
«Uhm» dico, adocchiando l'orologio alle mie spalle, «tra un'ora.»
«Ti aspetto fuori» afferma lui, alzandosi in modo incredibilmente affascinante.
Come cazzo fa con così poco a essere... così tanto? penso, fissandogli le mani che stanno tirando fuori dalle tasche dei pantaloni un pacchetto di sigarette e delle chiavi.
«Elena» riprende con un tono dolce, ma velenoso, con uno sguardo provocante, ma eccessivamente divertito, con un sorriso fatale, ma troppo, troppo bello. Rimaniamo entrambi con il fiato sospeso, ricado mio malgrado nel freddo dei suoi occhi, e ascolto le sue parole, che escono calde dalle sue labbra: «Ormai quel bancone è più che pulito».
Dopo aver alzato ancora un po' un angolo della bocca, arriccia le labbra, e squadra le mie, che si sono aperte involontariamente. Bloccata, lo vedo voltarsi e uscire in modo elegante dal locale.
«Elena!» mi richiama Mate, e io mi sento una scema a notare quanto sia stato diverso il mio nome pronunciato da Ryan, e quanto attraente la cosa sia stata.
Dio, se sono messa male, penso, ritornando al mio lavoro.
La mia piccola compagnia aspetta che io finisca il turno, prima di andarsene. Dopo aver cercato in mille modi di riordinarmi i capelli e di stamparmi un'espressione decente sul viso, li raggiungo al tavolo, per poi uscire insieme a loro. Mi godo l'atmosfera tranquilla e positiva che mi trasmettono, anche se qualche battutina di Alice, nei confronti di Carlotta, non manca mai.
Varchiamo la soglia del bar, e i miei occhi finiscono inevitabilmente su Ryan, appoggiato al muretto che dà sul canale. Il gomito piegato, a sostenerlo, le spalle inclinate come il resto del corpo, i capelli accarezzati dal vento, e la perfezione in ogni parte di lui.
Saluto i miei amici, e Daniele che, dopo un altro occhiolino di intesa, mi avvicina a lui, stampandomi un bacio sulla guancia. Il mio corpo sobbalza, ma cerco di contenerlo e di far finta di niente, regalandogli un sorriso.
Thomas non aspetta un attimo per fare lo stesso, e si prende un po' più di tempo per sussurrarmi all'orecchio: «Sta' attenta».
Mi limito a rassicurarlo con un'espressione serena e tranquilla, e sono contenta di non avere troppi tremori per la sua vicinanza.
Forse i baci di Ryan sono serviti a qualcosa, almeno un po' mi hanno sbloccata.
Sento lo sguardo del ragazzo del 32 addosso, e lo sento vivido e penetrante. Quando i miei amici se ne sono andati, Ryan rimane immobile, e domanda: «Stai andando in guerra per caso?»
Alzo le sopracciglia, confusa dalla sua domanda.
«Che significa?»
«Ti salutano come se non dovessi più tornare. Serviva fare tante scene?» continua lui, accennando con la testa ai ragazzi che mi hanno appena lasciata. Per qualche strana ragione, le mie labbra formano un sorriso soddisfatto.
«Uhm, interessante» ammetto, inclinando la testa e guardandolo attenta.
«Che c'è?» mi chiede, scontroso, tirandomi un'occhiataccia e distogliendo poi lo sguardo.
«Sei geloso.»
«Non sono geloso, ragazzina» afferma, riportando gli occhi su di me. Sposta la mandibola, la irrigidisce, e si raddrizza, dicendo: «Andiamo».
«Andiamo dove?» chiedo, col cuore che fa i capricci, come ogni volta che sono con lui.
«Lo vedrai.»
Camminiamo lentamente per i vicoli di Venezia, il sole che lascia pian piano spazio alla luna, tingendo il cielo di un tenero arancione. Mi fermo in mezzo a un ponte abbastanza alto, da cui posso ammirare i colori del tramonto susseguirsi di attimo in attimo. Ryan si volta verso di me, e, senza dire una parola, asseconda la mia voglia di guardare il tramonto.
Mi perdo nel meraviglioso paesaggio che ho di fronte, e lascio che la presenza del ragazzo al mio fianco mi avvolga.
«Preferisco le albe» confessa lui, sorprendendomi. Il suo tono è calmo, la voce più bassa e roca del solito. Lo osservo, memorizzando ogni suo lineamento.
«Avrei detto il contrario» mormoro.
«Pure io.» Mi regala un piccolo sorriso, e sento le guance colorarsi come il cielo, di un tenue rosso.
«Come mai preferisci le albe?» provo a chiedere. Non sono sicura di ottenere una risposta, ma questo nostro strano ritaglio di mondo, solo io e lui, senza giochi e tattiche, a rallentare il tempo e a farlo nostro, come nostro è diventato il mare davanti a noi, e le nuvole sopra di noi, mi fa sentire vicino a lui in un modo che mai ho provato prima.
Lui fa spallucce, e rimane silenzioso per qualche altro istante.
«Perché ti mostrano che puoi sempre ricominciare da capo» aggiunge poi, l'azzurro dei suoi occhi che si spegne e riflette l'oscurità che avanza.
«Io preferisco i tramonti» sospiro, e mi lascio catturare di nuovo da questa magica città.
«Come mai preferisci i tramonti?» mi fa eco lui, un'espressione sincera a illuminargli il viso.
E allora faccio spallucce pure io, e dico la prima cosa che mi passa per la mente, l'unica cosa che abbia mai pensato dei tramonti: «Perché è più facile cadere, che rialzarsi».
I nostri occhi si fanno seri, i nostri cuori pesanti. Sentiamo le emozioni di entrambi trapassarci lo stomaco, ed è evidente che sa bene a cosa mi riferisco. Abbasso lo sguardo, lasciando che il suo inizi a curare qualche mia ferita; lasciando, forse stupidamente, che entri ancora un po' nella mia vita.

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SOTTO LE PERSONE
RomanceVincitrice premio #Wattys2020 categoria New Adults 🫶🏻 "Una nuova città, una mansarda malconcia, l'università da incominciare e il desiderio di dimostrare al mondo di potersela cavare da sola. È così che ha inizio la vita di Elena a Venezia. Ma tra...