7. Frammenti di cuore

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N I N A

La sveglia suonò e io mi svegliai lentamente, sentendo i caldi raggi del sole colpirmi in volto. Strofinai gli occhi con la poca forza che avevo in quel momento e mi stiracchiai leggermente, mentre con una mano palpai l'altro lato del letto però, non trovando nessuno. Girai la testa dall'altra parte e trovai solamente il lenzuolo stropicciato.

Di Brad nessuna traccia.

Non ci rimasi male e pensai che avesse fatto bene. Se mia madre fosse entrata e ci avesse visti, sarebbe stato un grosso guaio. Non sapevo come avrei fatto a cavarmela, che scusa avrei potuto inventare. La conoscevo e sapevo per certo che mi avrebbe odiata a morte, se avesse scoperto la verità, se avesse saputo che sua figlia se la faceva col suo capo.

E la paura mi assalì, creando un'ansia dentro il petto. Sentii il cuore battermi violentemente, mentre leggeri tremolii presero possesso del mio corpo. Appena mi mossi, il bruciore sulla pancia fece improvvisamente male. Mi alzai e mi indirizzai verso lo specchio dell'armadio bianco. Ci arrivai poco dopo, dolorante e a pezzi per ogni passo compiuto.

I miei occhi esaminarono la faccia. Si potevano notare delle profonde occhiaie nere, delle labbra secche sicché tutte screpolate e dei capelli sparsi per ogni direzione. Ma poi, scendendo leggermente, i miei occhi guardarono con orrore gli enormi tagli sulla pancia. Videro il sangue secco che mi fece fare una smorfia di disgusto. Osservarono dei lividi viola sul mio collo, sicuramente dei succhiotti troppo grandi da poter ricoprire con un semplice fondotinta.

Camminai per andare in bagno, uscendo dalla stanza lentamente guardandomi intorno. M'intrufolai dentro velocemente, presi un piccolo pezzo di stoffa bagnato con un po' d'acqua e pulii il sangue secco. Ad ogni tocco, sobbalzai per il male che mi ritrovai a provare, mentre con i denti scavai sul labbro inferiore, provocandomi ancora più dolore.

La parola "Mia", in una ferita innocua, si trovò sopra la mia pelle e un grande calore si formò nel mio basso ventre.

Aveva solo un significato: ero sua come poteva esserlo un oggetto di sua proprietà.

Ignorai il tutto, pensando che forse tanto normale Brad non fosse. Quello che faceva non era normale e tutto in lui sembrava essere fuori luogo, insolito. Era un mondo fatto di misteri e di sofferenza. La sua vita non lo soddisfaceva e cercava di riversare le proprie colpe sulle persone. Credeva che così facendo si sentisse più pieno, meno vuoto.

Ma non si possono cancellare le cicatrici del cuore, la sofferenza di una vita non voluta. Non si possono cancellare i ricordi di un passato lontano che però ti rimane dentro, conficcato tra le ossa e il cuore.
Il vero problema però nasce quando i dubbi svaniscono e rimani solo tu, di fronte ad uno specchio. Scopri la tua vera natura e in quel momento vorresti tornare indietro, affogare dentro le incertezze e i peccati, piuttosto che scoprire la verità. Perché a volte è meglio rimanere nell'ignoto che conoscere davvero noi stessi. A volte è meglio fingere di essere qualcuno, che accettare chi si è davvero.

Cosa nascondi, Brad?

Mi buttai sotto la doccia, scacciando i pensieri affilati dalla mia testa. Finii di lavarmi in tutta fretta, nonostante la scritta sulla pancia che di tanto in tanto faceva un po' male. Mi ascugai velocemente per andare in camera mia e lì indossai una gonna lunga e nera. Cercai qualcosa di non eccessivo da mettere sopra, per poi optare per una semplice maglia rossa. Presi le converse del medesimo colore e le misi, per poi togliere tutte le lenzuola. Camminai fino in bagno, di nuovo, e le misi in lavatrice, che accesi successivamente. Stavo distruggendo tutte le prove, così da non far capire nulla a mia madre, così da nasconderle la verità per vivere nelle bugie.

"Va tutto bene!" Mi dissi mentalmente. "Va tutto bene! Sto facendo bene, tutto andrà per il verso giusto." Cercai di auto convincermi.

Andai in salotto e mi misi seduta sopra il divano, buttando la testa all'indietro. I capelli toccarono terra, mentre i miei occhi si chiusero per un secondo, forse un minuto. Ero estremamente confusa. Sentivo il cuore pompare ad una velocità fuori dal normale, sentivo la pelle bruciare intensamente. Le palpebre si alzarono. Il soffitto bianco si trovò davanti ai miei occhi.

Sei incorreggibile. Mi ripetei convinta, completamente afflitta.

Alla fine credi di riuscire a passare sopra alle cose, credi di andare avanti. Ne sei convinta, però sai che le tue sono solo bugie e tali rimarranno. Senti il cuore che è sfinito, che non riesce più a reggere i tuoi castelli di vetro che a lungo andare si rompono, frantumandosi in mille pezzi. E quei pezzi si disperdono, finiscono nel nulla. Mentre tu rimani lì, con il cuore insanguinato tra le mani.

Mi alzai. Presi il cellulare sopra il tavolino di legno, accorgendomi successivamente di un paio di chiavi poco distanti. Rimasi per un attimo perplessa, non capendo di chi fossero. Successivamente feci mente locale e capii che quell'oggetto appartenesse a Brad.
Andai in camera di mia madre, aprendo la porta con calma. La trovai in un sonno profondo e allora uscii di casa, dirigendomi a piedi verso l'azienda di Brad. Ci arrivai dopo quasi venti minuti, tra incertezze e dubbi. Una volta davanti alle grandi porte di vetro, sospirai, per poi entrare dentro. Salutai l'uomo che l'altra volta mi aveva fatto salire ed entrai poi direttamente dentro l'ascensore. Arrivai al piano richiesto e mi indirizzai da sola, ormai a conoscenza del luogo, verso la porta dell'ufficio di Brad. Bussai due volte, prendendo respiri profondi e risucchiando l'aria intorno a me. Un "avanti" sembrò arrivare dall'interno, così aprii la porta marrone lentamente, sentendo la sua voce in modo più chiaro darmi il consenso per entrare.

Mi fermai sui miei stessi passi quando vidi Pyper sopra di lui. Guardai il tutto, mentre il mio cuore morì in un colpo solo. Potevo udire i pezzi cadere sul pavimento, uno dopo l'altro. Non distolsi gli occhi da loro e mi nutrii della sofferenza di quel momento. Non riuscii a descrivere le sensazioni dentro il mio corpo e rimasi lì, incapace di dire qualcosa. Brad girò la testa e mi guardò. E in un primo momento poteva sembrare stupito, quasi sorpreso e triste, ma poi ritornò impassibile come sempre.

"Scusatemi, credo di aver sbagliato porta." Sussurrai, tenendo gli occhi bassi.

Chiusi subito la porta e lasciai le chiavi di Brad sopra la scrivania di mia madre. Camminai verso l'ascensore con gli occhi lucidi, sospirando più volte.

Respira. Mi ripetei ad ogni passo. Andrà tutto bene.

Brad apparì davanti, un po' distante, ma ormai era troppo tardi per dire qualcosa o per rimanere semplicemente lì a guardarci, a comunicare con gli occhi. Le porte dell'ascensore si erano definitivamente chiuse, lasciandomi distrutta in quelle quattro mura. Liberai le lacrime tenute prigioniere per troppo tempo e mi toccai il petto che chiese pietà. Provai un senso di vuoto riempirmi l'anima e aspettai impaziente di raggiungere il piano terra per andarmene via da lì, rifiugiarmi nel mio mondo fatto di fogli e penne. Una volta che le porte dell'ascensore si aprirono, uscii velocemente da quel posto soffocante, facendomi spazio tra gli uomini in giacca e cravatta. Mi fermai sul marciapiede, maledicendomi di tutto. Sentii il mio cuore ghiacciarsi, il freddo che ricoprì ogni strato di pelle, rendendomi apatica e insensibile al contatto. Mi spezzai. Il cuore fu ridotto in brandelli di pezza, i pensieri mi succhiarono l'anima.

Perché mi sto comportando così? Lui è fidanzato.

"Nina."

Una voce, mi bastò una voce e vissi di nuovo. Respirai affannosamente. Lui era lì, mi guardò, uno sconosciuto dagli occhi chiari, occhi che neanche il sole poté nascondere.
Rimasi lì per un momento, guardandolo avvicinarsi. Il suono della sua voce mi aveva colpita con violenza.
Alzai la mano per prendere il taxi che stava per passare davanti a me e appena l'auto si fermò, salii senza esitare nel veicolo, lasciando l'uomo dinanzi a me perplesso, solo.

Lasciai Brad...

E con lui, tutti i pezzi del mio cuore.

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