11. L'amore perduto

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N I N A

La stanza diventò soffocante. Nessuno spiccava un parola e in quel momento non servivano affatto perché gli sguardi già dicevano tutto.  Guardai davanti a me la porta d'entrata, non volendomi concentrare su altro. Sentivo gli occhi di tutti i presenti addosso e questo non fece altro che peggiorare il mio stato d'animo. Mia madre era in lacrime e non potevo immaginare, neanche volendo, il suo dolore.

Papà era scappato via con un'altra, ignorando il mio amore nei suoi confronti. Per tutto il tempo l'avevo aspettato seduta sul divano, in lacrime per la sua mancanza. Guardavo le foto di lui, per non scordare la sua faccia che rimase nonostante tutto impressa nella mia mente. Costringevo il mio cuore a sopportare, sopportare dolore dopo dolore. Lo costringevo a ricordarlo e ad amarlo incondizionatamente, ma non conclusi niente facendo così, se non ricavare altra sofferenza. L'odio oramai aveva preso il posto dell'amore, la nostalgia si era trasformata in sollievo per non averlo accanto nei momenti della mia infanzia e la mancanza di un padre nella mia vita era sparita, lasciando spazio al vuoto che tanto temevo.

E solo Dio sapeva della mia sofferenza, solo Lui era a conoscenza di cosa stavo passando. Non potevo sopportare altre bugie, altre illusioni. Quel silenzio era troppo doloroso e fu veramente sufficiente per me.

"Che ci fate qui?" Chiesi a loro, sussurrando leggermente. Alzai lo sguardo ed osservai mia madre che continuò a lasciar scivolare lungo le sue guance delle lacrime per l'uomo che ancora amava. Respirava pesantemente, cercando di tenersi aggrappata alla parete del corridoio. Il suo cuore batteva all'impazzata, dall'emozione o dalla delusione di aver avuto un marito del genere. Nei suoi occhi potevo leggere il vuoto incolmabile e nonostante facesse di tutto pur di respingere indietro le lacrime, loro scivolarono ancora una volta, marciando per la loro strada.

"Cosa ci fa lui qui?" La voce di mia madre mi spezzò il cuore. Il suo sussurro, debole e sofferente, turbò papà che rimangiò indietro tutte le parole che avrebbe voluto dire.

Lo osservai attentamente, mentre cercai di comprendere qualcosa dal suo viso. Ma niente, però, mi fece capire come si sentiva per davvero. Vidi solamente un volto distrutto e senza emozioni.

"Sono venuto per restare." Rispose mio padre. Feci una risata amara che confuse tutti i presenti. Una lacrima scivolò dal mio occhio destro, arrivando alle mie labbra secche e senza colore. I tanti pensieri che mi stavano passando per la mente volevano uscire finalmente allo scoperto.

"Per favore, smettila di dire cazzate." Ringhiai contro lo sconosciuto. "Restare? Stai parlando seriamente? E noi, io, dovrei crederti? Dove sei stato tutto questo tempo, eh?" Urlai. "Eri con un'altra. Sei stato con lei tutto questo tempo, fregandoti di avere una moglie e una figlia che ti aspettavano a casa giorno dopo giorno." Le lacrime scesero, ingombrando le mie guance pallide. "Mamma aveva bisogno di te, io avevo bisogno di te. Avevo bisogno di un padre nella mia vita, ma non ci sei stato. Perché tu, anche se adesso sei tornato, non potrai mai farci dimenticare ciò che hai distrutto. La famiglia felice che eravamo si è dissolta per colpa di una donna che ti ha stregato e plagiato." Lo spinsi via, allontanandomi definitivamente da lui.

Brad mi venne incontro e mi prese per il polso, per poi stringermi a sé in un caldo abbraccio. Piansi disperatamente, mentre mia madre ci guardò confusa. Affondai il mio viso sul suo petto, credendo che il suo profumo potesse farmi svanire tutti i pensieri affilati che continuavano a scavare nel cervello.

"Non piangere." Sussurrò Brad contro il mio orecchio. Mi lasciò un piccolo bacio sulla testa che a me fece venire la pelle d'oca. Mi allontanai leggermente, guardandolo negli occhi e leggendoci dentro solamente un sentimento: compassione.
Ma io non volevo la sua pietà.
Feci passi indietro, gli diedi le spalle e mi indirizzai da mia madre. La presi, stringendola con dolcezza. Le diedi tanti baci sulle guance, infondandole calore e tranquillità. Sentii il cuore di mia madre battere velocemente. La guardai negli occhi e ci vidi dentro solamente tanta stanchezza. Aprii la porta d'ingresso, prendendola per  mano e indirizzandomi nel salotto. La feci stendere sul divano, baciandole il viso delicatamente e sussurrandole parole dolci. Si addormentò così, cadendo in un sonno profondo fatto di tormenti. Presi una coperta dal mobile in salotto e la coprii, alzandomi.

Bussarono alla porta dopo pochi secondi e così Brad andò ad aprirla. Io cercai di non guardare papà, di stare calma e di controllare i sentimenti che strisciavano contro la mia pelle ferendola.

"Nina..."

La voce di Peter mi fece scattare la testa da un lato. Lo guardai, sorprendendomi della sua bellezza. La barba scura si trovava ancora sulla sua faccia, ma meno piena e più curata. Aveva i capelli disordinati che gli cadevano sulle spalle coperte da una felpa bianca, mentre le sue gambe erano fasciate da una tuta grigia.

"Peter." Sussurrai leggermente. Camminai verso di lui, facendo segno a Brad ed a Bob di seguirmi. "Puoi stare con mia madre per un po'?" Gli chiesi gentilmente, mentre ottenni una risposta positiva da parte sua.

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Poco dopo ci trovammo nella mia camera da letto. Osservai i due uomini davanti, guardando con odio mio padre e con grande curiosità Brad.

"Bob." Iniziai. "Devi sparire. Non ti vogliamo, né io né mia madre, nonché la tua ex-moglie." Ringhiai contro di lui, tenendo una distanza di sicurezza. Lo guardai attendendo una risposta, ma in cambio ricevetti solo delle lacrime da parte sua che mi facevano male al cuore ancora di più. "Vieni un altro giorno e ne discutiamo, ma non pensare di essere perdonato." Dissi, prima di accompagnare mio padre fuori dall'appartamento e salutarlo con una porta sbattuta in faccia. Camminai fino alla camera da letto, ancora una volta, trovando Brad a controllare un quaderno molto famigliare, quel quaderno che conteneva tutti i miei pensieri e il mio dolore.

"E questo cosa significa?" Chiese, indicando il quaderno nero nella sua mano.

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