14. Amore Malato

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N I N A

Quel lunedì mattina io e Jeffrey avevamo deciso di andare ad una riunione di consulenza di gruppo. Era un incontro dove si sarebbe parlato principalmente dell'amore e della sofferenza che portava con sé, così da aiutare a metabolizzare ed alleviare il dolore.

"Che cos'è l'amore?" Chiese la consulente, alzando la voce per farsi sentire.

Mi guardai intorno e mi soffermai su una ragazza che sembrava visibilmente distrutta. Gli occhi azzurri sembravano un mare vuoto, abbandonato da tutti e non più ammirato da nessuno. Quel mare era rimasto solo troppo a lungo e ora non aveva altro che scogli con cui proteggersi. E quando cercai di andare più a fondo, cercando di identificare qualcos'altro di lei, notai una vaga somiglianza con la ragazza scura concentrata a guardare Mrs. Healthy. Lei era la me del futuro e nonostante non volessi ammetterlo completamente, l'amore mi stava sciupando per davvero.

"La consulente sta guardando te." Mi sussurrò Jeffrey contro l'orecchio, risvegliandomi dai pensieri.

Indirizzai lo sguardo su di lei e la osservai meglio. I suoi occhi verdi si soffermarono sui miei. Guardò ogni dettaglio del mio viso e sorrise, indicandomi.

"Tu, signorina Calderon. Parlami dell'amore e delle tue esperienze." Disse.

Fui intimidita dalla sua proposta, da quella proposta che mi avrebbe distrutta ma qualcosa al mio interno disse che dovevo sfogarmi e quindi decisi di confidarmi.

"L'amore è come il mare. All'inizio può sembrarti bello e calmo, pronto ad accoglierti tra le sue acque e curarti le ferite, ma poi si trasforma in tempesta e quel mare, prima calmo, diventa un incubo da cui non puoi scappare. Ti risucchia al suo interno e ti imprigiona tra le sue onde, prendendo ogni tuo respiro per poi farti morire nell'agonia più totale.
Il mio amore non ricambia, lui non mi ama. L'ho lasciato andare ormai, l'ho lasciato fare le sue scelte di cui non faccio parte. Ho deciso di portargli indifferenza, come lui d'altronde sta facendo con me. È un essere vile, sa? Fa innamorare le persone per poi buttarle dopo averle usate. È una persona sicura di sé, che cerca di avere il controllo su tutto. E non intendo su materiali o lavori, intendo persone come me e lei. Persone comuni. Lui vuole avere questo controllo, questo potere di distruggere senza riparare." Dissi con dolore.

Fu un sollievo raccontare tutto. Mi sentii più leggera e più in pace con me stessa. Tutti i presenti mi stavano osservando. Percepii un calore quasi familiare bruciare contro la mia pelle e solamente quando girai gli occhi verso la porta marrone, individuai Brad appoggiato sulla soglia dura. M'irrigidii nel mio posto, ricevendo un'occhiata da parte del mio migliore amico. Mi portai una mano al cuore e cercai di fermare i battiti che produceva con grande velocità, respirando profondamente.

Che ci fai qui?

"Ciao Genise." Salutò la consulente in modo impassibile. I suoi occhi mi cercarono, ma io non ebbi il coraggio di guardarlo dopo ciò che avevo appena lasciato uscire dalla mia bocca.

"Ciao. Puoi aspettarmi fuori?" Mrs. Healthy ricambiò il gentile saluto, andandogli incontro. "Come mai dice questo, signorina Calderon?" Mi chiese poi, rivolgendosi a me.

"Perchè lo è. Lo dimostra ciò che è successo tra di noi." Guardai Brad. "Anche per questo sono stanca di aspettarlo, di cercare di riparare il suo cuore distrutto. Non sono capace di aggiustare un'altra persona quando pure io sono definitivamente rotta, sia dentro che fuori. Un uomo vero non è quello che ti prende con violenza, ma quello che al posto delle botte ti accarezza la pelle. L'amore non è solamente possessione e desiderio, non è tradimento e vendetta." Conclusi.

Mi alzai di fretta e passai accanto a Brad. Il suo profumo risvegliò in me il desiderio e la voglia di lui. Sentii il suo calore, toccai le sue dita fredde e cercai, inutilmente, di reprimere i sentimenti che scombussolavano il mio essere così debole.

Una volta in bagno, al sicuro da occhi indiscreti e dalla delusione di un amore impossibile, aprii il rubinetto e guardai l'acqua scorrere nel lavandino. Produsse un suono dolce che mi fece  un po' guarire dalle ferite. Mi bagnai le guance pallide, ignorando le continue domande che volevano uscire allo scoperto.

Posso farcela. Mi dissi, ma fu un attimo. Un secondo.

Venni sbattuta contro la fredda parete senza nemmeno rendermene conto. Il contatto fu molto violento, tanto che un lamento fuoriuscì dalla mia bocca.

"Perchè sei qui?" Chiesi alla persona che avevo di fronte.

"Non ho diritto di essere qui?" Rispose Brad, stringendomi i polsi. "Stavi parlando di me, vero?" Ringhiò.

Cercai di sfuggire alla sua presa, alla sua forza che mi fece male. Non ci riescii nonostante il continuo tentativo, così mi arresi, rimanendo lì, sotto il suo controllo.

"Non so di cosa tu stia parlando." Sussurrai leggermente.

Perché sei qui? Cosa vuoi da me?

Il suo respiro caldo si rilasciò sulla mia faccia. La pelle d'oca prese possesso della mia superficie bianca e il continuo battere del cuore attirò l'attenzione di Brad che alzò un sopracciglio, confermando le sue domande silenziose che gli divoravano l'anima.

"Mi ami, allora. E io che pensavo fosse uno scherzo." Quasi parlò a sé stesso. "Cosa ami di me, eh?" Chiese poi, avvicinando la bocca alla mia.

"Non so cosa amo di te, Brad. Non ti conosco abbastanza da sapere i tuoi scheletri nell'armadio, ma giuro che qualcosa al mio cuore fai provare. Non importa quanto duramente provo a cancellarti dalla mente, sei come una malattia incurabile." Risposi sinceramente. "Perché non ti lasci aggiustare, Brad? Perché mi tratti così?" Chiesi tristemente.

"È l'unico modo per averti." Disse semplicemente, prima di lasciarmi là, in compagnia delle mie incertezze e della mia sofferenza.

B  R  A  D

"Stai bene?"

La voce di Gisele mi risvegliò dallo stato di trans in cui mi trovavo. Sembravo uno zombie e questa cosa mi irritò parecchio. Una donna mi stava facendo sentire vulnerabile e non volevo questo.

"Come sta procedendo la cura?" Mi chiese la psicologa, l'unica amica d'infanzia che mi era rimasta accanto nonostante tutto.

"Non tanto bene." Risposi. Mi alzai dal divano e iniziai a camminare per l'ufficio di Gisele. Ero in preda alla disperazione e non riuscivo a controllare i sentimenti che mi stavano crescendo nel petto. Sembrava come se mi avessero preso il cuore tra la mani.

"Prendi i farmaci regolarmente? Lo sai, vero, che devi controllarti? Il disturbo che hai non è da prendere sotto gamba."

"Lo faccio, ma ripeto, non funzionano. Mi devi dare dei farmaci più forti, che riescano a controllarmi." Sospirai. "Non posso vivere con la paura di uccidere qualcuno per rabbia."

La psicologa annuì e scrisse qualcosa su dei fogli. E solamente allora, quando i pensieri si fecero più insistenti, capii che l'unica cura ai miei mali era lei, Nina.

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