L'incontro

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Melianta scostò con mano leggera la tenda che chiudeva la stanza. Era sconvolta e i suoi occhi, verdi come il bosco, erano pieni di lacrime. Dietro la tenda, suo fratello, il loro fratello. I muscoli lunghi e agili erano madidi di sudore, lo sguardo spiritato. Tutto il suo sapere erboristico si era rivelato inefficace, pensò frustrata. 

Il Druido la raggiunse, con passo lento: le aveva insegnato lui tutto quello che sapeva, era la sua allieva prediletta e comprendeva, guardandola, il suo dolore e la sua rabbia.

«Non è colpa tua, figliola, hai fatto tutto quello che potevi. È un dardo maledetto da un'oscura magia! L'unica possibilità di salvarlo è l'Achillea che cresce nel Bosco delle Voci.

Le sorelle, riunite attorno al fuoco, guardavano, trattenendo le domande che, irruenti, cercavano di sfuggire dalle loro labbra. Fenice si alzò e si portò al loro fianco, posando lieve una mano sul braccio di Melianta.

«Vado io, Druido. Mel deve restare qui, è l'unica che può mantenerlo in vita.» 

«Non dovresti partire sola!» protestò la sorella, preoccupatissima.

«Non sarà sola!» intervenne la voce pacata di Rom «La mia conoscenza delle mappe sarà preziosa.»

L'alba le vide in marcia. Esile e delicata, Rom seguiva sua sorella con passo allegro. Il Bosco delle Voci non faceva loro alcun timore, anche se le dicerie superstiziose lo davano per stregato. Erano custodi di un antico sapere, da un tempo che pareva breve ma che le aveva legate a doppio filo a un mondo in cui l'irrazionale vince sull'esperienza della vita che avevano condotto prima dell'iniziazione. Dove la gente comune vedeva creature ignote e pericolose, loro vedevano un mistero da svelare, da custodire, da proteggere dall'Oscurità.

«Perché nessuno ci va?» chiese dopo alcune ore, affannata.

«Rom, cara, non c'è nulla da temere. Ho letto tutto sull'argomento nelle nostre pergamene, sono solo superstizioni legate all'ignoranza. In realtà, a parte la Signora delle Ombre che regna sul bosco e vive nella Torre che è nel suo cuore, non c'è anima viva, se non qualche sparuto animaletto. Tuttavia la Signora regna sulle Ombre del Passato. Le voci che si sentono tra gli alberi sono le loro voci; dobbiamo loro solo rispetto.» 

«Guarda!»

Il dito diafano di Rom puntava dritto verso l'altura. Lì, tra le rocce, incastonata come un gioiello, una pianta di Achillea dai fiori candidi. 

«Aspettami qui» mormorò Fenice.

Lesta e silenziosa scalò le rocce, quindi s'accosciò davanti alla pianta e mormorò:

«Con il tuo permesso, Signora delle Ombre, mi serve per curare mio fratello» e sfilò il coltello che portava legato alla gamba.

Un grido improvviso riecheggiò, facendola girare di scatto. Rom era sotto il tiro di una freccia scarlatta, incoccata su un arco di legno scuro. Fenice sorrise, schioccando le dita, e  una figura agile, dalle mille sfumature violette, balzò sull'arciere, facendolo cadere e spezzando la freccia in due.

Fenice scese, leggera, ancora col sorriso sulle labbra.

«Bravo, Stregatto. Ci rivediamo, arciere!»

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