Tentenno prima di prendere una decisione. Esito, oscillo avanti e indietro, mi guardo intorno. Poi mi butto, a passo svelto mi avvicino alla figura di Ryan, ma sto bene attenta a mantenere una distanza che gli impedisca di notarmi.
Il cielo si tinge di sfumature sempre più scure, l'atmosfera veneziana di sera è qualcosa di indescrivibile. Camminiamo per una ventina di minuti, e le mie gambe iniziano a tremare, più per la tensione che per altro.
Oltrepassiamo la stazione ferroviaria, ci infiliamo tra i vicoli di Cannaregio e perdo di vista il ragazzo del 32 per colpa di una folla di turisti cinesi con delle bandierine bianche in mano. Aumento l'andatura, non posso perderlo di vista. Lo vedo svoltare l'angolo e, col fiatone per la fatica e l'agitazione, faccio lo stesso.
Quando i vicoli iniziano a farsi più stretti e meno affollati, Ryan pare turbato sotto ai suoi abiti scuri. Si tira su il cappuccio, smuove le spalle, si tocca in continuazione il fianco destro. Poco dopo, si ferma davanti a un palazzo mal messo, vecchio e decadente. Non bussa, non suona, non perde tempo; entra direttamente nell'edificio spingendo con forza la porta in stile barocco, che si richiude con un tonfo dietro di lui.
E ora che cazzo faccio? mi chiedo, appiccicata al muro di una palazzina che fa angolo. Ormai questa è l'unica cosa che mi chiedo. Non so mai cosa cazzo fare, e la cosa mi infastidisce non poco.
Da queste parti pare non si aggiri nessuno, sembra tutto per lo più abbandonato, e l'unico rumore a fischiarmi nelle orecchie è lo sciabordio del mare, il che mi fa capire che siamo alla fine di Cannaregio, e non lungo uno dei soliti canali. Il motore di qualche imbarcazione accompagna l'oscillare del mare aperto, e prima che mi scoppi la testa dal nervosismo raggiungo l'ingresso dal quale è entrato il ragazzo che sto seguendo.
Che grandissima cazzata, penso, mentre mi ritrovo a spingere la porta massiccia.
Una luce soffusa mi accoglie in un piccolo atrio pieno di polvere. Un brivido di paura mi corre lungo la schiena, perciò evito di soffermarmi sui quadri inquietanti che sono appesi ai muri scrostati. Il lampadario che emana la luce giallognola sembra pericolante sopra la mia testa. Mi obbligo a muovermi da qui, porto con fatica un piede davanti all'altro, e avanzo fino a una scalinata in legno. Mi spingo a salire, non vedendo una soluzione alternativa. Lo spazio angusto mi sta facendo soffocare.
Col fiato sospeso, avanzo per qualche gradino, spaventandomi per lo scricchiolio sotto ai miei piedi. Evito di toccare il corrimano, impolverato come tutto il resto qui dentro. Salgo lentamente la prima rampa, e mi blocco al pianerottolo circondato di candele.
La voce di Ryan mi arriva forte e chiara. Il cuore prima perde un battito, poi accelera come mai prima.
«È ora di dire le cose come stanno» lo sento esordire.
«Abbassa la pistola, Ryan. Poi ne possiamo parlare» risponde una voce. Il flash di quella serata carica di avvenimenti mi fa capire chi è l'uomo che ha ordinato a Ryan di abbassare l'arma. L'uomo che aveva puntato proprio alla fronte di Ryan una pistola; l'uomo che aveva chiesto viscidamente chi fossi io; l'uomo che aveva affiancato Marco sotto ai nostri edifici. Il Barba.
Una risatina mi riporta alla realtà. Ryan sta sfottendo l'uomo, e me la posso immaginare, la sua espressione beffarda e vittoriosa.
E da quando ha una pistola pure lui? mi chiedo, tremante.
«Non sei nella posizione di dettare le regole, non oggi» afferma Ryan. Lo sento incazzato, lo sento desideroso di vendetta, ma comunque distrutto. Mi rendo subito conto di quanto ancora io non sappia, di quante cose non mi abbia mai detto. La sofferenza con cui scandisce ogni parola mi fa venire le lacrime agli occhi. Ho paura per lui, forse ho anche paura di lui, di cosa potrebbe fare, di cosa potrebbe accadere.

STAI LEGGENDO
SOTTO LE PERSONE
RomanceVincitrice premio #Wattys2020 categoria New Adults 🫶🏻 "Una nuova città, una mansarda malconcia, l'università da incominciare e il desiderio di dimostrare al mondo di potersela cavare da sola. È così che ha inizio la vita di Elena a Venezia. Ma tra...