Capitolo 49

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Questa volta, Ryan non ha la pazienza di arrivare in camera da letto. I suoi baci sono ruvidi e assetati, e le mie labbra gli chiedono silenziosamente di non fermarsi più. Le nostre lingue si scontrano, tra cose dette e non dette, e non riesco a non aggrapparmi a lui con tutta me stessa.

Ryan mi abbassa la cerniera della felpa, io cerco di togliermela, ma non faccio in tempo, le sue mani mi alzano subito la maglia a maniche corte che porto sotto, e la sua bocca si apre in un sorriso soddisfatto quando scopre che non indosso il reggiseno.

Mi lascia dei baci umidi sul seno, giocandoci per qualche secondo, ma ancora una volta l'impazienza ci porta a spingere più in là. Passo le mani tra i suoi capelli, avvinghio le braccia dietro al suo collo e le gambe al suo busto, quando mi prende in braccio. Come quando eravamo nella villa di suo padre, mi sistema sul tavolo della cucina, si infila tra le mie gambe e continua a stuzzicarmi con i suoi baci.

Stringe la carne sui miei fianchi, prima di togliere le mani dal mio corpo per potermi sfilare i pantaloni. Il desiderio di averlo mi fa provare un vuoto allo stomaco, i brividi sulla pelle, ma questa volta solo e soltanto di piacere.

I suoi occhi di ghiaccio rimangono fissi su di me, mentre si abbassa. Le sue mani sulle cosce spingono per aprirmi le gambe il più possibile. Non riesco a tenere il contatto visivo, quando si posiziona, pronto per assaporarmi. Butto indietro la testa, mai mi sono sentita così libera. Mi lascio completamente andare quando la sua lingua raggiunge la mia intimità.

Si concede tutto il tempo del mondo, e io non riesco a trattenere i gemiti. Mi aggrappo ai bordi del tavolo, ai suoi capelli, lo spingo a continuare, ancora e ancora. Si assicura che io raggiunga il punto di non ritorno, e non mi dà nemmeno il tempo di riprendermi, prima di entrare dentro di me.

Per la seconda volta, mi abbandono a lui, mi apro completamente a questo ragazzo che forse avrei dovuto fare il possibile per evitare. Ma anche lui si lascia andare a me, mostrandosi in tutta la sua fragilità e bellezza. Andiamo avanti a scoprirci, a conoscere ogni centimetro della nostra pelle per tutto il giorno. Sempre più affascinata dalle linee scolpite del suo fisico, lascio che i nostri corpi si uniscano più e più volte. Insieme, lasciamo che le nostre anime si incontrino, e non si sleghino più.

Pasta al pomodoro. Ryan Orlando mi sta cucinando la pasta al pomodoro. L'odore di basilico mi solletica le narici. Tengo gli occhi chiusi ancora qualche istante, stiracchiandomi sotto la coperta di cotone e sorridendo alle parole che mi tornano alla mente.

«Hai fame?», mi aveva chiesto, dopo una mezz'ora passata a coccolarci tra le sue coperte.

«Un pochino», gli avevo risposto, ma aveva capito subito che il mio 'pochino' era in realtà un 'da lupi' troppo imbarazzato per uscire allo scoperto. Così, mi ha proposto l'unica cosa che aveva in casa: pasta al pomodoro.

Quando la mia posizione sul divano diventa troppo scomoda, mi metto seduta, puntando gli occhi su un Ryan a torso nudo che si aggira elegantemente per la cucina.

«Era ora, piccola» mi accoglie, quando lo raggiungo ai fornelli.

«Non ho dormito tanto» rispondo, cercando subito l'ora per assicurarmene.

«Mh, beh, è ora di cena» ridacchia lui.

«Ma, Ryan, potevi svegliarmi prima!» esclamo indispettita, ricevendo uno sguardo tagliente da parte sua.

Mi accovaccio su una sedia, e lo osservo assaggiare un fusillo bollente.

«Guarda che è bo–»

«Mh, che cazzo» urla, interrompendomi, con la bocca mezza aperta. Sputa il fusillo nel lavandino, maledicendosi, e poi si scompiglia i capelli.

«Brucia, eh?» chiedo, vedendolo sventolarsi la bocca. «C'è un modo un po' meno rischioso per assaggiare la pasta, sai?» ridacchio io questa volta, avvicinandomi a lui e tagliando un altro fusillo a metà. Dopo averci soffiato sopra, ne addento un pezzetto. «È pronta» dico, e Ryan si adopera per scolarla.

La suoneria di Ryan coglie di sorpresa entrambi. Il ragazzo del 32 si ferma proprio prima di iniziare a mettere la pasta al pomodoro nei piatti.

«Che cazzo vuole?» mormora, prima di rispondere con un burbero "Che c'è?".

«Anche se fosse con me non te la passerei» ribatte, lanciandomi un'occhiata strana.

«I suoi genitori?» chiede qualche attimo dopo, lasciando trapelare della sorpresa.

Alzo le sopracciglia, e faccio due più due.

«State parlando di me? Chi ti ha chiamato?» domando, avvicinandomi a Ryan.

«Sì, te la passo» dice, visibilmente infastidito.

«Chi parla?» chiedo, una volta appoggiato il cellulare all'orecchio.

«Lena, sono io» mi risponde la voce agitata di Thomas. «I tuoi genitori ti stanno cercando, sono qui» aggiunge subito.

«Qui? A Venezia? Non è possibile, non mi hanno nemmeno avvisata!»

«Dicono che è tutto il giorno che ti chiamano ma tu non rispondi, e quando non hanno avuto risposta nemmeno al campanello hanno iniziato a preoccuparsi. Li ho incrociati qua fuori mentre stavo per uscire.»

«Oh, cazzo» mi lascio sfuggire, correndo alla finestra.

«Non c'è nessuno fuori» affermo, guardando in strada.

Mentre cerco di capire che diavolo sta succedendo, sento gli occhi di Ryan addosso. Mi giro verso di lui, ed è più bello che mai, appoggiato con il suo solito modo al mobile della cucina, con i pantaloni grigio scuro che gli cadono morbidi sulle gambe e l'aria da bad boy tutta intorno.

«Siamo tutti da me, non potevo lasciarli fuori così» dice, abbassando un po' il tono della voce. «Volevano cenare con te» precisa poi.

«Cos... ma da quando? Non ho nemmeno niente da mangiare in casa. Avrò sì e no un pacchetto di biscotti!»

«Falli venire su» interviene Ryan. «Qua c'è abbastanza pasta per tutti» conclude, facendo spallucce.

Sento le guance scaldarsi, e non so bene cosa dire. Thomas continua a elaborare frasi dall'altra parte del telefono, dall'altra parte della strada, ma non le recepisco più.

Notando il mio stato di confusione, Ryan si riprende il cellulare, ed esclama: «Portali da me, la pasta è pronta». E mette giù.

SOTTO LE PERSONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora