Resto immobile in mezzo alla strada, le chiavi dell'appartamento di Ryan in mano, un fischio assordante nelle orecchie e il mal di testa che inizia a bombardarmi le tempie. Boccheggio per qualche istante, sono così sopraffatta da questa giornata che non ho più forze per reagire.
Le voci dei miei due amici sembrano così distanti, ma so bene che sono proprio dietro di me, so bene che mi stanno parlando, preoccupati, mentre si avvicinano e mi avvolgono nelle loro braccia. Lascio che tremori e ansie si liberino nel mio corpo, e prendo un colpo quando la porta del civico 32 si apre, con una voce incrostata a frenare il chiacchiericcio continuo dei ragazzi.
«Avete finito di fare casino a queste ore della notte?» la nonnina accende le luci esterne, due lampade vecchiotte ai lati della porta d'ingresso. Espiro rumorosamente, cercando di riprendermi dallo spavento.
Quanto mi ci vorrà invece per riprendermi dalla serata? mi chiedo, sentendomi infinitamente stanca.
Nonna Lavi passa i suoi piccoli occhietti indagatori sui nostri tre visini, ma nessuno di noi ragazzi si decide a parlare.
«Nonna Lavi, scusaci» si fa avanti a un certo punto Thomas, tirandosi su gli occhiali. «Non volevamo svegliarti.»
«Ah, sono una vecchia triste e sola. Dormirò domattina. Avanti, entrate. Avete proprio bisogno di un buon tè» dice, facendoci segno di seguirla.
Alice e Thomas si guardano, glielo si legge negli occhi che nemmeno loro sanno che cazzo fare. Pede prende l'iniziativa, e mi spintona dolcemente nell'appartamento della vecchietta. La luce che ci accoglie è calda, ma opaca, mi sento soffocare per via dei mobili scuri e un po' macabri, i tappeti che ricoprono buona parte del pavimento mi fanno venire caldo solo a guardarli; ma senza tanti inviti, mi accascio sul divano, piazzato sul lato lungo del salottino, sentendomi letteralmente a pezzi.
Chiudo gli occhi, mi massaggio la fronte, le tempie, mi strofino le palpebre e nascondo il viso tra le mani, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e un fastidioso senso di nausea nello stomaco.
«Immagino sia colpa del nostro Ryan, se siete tutti così sconvolti» inizia a parlare la nonnina, tirando fuori piatti, piattini e tazzine da un mobile di legno con le ante in vetro. Poi sparisce in cucina, e se ne torna con dei biscotti e dei cucchiaini.
«Cosa ha combinato quel figliolo, questa volta?» si rivolge a Thomas, e io non posso che essere sempre più confusa. Non solo la vecchia sa che Ryan è un deficiente, sa anche a chi rivolgersi per avere delle spiegazioni.
«Non c'è nulla di cui ti devi preoccupare, Nonna, sai che come si caccia nei guai se ne tira anche fuori» risponde Mas, con un sorriso sbilenco.
«Ah, quel ragazzo» scuote la testa Lavinia, tornando in cucina ancora una volta. I minuti passano lenti e silenziosi, l'unico rumore è quello dell'acqua che bolle di là. Fisso il tavolino davanti a me, basso e grezzo, con un centrino beige abbastanza grande a decorarlo, le tazze ben disposte, davanti a noi, e i biscotti al centro.
La nonnina arriva con una teiera fumante su un vassoio dorato, e inizia a servirci il tè.
«Ma cos'è successo?» chiede Pede in un sussurro, passando gli occhi da me a Thomas un paio di volte.
Ancora silenzio. Un sospiro della vecchietta, che vedo diventare sempre più inquieta e Thomas che fa spallucce.
«Non è niente, davvero» dice lui, con un cuscino sullo stomaco, imbarazzato perché ancora a petto nudo.
«Giusto. Avere una pistola puntata alla testa non è niente» mormoro io, sbuffando una risata ironica.
«Elena, cara, perché non mi dai una mano in cucina?» mi chiede la vecchia, irritandomi parecchio.
Ho parlato di una pistola, cazzo, penso, alzandomi a rilento dal divano. Proprio a nessuno frega niente delle pistole? Sono forse trasognata?
«Cosa vuole che faccia?» chiedo, dopo che Nonna Lavi chiude la porta della cucina alle nostre spalle. So di essere scontrosa e sfacciata, ma sono ancora troppo scossa da ciò che ho visto, e sono troppo incazzata con Thomas, che non mi rivela ciò che sa, e pure con la nonnina, perché pure lei sa più di me.
Pure un cane saprebbe più di me.
«Cara ragazza, la vita è dura» afferma, mettendosi a lavare la teiera.
«Mi dica qualcosa che non so già» rispondo di lancio, senza però riuscire a evitare un tono incerto e rotto.
«Puoi darmi del tu, cara.» Lascio che il discorso muoia, mentre asciugo le varie parti della teiera, che Nonna Lavi mi passa una volta risciacquate.
«Ryan ti tiene ancora a distanza?» riattacca lei. Mi fa segno di sedermi al piccolo tavolo della cucina, tondo e coperto da una tovaglia colorata e plasticosa. «Sai, ci sono uomini buoni a cui piacciono le donne cattive, e donne buone a cui piacciono gli uomini cattivi. Però sono solo apparenze, giochi, trucchetti. Bisogna capire come mai un uomo, o una donna, è cattivo, o cattiva. Così come bisogna capire come mai qualcuno è buono.»
«Perché mi sta dicendo tutto questo?»
La nonnina sospira, tossisce per istanti eterni, sospira di nuovo, e poi risponde: «Ryan ha passato momenti difficili. Crede che possa in qualche modo risolvere la sua situazione, forse avere anche giustizia. Così si ficca sempre in qualche malefatta, quel ragazzetto pestifero».
«E lei come lo sa?»
«Conosco Ryan da quando è un bambino. E dammi del tu, per favore! La sua famiglia mi ha affittato questo posto che mio marito era ancora in vita, povero il mio Antonio. Questo posto è del padre di Ryan, ma hanno fatto un passaggio di nome un po' di tempo fa, come si chiama? Passaggio di... non lo so, sono troppo vecchia per sapere queste cose.»
«Passaggio di proprietà» la aiuto, con un tono distaccato. «Con 'questo posto' intende solo il suo... il tuo, scusami, appartamento, o l'intero edificio?» riprendo poi.
«L'intero edificio. Gli Orlando fanno le cose in grande, quando devono farle.»
E s'è visto, penso, mordendomi la lingua per non dirlo ad alta voce.
«Qual è la situazione di cui parla? Per cosa cerca giustizia, Ryan?»
«Ah, lo so, non dovrei dirtelo io. Ma sono solo una povera vecchia...»
«Sì, capisco, capisco. Puoi dirmelo, rimarrà tra di noi.»
«Ci tengo che tu lo sappia, cara, perché non l'ho mai visto così con nessuna. Lo so, sai, che sei salita su, credi che non l'avessi capito, quella volta, che volevi stare con lui? Sarò vecchia, ma all'amore ci credo ancora! Ah, come ci amavamo, io e il mio Antonio...»
«Quindi hai chiamato Thomas in casa tua apposta? Per lasciarmi andare da Ryan... da sola?»
«Noi vecchie possiamo tutto. Ora, lasciatelo dire, ragazza! Nessuno è mai riuscito a entrare in casa sua. Non può essere una coincidenza, questa, cara. Questo si chiama...»
«Rimaniamo alla giustizia di cui è in cerca, Nonna Lavi, per favore.»
La nonnina tossisce forte, mi indica un bicchiere con dell'acqua già versata, vicino al lavandino, e io lo prendo e glielo porgo. Dopo aver buttato giù un sorso dopo l'altro, si schiarisce inutilmente la voce, e confessa: «Ha perso la madre e il fratello in un incidente d'auto. Lui crede che sia stato organizzato, voluto, non so di preciso. Lui mi racconta, ma dice che meno so e meglio è».
Fortuna che dovrebbe sapere poco.
«Immagino che l'incidente coinvolgesse un'altra vettura» mormoro, e la fisso con insistenza, per farla continuare.
«Sì, sì, bella grande, era su tutti i giornali della città. Quando succede qualcosa a famiglie importanti, si viene sempre a sapere! Il mio Antonio mi disse che pure lì, i ricchi, ce l'hanno vinta. Ma Ryan non è un ricco di quelli con la puzza sotto il naso, suo padre invece, uhm, non saprei, non voglio giudicare io...»
Lascio che la vecchietta continui il suo racconto, ma non presto più molta attenzione. La mia mente è già impegnata a collegare i pezzi del puzzle della vita di Ryan Orlando.
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SOTTO LE PERSONE
RomanceVincitrice premio #Wattys2020 categoria New Adults 🫶🏻 "Una nuova città, una mansarda malconcia, l'università da incominciare e il desiderio di dimostrare al mondo di potersela cavare da sola. È così che ha inizio la vita di Elena a Venezia. Ma tra...