Dopo una decina di minuti, Ryan rallenta dolcemente per fermarsi davanti a un cancello elettrico piuttosto alto. Non ci siamo parlati per tutto il breve viaggio, non ho nemmeno chiesto dove mi stesse portando, convinta com'ero di tornare a Venezia.
Il cancello si apre, alcune luci si accendono e illuminano un piccolo percorso che porta a un garage in stile americano.
Inizio a preoccuparmi, penso, tirandomi su sul sedile, un po' troppo assonnata.
«Dove siamo?» chiedo, guardandomi intorno.
«A casa mia.»
«C-come?» La mia incredulità traspare dal mio lieve balbettio. Ryan sembra non farci caso, continua a fare manovra fino a che non è soddisfatto di come ha parcheggiato l'auto.
«Mi vuoi spiegare?» mi innervosisco.
«Credevi di tornare a Venezia in tram in piena notte? E farti mezz'ora di camminata poi, magari sotto la pioggia che cadrà a momenti?»
«Venti minuti» preciso, uscendo dall'auto, «venti minuti di camminata.»
«Tram non ce ne sono, comunque, quindi non mi pare tu abbia molta scelta.»
Purtroppo ha ragione, penso, sentendomi infinitamente stupida per non aver pensato prima a come sarei tornata a casa.
«Potevi portarmi fino a Piazzale Roma, da lì mi sarei arrangiata!» dico, sfoggiando le mie poche conoscenze della città.
«Non sono l'autista di nessuno. Ho bisogno di lasciare la macchina qui domani, non faccio mille giri per niente.»
Sbatte la portiera della macchina e si avvia all'ingresso, senza preoccuparsi di non fare rumore.
«E i tuoi genitori?»
Alla mia domanda, Ryan si irrigidisce. Fa sparire la fossetta dalla guancia, mormora qualcosa contro le chiavi di casa che sembrano non voler collaborare e poi risponde, il tono di ghiaccio: «Solo mio padre».
Entriamo e una luce giallastra mi accoglie in un ampio salone, fatto di pochi quadri, arredamento in legno, tappeti che costeranno quanto la mia intera casa.
«Ma non ti preoccupare, non c'è. Forse si degnerà di tornare lunedì.»
Rimango in silenzio, troppo imbarazzata per indagare sulla sua famiglia. Ryan salta i convenevoli, non mi mostra le sale al piano terra e mi porta al piano superiore. Lentamente, mi risveglio dall'intorpidimento in cui la stanchezza mi ha fatto cadere, e realizzo come si stanno mettendo le cose.
Io. Ryan. Casa sua. Notte fonda.
La mia mente visualizza in ripetizione queste parole, e cerca di trovarci un senso, di capire come andrà a finire.
Dovrò dormire qui, mi rendo conto. Sento una strana agitazione salirmi dallo stomaco e agguantarmi il petto, mi mangiucchio il labbro inferiore, fisso lo sguardo sulla schiena dritta di lui, mentre cammina con fare elegante verso la stanza che si avvicina sempre di più, di fronte a noi.
Una serie di altre porte chiuse mi fanno capire che lì sopra ci devono essere almeno altre tre camere.
È una vera e propria villa. Uno spazio parecchio grande per essere solo lui e suo padre.
Seguo Ryan dentro la stanza, rischiando di andargli addosso quando si ferma di colpo, troppo immersa nei miei pensieri.
Osservo la sua camera, che mi ricorda decisamente il suo appartamento a Venezia. Pile di libri ingombrano la piccola scrivania e il pavimento, pochi vestiti ricadono da una sedia di pelle nera, un pacchetto di sigarette giace aperto sul letto dalle lenzuola chiare.

STAI LEGGENDO
SOTTO LE PERSONE
RomantizmVincitrice premio #Wattys2020 categoria New Adults 🫶🏻 "Una nuova città, una mansarda malconcia, l'università da incominciare e il desiderio di dimostrare al mondo di potersela cavare da sola. È così che ha inizio la vita di Elena a Venezia. Ma tra...