Capitolo 1 - Do I wanna know?

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Prima di iniziare vorrei chiedervi di segnalarmi errori (o orrori) grammaticali presenti da questo capitolo in poi, nonostante un'attenta e petulante revisione potrei aver lasciato qualche disastro. Vi chiedo di non insultarmi e di indicarmi gli errori con educazione. Non vi rubo altro tempo (o parole)

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Cosa ci sta di peggio nelle dodici ore di viaggio e altre 3 ore di autobus? Arrivare a destinazione e dover aspettare sotto la pioggia che il signore che dovrei chiamare padre, dopo esser stato assente per tutti i miei sedici anni di vita, mi accolga in casa. A quanto pare non era nella sua umile dimora, bel tempismo. Domani iniziavo il mio bellissimo secondo anno di liceo, in una scuola nuova, una cittá nuova e addirittura una famiglia nuova. So vagamente l'aspetto di mio padre per qualche foto che trovai fortuitamente nei cassetti di mia madre, ma niente di preciso. Se il suo aspetto rispecchiasse la casa in cui viveva, non era il massimo. La casa era in mattoni, aveva un giardino incolto e un recinto con stabilitá precaria fatto in ferro battuto. Perché dico precario? Sono entrato perché il cancelletto si é letteralmente staccato dai cardini. Ora capisco il divorzio di mia madre, questo maledetto nemmeno la casa si sapeva tenere, non immagino nemmeno gli interni come siano ridotti. Decisi di sviare i pensieri ma purtroppo tra la pioggia, la casa degli orrori e il viale spoglio di persone, non invogliavano a pensieri felici. sbuffando a pieni polmoni e avviai la playlist dei DED tanto per canalare il mio disagio nella rabbia. Incominciai a sentire freddo sugli scalini della porta principale e mi strinsi di piú in me stesso in ricerca di calore, senza successo. Vidi una ragazza vicino al cancello rotto che alla vista di quest'ultimo sospiró come se non fosse una grande novitá che il cancello sia per terra e non al suo posto. Alzó gli occhi verso di me, i nostri sguardi si incontrarono, non per molto tempo, distolsi immediatamente, non ero abituato al contatto visivo o al contatto in generale. Aveva degli occhi ambrati, una criniera di capelli ricci color cannella, era scura di carnaggione e il suo sguardo era magnetico, ma non abbastanza per me. Restó lontana da me per qualche secondo come se dovesse confrontare la vitalitá del cancello alla mia(le differenze non eran troppe). Si avvicinó con cautela, come si fa con i gatti o cani randagi. «Tu sei Nico, giusto?» disse con un tono di dolcezza nella sua voce che attribuii al suo normal modo di parlare.

Alzai lo sguardo scocciato e mi alzai prendendo il borsone che faceva le veci della mia valigia (non avevo molto da portare a parte i miei soliti cinque vestiti abituali).

«Si, sono Nico, tu dovresti essere la mia sorellastra, giusto?» risposi con un tono piatto.

«Mi chiamo Hazel. Sei qui da molto? Mi dispiace ma papá lavora fino a tardi ed io sono appena uscita da scuola» disse mentre armeggiava con le chiavi per aprire la porta.

Hazel non mi é sembrata esuberante o fastidiosa, bensí tranquilla, che sembrava essere l'unico aspetto che probabilmente avevamo in comune. Spalancó la porta permettendomi di entrare. L'interno della casa era decisamente migliore dell'esterno: sulla destra dell'entrata era situato un attaccapanni dove erano accatastati un sacco di giubotti, come se ci vivesse una famiglia numerosa, ai piedi di esso c'era la scarpiera che era esente di scarpe; alla parete di sinistra c'era un mobile basso che pullulava di libri e poco piú avanti ci stava una grande poltrona in pelle nera con di fronte un tavolino su cui era posata un tv al plasma sotto ad un tappeto di color rosso; appena piú avanti presumevo si trovasse la cucina con affianco alla porta una scalinata a chiocciola che portava sicuramente alla zona notte. Si era creato un silenzio imbarazzante nel frattempo: Hazel si toglieva giacca e scarpe senza rivolgermi uno sguardo o una parola. Mi ricordava me nei contesti sociali: freddo e distaccato; ma lei sicuramente aveva l'imbarazzo che la bloccava, un imbarazzo che non comprendevo, é molto semplice dirmi dove si trova la stanza dove alloggeró e lasciarmi in pace.

La cura di ogni mio tormento (Solangelo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora