Dopo aver sistemato alla meglio la mia maglietta, Ryan me la porge, umida – per non dire bagnata – ma in condizioni decisamente più accettabili.
«Prenditi una pausa. Aspettami sul retro, prendi un po' di aria. Chissà che il vento non aiuti ad asciugarla» dice, squadrando la chiazza di tessuto bagnato sul mio ventre. Rimango immobile, senza parole, senza pensieri nella mente, o forse li sto solo scaltramente evitando. Perché la verità è che non riesco a non pensare alla gelosia provata in precedenza, e a quanto vorrei che lui fosse mio, sotto ogni punto di vista. La verità è che ormai ci sono dentro fino al collo e non sembro trovare modi per uscirne, anzi, è come se stessi per finirci pure con la testa, dentro. Dentro alla sua vita, dentro alle mie emozioni, dentro a noi, se mai si può parlare di un noi.
«Che c'è, piccola?» mi chiede lui, vedendomi persa. Mi prende la mano, mi tira dolcemente verso di lui, mentre si appoggia al lavandino. «Ne vuoi ancora?» riprende, piazzandomi tra le sue gambe, e prendendomi per il bacino.
«Di... di cosa?» sono confusa, inizio a sentirmi lo stomaco arrotolarsi, il bisogno di stringermi a lui e la coscienza che mi impone di non farlo.
«Di questo» mormora, prendendomi il viso, le sue mani calde e larghe tra il collo e le guance, un'espressione peccaminosa a invadergli il volto, e i nostri corpi che pian piano si incontrano; però la mia testa ha ragione, le parole di Ryan sul nostro non poter stare insieme mi affiorano tutte d'un colpo. Le immagini del suo livido, della pistola puntata contro, lo sguardo crudele del tizio con la barba. Thomas che sa cose inviolabili, la nonnina che gli fa da balia, l'incidente dei suoi genitori. La droga, la vendetta, il pericolo.
«N-non...» accenno, poco prima che le sue labbra sfiorino le mie, e Dio, quanto vorrei lasciarle fare. «Non posso» sussurro, con gli occhi offuscati. Ryan mi lascia andare, mi guarda stranito, deluso, triste. Almeno credo, almeno sembra. Posso esserne sicura?
«Non posso» ripeto, allontanandomi. Esco dal bagno a testa bassa, col cuore in fiamme, un groppo in gola. Faccio comunque come mi ha detto Ryan, mi avvio sul retro, perché è l'unico posto in cui ora posso nascondermi.
Mi accuccio per terra, tra gli scatoloni dei carichi del bar e l'odore aspro di una Venezia poco curata. La via è triste e silenziosa quanto me. Mi strofino gli occhi, fanculo anche il trucco. Cerco di fare ordine, tra le mie emozioni, tra i miei pensieri, scacciando le immagini di troppo, recuperando quelle che invece mi hanno fatto stare bene.
«Allora hai risolto con Ryan?» sento dire a un tratto, da una voce femminile che non riconosco.
«Sì, non sospetta nulla» risponde un'altra voce, maschile questa volta. E sembra proprio essere qualcuno che conosco.
Mi alzo, sporgendomi leggermente prima a destra, poi a sinistra.
Non vedo nessuno. Dove cazzo sono?
«Lo sto facendo girare in tondo» prosegue il ragazzo, ridacchiando un poco. Ed eccolo lì, lo vedo non appena faccio qualche passo in avanti. Marco fuma una sigaretta con una ragazza dai capelli rosso fuoco, e ora ricordo di averla già vista, alla festa mal conclusa dell'amico di Thomas.
La tizia mi nota, e Marco subito si gira. L'ansia mi esplode dentro, e rimango paralizzata dall'espressione contrita di Marco, che ben presto si fa minacciosa. Pare infastidito dalla mia presenza, e non esita a venirmi incontro.
«Bambolina» esclama, spalancando le braccia e allargando un sorriso. «Non dovresti lavorare invece che startene qui fuori tutta sola?» Mi fissa come a cercare di capire che cosa ho sentito della loro conversazione.
Faccio finta di niente, provo a mantenere il sangue freddo, e rispondo con la prima scusa che mi salta in mente: «Sì, è che mi è venuto un attacco». Mi imbarazzo, lo guardo mostrandomi debole e ferita. L'assurdo è che non è nemmeno una bugia: debole e ferita lo sono per davvero.
Lui capisce al volo, e lo vedo dispiacersi sinceramente. Abbassa il volume della voce, forse per non mostrarsi sensibile davanti alla tizia rossa.
«C'è qualcosa che posso fare? Vuoi che ti accompagni a casa? Chiamo Ryan?» mi chiede lui, abbastanza imbarazzato a sua volta, ma stranamente premuroso.
«Oh, no, no. Non ti preoccupare, ora è passato. Mi sto già riprendendo» dico, accarezzandomi il braccio e incurvando le spalle. Rimaniamo in silenzio tutti e due, e Marco riprende la sua aria da duro non appena sente i passi della rossa avvicinarsi.
«Ora devo rientrare per davvero, purtroppo. Speriamo che questa giornata finisca in fretta» abbozzo un sorriso storto e arretro. «Ciao» saluto, facendo un piccolo gesto con la mano. I due rimangono a fissarmi mentre varco la porta del retro del locale.
Una volta dentro, mi appoggio al legno massiccio e butto fuori tutta l'aria che ho trattenuto finora, mi porto le mani alla bocca e provo a razionalizzare.
Marco non era mica amico di Ryan? mi chiedo, mentre riprendo a camminare.
«Lo sto facendo girare in tondo.»
Che significa?
Mi addentro in cucina, e trovo Alice con il viso lucido di sudore, mille cose a cuocere, e un disordine impressionante. Guardo vacua la mia amica che sta lavorando come una trottola, ancora immersa nei miei calcoli e nelle mie supposizioni.
«Quando vuoi, eh. Non ti preoccupare, non c'è tanto lavoro da fare. Tu rimani pure ad amoreggiare col tuo boy quanto vuoi» la sua voce mi riporta alla realtà.
«Scusami» mi riprendo.
Ci penserai dopo, Elena, mi dico, archiviando il tutto, non con poca difficoltà.
«Cosa devo fare?» chiedo, mettendomi all'opera.
Dopo aver aiutato Pede, sbuco fuori dalla piccola cucina, in cerca di Ryan. Il locale non è così grande, non può essersi volatilizzato.
«Chiamalo, una sua mano ci farebbe davvero comodo» mi incita Alice, mentre è alle prese con la piastra. Mate si sta occupando di prendere gli ordini e della cassa. Non vedendo il ragazzo del 32 da nessuna parte, vado incontro al mio responsabile.
«Bene, arriva subito» lo sento dire a una coppia di trentenni.
«Mate» lo richiamo, sperando di non disturbare troppo, «hai visto Ryan? Ci serve una mano di là.»
«È andato via, senza dire niente. E quando fa così fidati che non torna. Non mi ha nemmeno risposto, quando gli ho chiesto che aveva» dice, scuotendo la testa in segno di disapprovazione. «Questa sera allora siamo solo noi. Faremo cassa a turno comunque, così meno fatica per tutti» prosegue poi.
«Quindi non ti ha detto dove andava, o perché?»
«No, niente» afferma, passandomi un'altra ordinazione. «Ultimo ordine che concedo a quei bambini. Poi li mando fuori a calci» minaccia Mate, fissando la folla di ragazzini che ancora popola il locale per la festa di compleanno di quella poco di buono.
Rispedita in cucina, rimango intontita per qualche altro minuto.
Se n'è andato per colpa mia? mi chiedo, e il groppo in gola mi si forma di nuovo.
Dovrei dirgli di Marco? Magari complottano qualcosa, chissà cosa nascondono. Non mi sembra normale, sembravano sospetti, riguardo a Ryan. Loro erano amici, almeno questo è quello che ho sempre saputo, che ho sempre capito...
«Biondina» Alice interrompe il flusso dei miei pensieri, «che cazzo stai facendo?» mi chiede, guardando il fornello che ho acceso a vuoto. Lo chiudo veloce, spaventandomi anche.
«Tutto bene?» si addolcisce poi, vedendomi più imbranata e distratta del solito.
«Sì, è che è successo qualcosa di strano» mormoro, guardandomi le spalle. Pede alza le sopracciglia, in attesa di una mia spiegazione. «Credo che ci sia qualche problema tra Marco e Ryan.» Il mio cuore perde un battito, e quella stessa preoccupazione che si era fatta largo dentro di me, nel vedere Ryan con lo zigomo viola la mattina dopo la festa, ritorna prorompente a pesare sul mio petto.

STAI LEGGENDO
SOTTO LE PERSONE
RomanceVincitrice premio #Wattys2020 categoria New Adults 🫶🏻 "Una nuova città, una mansarda malconcia, l'università da incominciare e il desiderio di dimostrare al mondo di potersela cavare da sola. È così che ha inizio la vita di Elena a Venezia. Ma tra...